Come intervenire per superare il problema del sovraffollamento delle carceri, che contano ad oggi 13700 detenuti in più della capienza effettiva con un trend di 4400 detenuti in più all’anno? Semplice: facendo scontare la pena nelle comunità, almeno quando si tratta di tossicodipendenti o di detenuti condannati a reati minori o che hanno ancora un piccolo residuo di carcerazione. In sostanza, una sorta di privatizzazione della pena. Anche perché «costruire nuove carceri è difficile». Il ministro della Giustizia Carlo Nordio lo ha annunciato ieri intervenendo al convegno «Detenuti senza dignità» organizzato da Radio carcere e da Radio Radicale presso il dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Roma Tre, ospiti dell’European Penological Center, Centro di ricerca sul Diritto penitenziario e la Costituzione diretto dal giurista Marco Ruotolo.

È LA SOLUZIONE a cui starebbe lavorando il governo per «superare il sistema carcerocentrico» e rimuovere «la cultura dello scarto», secondo le parole di Nordio: bisogna intervenire, ha detto il ministro, «sulla carcerazione preventiva e sui reati minori». Ma una «liberazione anticipata lineare può suonare come una resa da parte dello Stato», ha premesso il Guardasigilli. Perciò, ha chiarito Nordio sollecitato dalle domande dell’ideatore della rubrica radiofonica Radio Carcere, Riccardo Arena, che gli chiedeva conto della pdl Giachetti-Bernardini sulla liberazione anticipata speciale che giace da mesi in commissione Giustizia alla Camera, «stiamo pensando ad una sorta di detenzione alternativa presso le comunità». Un modo per «sostituire la carcerazione» dei detenuti che hanno «un piccolo residuo di pena», o «dei tossicodipendenti», con un «controllo attenuato presso alcune comunità». «Esiste un emendamento che è all’esame del Parlamento e se la legge venisse approvata» la deflazione della popolazione carceraria «sarebbe solo questione di settimane», ha assicurato il ministro. «Le comunità – ha puntualizzato – sono già state individuate e sono disponibili». Ad esempio, si vocifera in sala, la comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi. Così facendo, spiega Nordio, si permetterebbe «ai detenuti di apprendere un mestiere e dare loro modo, una volta scarcerati, di essere reinseriti nella società», cosa che «diminuirebbe di molto le possibilità di recidiva».

ANCHE PERCHÉ, ammette il Guardasigilli, «costruire nuove carceri è difficile: in Italia abbiamo vincoli urbanistici, architettonici, naturalistici». E poi ci vuole «molto tempo». Dunque «stiamo studiando la possibilità di ristrutturare i padiglioni inutilizzati nei penitenziari, per costruire nuovi posti per la detenzione e per il lavoro dei detenuti».

Nordio parla ad un parterre di addetti ai lavori. In mattinata l’Anm e l’Unione delle camere penali hanno visitato, insieme a giornalisti e accademici, il carcere romano di Regina Coeli: «Ho visto più sofferenza che pena», riferisce il presidente dei magistrati Giuseppe Santalucia. Al convengo hanno preso la parola giudici di sorveglianza, direttori di carceri, giuristi e sindacalisti di polizia penitenziaria, chiamati a discutere dell’emergenza (cronica) carceraria sulla base del motto pannelliano «conoscere per deliberare». Davanti a loro il ministro del governo Meloni sceglie accuratamente le parole: «Il nostro codice penale, benché in parte riformato, è un codice tra virgolette fascista – dice – sia pure scritto molto bene. A breve si festeggerà la festa di Liberazione, una festa che celebra l’antifascismo ma dobbiamo ricordare che abbiamo ancora un codice firmato da Mussolini e Vittorio Emanuele III che tra l’altro gode di buona salute, mentre un codice intitolato a un eroe della Resistenza come Vassalli è stato demolito e mal interpretato, un altro paradosso del nostro Stato».

Ma le parole di Nordio non trovano il plauso di tutti i presenti: Francesco Petrelli, presidente degli avvocati penalisti, per esempio, critica il Guardasigilli perché «un atto di clemenza o la liberazione anticipata costituirebbe secondo lui una resa dello Stato, mentre invece – fa notare – il fatto che si debbano contare 33 detenuti suicida dall’inizio dell’anno non so come potrebbe essere qualificato». Nordio però non può rispondere, è già andato via.