Giuseppe Provenzano, vicesegretario del Pd. Dall’inizio della guerra avete scelto la linea del sostegno militare a Zelensky. Ma anche tra i vostri elettori c’è disagio per un eccessivo appiattimento su Nato e Usa.

Il Pd ha scelto molto nettamente di stare con il popolo ucraino. Offrendo anzitutto aiuti e accoglienza, anche grazie alla rete dei nostri sindaci. Abbiamo anche sostenuto l’invio di armi, come tutta Europa. E non perché appiattiti su qualcuno, ma perché ce lo hanno chiesto coloro che hanno scelto di resistere. Non sottovaluto il disagio del mondo pacifista. Che ci attraversa, e ne stiamo discutendo in tante assemblee. Ma basta caricature. Quando c’è un aggredito e un aggressore scegliere da che parte stare è un dovere. Soprattutto a sinistra, direi. Ma questo non significa entrare in guerra.

Nato e Usa stanno intensificando l’invio di armi alla resistenza ucraina. E’ questa la strada migliore per porre fine al conflitto?

Intanto va detto che se non fosse stato per l’eroica resistenza del popolo ucraino oggi Putin sarebbe già a Kiev. Ma questo avrebbe posto fine al conflitto? La pace non può voler dire la resa dell’Ucraina. Chiariamoci. Tutto quello che facciamo dev’essere volto a costringere Putin a un tavolo negoziale, strada che il presidente russo non vuole percorrere. Ma a cui noi non possiamo rinunciare. Di fronte all’offensiva militare russa sul Donbass, bisogna certo aiutare chi si difende, ma serve anche una forte “offensiva diplomatica”. E serve un maggiore protagonismo dell’Europa. Su questo, inutile prenderci in giro, bisogna attendere l’esito delle elezioni francesi, che sarà decisivo.

Macron è favorito ma al primo turno Melenchon ha intercettato voti tra i giovani e nelle periferie, nel disagio sociale. Il sostegno a un uomo di centro schiaccia il vostro partito verso posizioni moderate e tecnocratiche? Quale lezione arriva da Parigi per il centrosinistra?

Il fatto che Macron sia avanti fa tirare un sospiro di sollievo, ma non mi adagerei. Le Pen, l’amica di Salvini, l’estrema destra non è ancora sconfitta. Batterla è la priorità.

Il vostro alleato Conte non dice chi sceglierebbe.

Non ci possono essere ambiguità per chi si definisce progressista. Le Pen va sconfitta non solo per il legame con la Russia di Putin, per le conseguenze devastanti sull’Europa, ma anche per l’idea di Francia, o di Italia, che i nazionalpopulisti propongono. Macron sta rafforzando il suo messaggio sui temi dello sviluppo sostenibile per conquistare i voti di Melenchon. Del quale ho molto apprezzato l’appello a non votare Le Pen. La lezione francese è che i cittadini esprimono un forte disagio sociale, sono preoccupati per i salari. Su questo servono risposte. Non basta porre l’alternativa tra europeisti e sovranisti. E soprattutto occorre evitare di farla coincidere con quella tra inclusi ed esclusi.

Davvero ritenete che la rabbia degli esclusi si possa gestire solo evocando il pericolo della destra estrema, come Le Pen e Salvini? Non serve qualcosa più di sinistra?

È quello che sto dicendo. Noi siamo stati i più coraggiosi e netti nel condannare la guerra di Putin e nel chiedere le sanzioni. Ora dobbiamo essere i più coraggiosi e netti nel fronteggiare le conseguenze economiche e sociali della guerra. Serve un cambio di passo, in Italia e in Europa. La sfida che la guerra pone all’Ue è persino più alta della pandemia. Servirà persino più solidarietà rispetto ad allora, anche perché le conseguenze saranno asimmetriche. Unione energetica, tetto al prezzo del gas, riforma delle regole economiche per non tornare all’austerity, la costruzione del pilastro sociale, sono queste le priorità. Il nazionalismo è contrario al nostro interesse nazionale.

