Proteste palestinesi, il Barcellona rinuncia alla partita con il Beitar
Gerusalemme La partita si sarebbe dovuta disputare il 4 agosto a Gerusalemme, al Teddy Stadium, nella zona della città occupata da Israele. L’Associazione calcio palestinese ha esortato i catalani a non violare la legalità internazionale
Gerusalemme La partita si sarebbe dovuta disputare il 4 agosto a Gerusalemme, al Teddy Stadium, nella zona della città occupata da Israele. L’Associazione calcio palestinese ha esortato i catalani a non violare la legalità internazionale
Niente Lionel Messi per i tifosi del Beitar Gerusalemme. Per ragioni politiche non si farà il match amichevole tra il Barcellona e il club israeliano fissato per il 4 agosto. Come è già accaduto in passato, per altre esibizioni del campione argentino e della celebre squadra catalana, le pressioni dei palestinesi hanno avuto la meglio. La partita si sarebbe dovuta disputare a Gerusalemme, al Teddy Stadium, nella zona della città occupata da Israele e l’Associazione calcio palestinese ha esortato il Barcellona di non violare la legalità internazionale deludendo milioni di appassionati di calcio palestinesi e arabi. Non solo. Il Beitar, hanno ricordato i palestinesi, è un club che affonda le sue radici nell’ideologia di destra più radicale. I suoi tifosi sono noti per l’odio razzista che nutrono nei confronti dei calciatori arabi e musulmani. Qualche anno fa non hanno esitato a rivolgere minacce a dirigenti del club intenzionati a mettere sotto contratto giocatori arabi o stranieri di fede islamica. All’inizio di luglio il deputato della Lista unita araba, Sami Abou Shehadeh, con una lettera aperta aveva invocato l’annullamento della partita e alla fine il Barcellona si è detto disposto a giocare non a Gerusalemme ma in un’altra città.
«Sono un ebreo e un israeliano fiero, legato a un grande amore per Gerusalemme, perciò non potevo accogliere la richiesta che la partita non si disputasse a Gerusalemme ma altrove. Col cuore pesante, ho deciso di non arrendermi», ha spiegato il proprietario del Beitar, Moshe Hogheg che nei mesi scorsi, dopo l’Accordo di Abramo, aveva provato a vendere il club a uno sceicco degli Emirati legato alla famiglia reale. «Ho combattuto con determinazione contro il razzismo e sono per la coesistenza e per la pace», ha aggiunto Hogheg. Questo presunto «pacifismo» confligge con la storia del club, che non ha mai avuto un giocatore arabo, e l’atteggiamento dei tifosi considerati tra i più razzisti al mondo. Un famigerato nucleo di fan, noto come La Familia, fa il verso della scimmia quando un giocatore africano di una squadra avversaria tocca la palla e scandisce «Morte agli arabi» quando entrano in campo giocatori di origine palestinese.
Nel 2018 la nazionale argentina rinunciò a un’esibizione in Israele, prima del Mondiale in Russia, a causa, anche in quel caso, delle pressioni dei palestinesi.
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