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Proclami di vittoria da parte di Israele. Hezbollah: «Siamo qui e resistiamo»

Proclami di vittoria da parte di Israele. Hezbollah: «Siamo qui e resistiamo»La bandiera israeliana issata a Maroun al-Ras, sud del Libano

Israele/Libano Il movimento sciita ieri ha lanciato 100 razzi verso Haifa, ma tiene la porta aperta a una tregua incondizionata

Pubblicato circa un mese faEdizione del 9 ottobre 2024
Michele GiorgioGERUSALEMME

Yoav Gallant non era ancora sicuro di poter partire ieri sera per gli Stati uniti dove lo attendono incontri con il Segretario alla Difesa Austin. Il premier Netanyahu, riferivano i media israeliani, infastidito dai rapporti privilegiati che il suo ministro mantiene con l’Amministrazione Biden, ha congelato temporaneamente il viaggio legato all’attacco che Israele intende lanciare all’Iran. Washington in ogni caso sta dalla parte di Israele e della sua intenzione di attuare una pesante rappresaglia per i lanci di missili da parte di Teheran a inizio ottobre. Chiede però che l’attacco israeliano non includa bombardamenti dei siti nucleari iraniani – invocati da giorni a gran voce da esponenti della maggioranza e dell’opposizione in Israele, a cominciare dall’ex premier Naftali Bennett – e che non porti alla guerra totale che cerca Netanyahu per imporre all’Iran e i suoi alleati un «Nuovo Ordine» fondato sull’egemonia di Israele nella regione.

Gallant negli Usa discuterà anche degli obiettivi dell’offensiva israeliana in Libano. Ieri il ministro ha descritto il movimento sciita Hezbollah come una organizzazione allo sbando. «Il loro leader, Nasrallah, è stato eliminato, il suo sostituto (Hashem Saffieddine, ndr) è stato probabilmente eliminato anche lui. Questo ha un effetto drammatico su tutto ciò che accade. Non c’è nessuno che prenda decisioni, nessuno che agisca», ha affermato. Quando il fumo in Libano si sarà diradato, ha aggiunto Gallant, «si renderanno conto in Iran di aver perso la loro risorsa più preziosa, Hezbollah». Le tv locali in quei momenti mostravano immagini della bandiera israeliana issata sulle rovine del villaggio libanese di Maroun al Ras, una roccaforte di Hezbollah. Ma le cose stanno davvero così come le descrive Gallant? Tutto va bene per le forze israeliane in Libano del sud?

L’interrogativo è legittimo perché il movimento sciita libanese, dopo aver subito colpi tremendi per settimane, non appare «finito» sul campo di battaglia, anzi. È in grado di lanciare razzi con crescente intensità. Ieri ne ha sparati un centinaio contro Haifa in appena 30 minuti e altre decine verso Kiryat Shmona e varie località israeliane sul confine e in Alta Galilea. Non hanno fatto danni significativi, ma tengono alta la tensione nella zona allungando i tempi del ritorno degli sfollati israeliani alle loro case a ridosso del Libano, un punto centrale della giustificazione della guerra al nord data da Netanyahu. Ieri sera il primo ministro è intervenuto per esortare i cittadini libanesi a «liberarsi di Hezbollah» e per «confermare» che Hashem Safieddine è stato ucciso da un raid aereo. Israele ieri ha anche annunciato «l’eliminazione» di Suheil Hussein, ritenuto il capo del quartier generale del movimento sciita.

I resoconti israeliani dalle colline impervie del sud del Libano dicono che la 98ª Divisione, giunta da Gaza, è stata la prima ad operare in Libano dove avrebbe ucciso 200 «terroristi» e conquistato postazioni di Hezbollah, oltre a individuare e neutralizzare tunnel. Carri armati e forze del genio della settima Brigata avrebbero operato in tre aree centrali del Libano del sud sventando i tentativi dei combattenti di Hezbollah di respingerla. La bandiera israeliana però ha sventolato ieri dopo due settimane di combattimenti su Maroun al Ras che, particolare non insignificante, si trova proprio sul confine. Da parte sua Hezbollah afferma di aver respinto le truppe israeliane che si erano infiltrate vicino a una postazione del contingente Unifil (Onu) e di «aver ucciso e ferito soldati israeliani» nei pressi della foresta di al Labouneh nella parte occidentale dell’area di confine. È inoltre riapparso il numero due dell’organizzazione, Naim Qassem, che, in diretta tv, ha affermato la determinazione a resistere di Hezbollah. «Il nemico mente sulle nostre capacità e sulle perdite che dice di infliggerci. Stiamo bene e siamo capaci di rispondere», ha detto. «Siamo sul terreno e i nostri combattenti dimostrano la loro bravura. Siamo qui e rimaniamo qui», ha aggiunto. Qassem ha inoltre rinnovato l’impegno di Hezbollah per una tregua «incondizionata», quindi, dicono gli analisti, non legata più alla contemporanea cessazione dell’attacco israeliano a Gaza. Tregua che tuttavia, secondo la Cnn, è lontana perché l’Amministrazione Biden, dopo il mancato accordo – a causa del rifiuto di Israele poco prima dell’assassinio di Nasrallah – non ha più avviato alcun tentativo di rilanciare la trattativa. Netanyahu, come con Hamas a Gaza, non vuole fermare con Hezbollah fino al «raggiungimento degli obiettivi militari di Israele».

 

 

 

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