In questi giorni avete avuto molti incontri con le parti sociali. Quali le ricette più urgente per scongiurare la recessione?

C’è uno spettro che torna aggirarsi nelle nostre economie, quello della stagflazione. Che determinerebbe un insostenibile aggravamento delle disuguaglianze. Con le parti sociali abbiamo discusso un ventaglio di misure coraggiose per il lavoro, le imprese, le famiglie e gli enti locali. La priorità è difendere i redditi più bassi dall’inflazione e accelerare sulla transizione energetica. Servono interventi d’emergenza, estendere i bonus per luce e gas, bloccare i canoni di affitto, tagliare gli abbonamenti al trasporto pubblico contro il caro carburante. Il 27 aprile, in un’agorà nazionale, lanceremo un pacchetto di proposte sul tema dei temi: la questione dei salari. Che vanno sostenuti, a partire da quelli più bassi. Utilizzando la leva fiscale, favorendo la contrattazione e anche introducendo un salario minimo, nell’ambito di un rafforzamento dei contratti, a partire dai settori dove è più alta la povertà lavorativa.

Il governo sta facendo abbastanza? È necessario un altro scostamento di bilancio?

Fin qui si è mosso nella direzione giusta, ora verranno rinnovati gli interventi in scadenza. Ma, ripeto, serve un cambio di passo. Dobbiamo preservare il tessuto sociale e produttivo, e a questo fine lo scostamento non può essere escluso. Ecco perché la battaglia in Europa è decisiva. Ma una parte delle risorse si possono recuperare da un’ulteriore tassazione degli extra profitti delle aziende energetiche. Io aggiungerei anche quelle farmaceutiche.

Sulla delega fiscale si rischia la crisi? Ha senso proseguire con questa alleanza innaturale fino alla scadenza della legislatura?

Aprire una crisi di governo, in questa fase così drammatica, sarebbe surreale. Sulla delega fiscale per noi non è accettabile una trattativa separata con la destra. Mentre tutti dovremmo discutere di come sostenere i redditi più bassi, non si possono assecondare pretese propagandistiche sul catasto. Questa maggioranza è una formula irripetibile, ogni giorno è più evidente. È tenuta insieme dal richiamo alla responsabilità nazionale. Ma la responsabilità non può ricadere solo sul Pd.

L’Anpi è sempre più sotto attacco. Viene definita un covo di estremisti o di filo putiniani. Come valuta quello che sta accadendo?

Un conto sono le critiche legittime alle posizione politiche espresse dal suo presidente. Un altro è il tentativo di attacco e di delegittimazione dell’Anpi, che invece va rigettato con forza. Anche perché spesso è condotto da quella destra che non ha mai celebrato la Resistenza e la Liberazione, che coltiva forti ambiguità con il passato e che ha avuto in questi anni la fascinazione di Putin e della sua ideologia nazionalista. Noi il 25 aprile saremo in piazza, come ogni anno. Personalmente sarò a Milano. A ricordare che la nostra Repubblica e la nostra Costituzione si fondano sui valori dell’antifascismo. Per chi vi si riconoscere, non può che essere un giorno di festa e di unità.

Sull’aumento delle spese militari il Pd ha votato compattamente a favore. Che senso ha il riarmo dei singoli paesi Ue?

Noi abbiamo sempre posto come prioritaria la cornice della difesa comune europea. Anche per evitare inutili sovrapposizioni e costi. E come premessa all’autonomia strategica dell’Europa. La scelta di forte riarmo della Germania può andare nella direzione di un maggiore coordinamento, ma anche no. Questa è la discussione vera da fare, in primo luogo con la socialdemocrazia tedesca. Per quanto riguarda l’Italia ci sono impegni internazionali che nessuno mi pare mettere in discussione. Ma che vanno perseguiti con gradualità, secondo le compatibilità di bilancio, certo non a scapito delle spese sociali.