Previsioni per un anno movimentato
Come sarà il 2024 sul piano economico? L’esercizio un po’ giornalistico di azzardare previsioni è piuttosto aleatorio, visto che non possiamo prevedere cosa accadrà, se vi saranno eventi di rottura o ulteriori crisi. Ma a partire dagli eventi degli scorsi mesi già si possono formulare ipotesi. Quindi: come si prospetta il panorama dell’immediato futuro? La risposta in breve è: non troppo rassicurante. A tal proposito già adesso disponiamo di fonti di indubbio rilievo.
Bisogna premettere che se la guerra in Ucraina è stato il principale evento di rottura dopo lo scoppio del Covid, a ottobre scorso lo scoppio di una vera e propria guerra aperta a Gaza ha larghe potenzialità di essere un ulteriore fattore di crisi per l’economia mondiale. Sfortunatissima è la data di uscita del mastodontico World Economic Outlook del Fondo monetario, pubblicata il 10 ottobre a fronte delle ostilità esplose il 7, il che rende la pubblicazione già vecchia e l’aggiornamento è previsto per il 30 gennaio prossimo.
Il 29 novembre 2023 era uscito tuttavia l’Economic Outlook dell’OECD. In esso si citano tutti i fattori che destavano preoccupazione nel 2023: l’inflazione persistente, la crescita del pil stentata, le politiche monetarie restrittive. Con l’aggiunta delle tensioni geopolitiche. Per cui le previsioni sono una crescita del pil mondiale inferiore nel 2024 che nel 2023 (dal 2,9% al 2,7%), perdurante divergenza (economie emergenti meglio dei paesi ricchi, fra cui il fanalino di coda sarà ovviamente l’Europa.
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La «ragione» del capitalismo genera i mostri della guerraLa nuova guerra in Medio Oriente potrebbe invece influire sui prezzi dell’energia e sul commercio, spandendo la sfiducia nei mercati e rendendo le conseguenze dell’innalzamento dei tassi di interesse delle banche centrali più forti e pericolose. Anche i paesi più poveri e indebitati rischiano, perché un aumento del valore del dollaro rovinerà che ha un debito da pagare in tale valuta – come accadde negli anni Ottanta.
Il 4 gennaio scorso è uscito l’imponente rapporto Onu World Economic Situation and Prospects 2024, che già nelle cifre delle previsioni è leggermente più pessimista: la crescita mondiale è prevista del 2,4% per il 2024; se alcuni paesi hanno sperimentato un abbassamento della disoccupazione, nella maggior parte questa rimane elevata, ed in ogni caso la crescita dei salari non è stata tale da bilanciare l’erosione del potere d’acquisto per l’elevata inflazione.
Anche le politiche delle banche centrali rivestono un ruolo particolarmente gravoso per il restringimento dello spazio fiscale, soprattutto dei paesi più poveri: nel 2022 circa 50 paesi spendevano per ripagare gli interessi del loro debito più del 10% delle loro entrate, e 25 oltre il 20%! Altro fattore rilevante è la stagnazione del commercio internazionale, cresciuto nel 2023 solo dello 0,6%. Il rapporto arriva a dire che questo fattore non agisce più come elemento trainante per la crescita mondiale.
I recenti sviluppi confermano la problematicità del tema: come ritorsione contro Israele i gruppi militari yemeniti Houthi effettuano attacchi alle navi merci che passano per il Mar Rosso. Un passaggio strategico che interessa il 12% del commercio globale, l’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) stima che fino a un quarto del marittimo traffico mondiale passi lungo questa rotta. Niente come questa situazione mostra la correlazione fra geopolitica e flussi commerciali. Chi teorizzava un mondo piatto, dove tutto può liberamente spostarsi e fluire senza problemi aveva fatto male i suoi conti. In un’epoca di tensioni geopolitiche questo non può essere più garantito, e anche un gruppo tutto sommato marginale rispetto alle potenze militari più forti dimostra di poter mettere sabbia nel meccanismo della globalizzazione.
Insomma il peso delle crisi che si succedono sempre più rapidamente – l’una arriva senza che la precedente sia stata superata – pare aver già gettato una pesante ipoteca sull’anno che affrontiamo, con debiti più difficili da ripagare e politiche fiscali volte alla ben conosciuta austerità, mentre l’oligarchia al comando non vede altro modello che il liberismo finanziarizzato e non devia di un centimetro da tale rotta. Allacciamo le cinture, sarà un anno movimentato.
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