Profughi collaterali: dall’Ucraina sì ma dalla Bielorussia niente da fare
Polonia La polizia di frontiera polacca rende noti ogni giorno gli ingressi nel paese. Quello che non dà sono le statistiche delle persone riportate verso Minsk. «Riaccompagnati» o spediti nei centri chiusi se entrano dal posto sbagliato. E ora arriva il Muro
Polonia La polizia di frontiera polacca rende noti ogni giorno gli ingressi nel paese. Quello che non dà sono le statistiche delle persone riportate verso Minsk. «Riaccompagnati» o spediti nei centri chiusi se entrano dal posto sbagliato. E ora arriva il Muro
A Varsavia la politica di solidarietà verso l’est si presenta con due facce, e sono molto diverse l’una dall’altra. Il rapporto di Human Right Watch pubblicato ieri non lascia spazio a dubbi: «I push-back illegali di migranti in Bielorussia e i conseguenti abusi ai quali vanno incontro sono in netto contrasto con la politica delle porte aperte riservata alle persone in fuga dalla guerra in Ucraina».
EPPURE, NUMERI alla mano, l’afflusso di profughi, spesso mediorientali, dal confine bielorusso, risulta sempre e comunque molto più basso rispetto a quello dall’Ucraina in seguito all’invasione russa. La Straz Graniczna (Sg), la polizia di frontiera in Polonia, pubblica regolarmente statistiche sul numero di attraversamenti da una parte e dall’altra: lunedì ce ne sono stati 40 dalla Bielorussia, e 20.300 dall’Ucraina.
Ma ciò di cui la Sg non dà notizia sono le statistiche delle persone “riaccompagnate” ogni giorno in Bielorussia. La relazione della ong con sede a Bruxelles riporta diversi casi di respingimenti avvenuti tra marzo e aprile. Certo, la situazione non è quella di novembre scorso quando al checkpoint di Kuznica giungevano fiumane di disperati, utilizzati poi come armi negli “attacchi ibridi” condotti da Lukashenko per gettare scompiglio tra i paesi Ue.
E poi ci sono anche quelli che l’hanno fatta a non essere respinti, con in tasca la speranza che gli venga riconosciuto lo status di rifugiato. Ad essere finiti in questo limbo anche i cittadini curdi detenuti da qualche mese in una struttura a Lesznowola, non troppo lontano dalla regione di Varsavia. E là che sono cominciati i primi scioperi della fame da parte dei profughi.
SECONDO il portale polacco di giornalismo investigativo Oko.press, iniziative simili sono in corso anche in altri due centri: uno a Krosno Odrzanskie, nell’ovest del paese, l’altro a Przemysl, città storica dell’est, diventata negli ultimi tempi uno dei principali centri di smistamento dei rifugiati provenienti dall’Ucraina.
I loro propositi sono chiari: «Siamo a conoscenza dell’esistenza di centri di accoglienza “aperti”. Chiediamo di essere trasferiti in queste strutture consentendoci un ritorno alla normalità», si legge in un comunicato preparato dai detenuti di Lesznowola.
Alcuni politici hanno avuto la possibilità di visitare questi centri “chiusi”: «Ci sono riuscito ma le autorità non consentono invece la presenza di assistenti sociali, psicologi indipendenti e qualsiasi organizzazione di volontariato che voglia negoziare tanto con gli scioperanti quanto con la Sg», racconta Tomasz Anisko, deputato del Partito dei Verdi (Partia Zieloni), al Sejm, la camera bassa del parlamento polacco.
NELLE REGIONI che confinano con la Bielorussia, accesso vietato fino al 30 giugno al “personale non autorizzato” in 183 località frontaliere per ragioni di sicurezza. Non a caso, entro tale data il governo polacco spera di poter annunciare il completamento del muro di 186 chilometri al confine, ormai in fase avanzata.
Ma non è detto che possa bastare in futuro come spiega Anisko: «Se la Bielorussia dovesse introdurre delle facilitazioni nel rilascio dei visti allora le persone continuerebbero a venire, indipendentente dalla costruzione di un muro».
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento