Primo contatto tra Schlein e Bonaccini. «Saremo uniti», ma ancora nessun accordo sui ruoli
Politica Nuovo vertice a Bologna tra i due prima dell’assemblea del 12. La minoranza vuole contare
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Lui è arrivato con un mazzo di fiori, per complimentarsi con lei della vittoria. E alla fine sono usciti insieme, sorridenti, per dire che sono entrambi convinti di dover «provare davvero a dare unità a questo Pd». Elly Schlein e Stefano Bonaccini si sono incontrarti ieri, per la prima volta dopo le primarie, nella sede del Pd di Bologna. Un incontro di un’ora e mezzo segnato dal dolore per la morte improvvisa del senatore dem Bruno Astorre.
Ma anche un modo per rompere il ghiaccio dopo settimane di dura competizione. Nessun accordo su come dare seguito alla comune volontà unitaria. Nel senso che non hanno parlato del ruolo che avrà Bonaccini nel partito, e neppure della possibilità che in segreteria- o alla guida dei gruppi parlamentari- vadano esponenti della minoranza. Si rivedranno la prossima settimana, prima dell’assemblea di domenica 12 che ufficializzerà l’elezione della neosegretaria.
Sarà l’assemblea a votare il presidente del partito e i vicesegretari, tutti ruoli che potrebbe ricoprire il governatore emiliano che intende restare con più di un piede nella politica nazionale. Ad oggi l’ipotesi più probabile è che Bonaccini assuma la presidenza, mentre per i vice dovrebbero essere scelte figure politicamente più vicine a Schlein come Marco Furfaro. Ma non è detto. «Forme e modi li vedremo insieme, ci ragioneremo. Intanto per noi era importante ritrovarci su questo spirito unitario per avviare questa nuova fase del Pd», ha tagliato corto Schlein. «Insieme valuteremo nei prossimi giorni cosa è più utile dal punto di vista operativo e dei ruoli», il parere di Bonaccini. Che ha ribadito la volontà di dare una mano: «Vorremmo evitare di nuovo fratture o divisioni personalistiche o caratteriali. Penso che le magliette che abbiamo indossato e ognuno di noi al congresso vadano tolte e adesso c’è una sola maglietta che indossiamo, quella del Pd». E ha avvertito: «Se non ci fosse il pluralismo all’interno del Pd, il Pd finirebbe».
Ancora più esplicita la senatrice Valeria Valente: «L’anima della sinistra, che forse ora è meglio rappresentata dalla segretaria Elly Schlein, non può fare a meno del profilo, dell’anima e dell’approccio riformista. È giusto che la linea sia dettata dalla segreteria, ma la mozione Bonaccini ha preso il 46 per cento, non si può ignorare». Schlein non ha ancora deciso che forma dare all’auspicata unità: è consapevole che in questa fase non può alimentare divisioni, ma non intende rinunciare a dare al Pd «una linea chiara e coerente». Per questo il lavoro di cucitura si annuncia tutt’altro che facile. Anche perché lei stessa intende dare plasticamente, anche nei volti, il segnale di un forte cambiamento, anche generazionale. Difficile che questo si possa realizzare confermando, ad esempio, Debora Serracchiani alla guida del gruppo alla Camera, come chiesto dalla minoranza.
La nuova assemblea sarà composta da 333 delegati delle liste Schlein, 267 per il fronte Bonaccini e 24 per Cuperlo. A questi si aggiungono oltre 300 membri di diritto tra parlamentari, segretari provinciali, regionali, sindaci di capoluoghi di provincia, governatori e membri della commissione per il congresso. Sull’elezione del segretario/a hanno diritto di voto solo i 600 eletti, ma su tutto il resto, compresa l’elezione del presidente, votano anche gli altri. E tra i 300 membri di diritto la maggioranza è vicina al governatore. Numeri che peseranno anche sull’elezione dei 120 membri della direzione, l’organo politico chiamato a prendere le decisioni più importanti. Numeri che fanno capire come la navigazione di Schlein, in assenza di un accordo con il rivale alle primarie, potrebbe essere molto complicata.
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