«La memoria è di tutti, oggi siamo in piazza contro ogni forma di fascismo per ricordare i genocidi di ieri, per chiedere al mondo di fermare quello in atto a Gaza e per scongiurarne di nuovi in futuro». È un pomeriggio di sole a Roma, in piazza Vittorio Emanuele II sventolano bandiere palestinesi e da un camioncino su cui sono stati posizionati degli amplificatori rimbombano le parole degli interventi. La tanto temuta manifestazione per la pace a Gaza si è tenuta, nonostante gli annunci di «tensioni crescenti», e non ci sono stati incidenti.

UN MIGLIAIO di partecipanti si sono riuniti malgrado nei giorni scorsi la questura, su indicazione del ministro Piantedosi, avesse invitato gli organizzatori a desistere in modo affatto velato. Il compromesso raggiunto in camera caritatis alla vigilia di sabato autorizzava ufficiosamente un presidio in piazza, ma nessuno spostamento. «Ci sono 700 manifestanti dall’altra parte, se provano a muoversi interveniamo subito» avrebbe detto un dirigente di piazza della celere mentre i manifestanti continuavano ad arrivare alla spicciolata. Del resto l’enorme quadrilatero intorno al quale si sviluppa il quartiere Esquilino era già blindato dalla tarda mattinata. Camionette dei reparti mobili a ogni angolo, jeep della polizia nelle vie laterali e vigili urbani sui viali per deviare il traffico. «Ci hanno dipinto come dei mostri, come degli antisemiti pronti a dissacrare la memoria dei caduti della Shoah» dice Maya del Movimento degli studenti palestinesi, in collegamento telefonico, «ma noi riconosciamo e rispettiamo la Shoah. Al contrario, sono loro, i sionisti al potere in Israele che non riconoscono e non rispettano la morte di quasi 30 mila palestinesi a Gaza dal 7 ottobre a oggi».

GLI INTERVENTI che si susseguono per quasi 3 ore partono tutti dallo stesso presupposto: il corteo di oggi non era un modo per infangare il passato. «La bellissima costituzione italiana dà il diritto di manifestare» dice Othman dell’Unione democratica Arabo-palestinese, «è incredibile che per le pressioni di un gruppo un ministro decida di vietare un diritto costituzionale. Noi ricordiamo ancora quando un presidente della repubblica, Sandro Pertini, denunciò i massacri di Sabra e Shatila nel settembre del 1982, ma oggi il clima non è lo stesso». Chiunque prenda il microfono biasima la stampa, i «giornalisti che non hanno il coraggio di dire la verità sui terribili e vergognosi massacri in corso a Gaza». Per questo Othman dice di «apprezzare la presenza di tutti coloro i quali sono intervenuti, anche se il divieto arrivato dalle autorità a poche ore dal corteo e poi le associazioni palestinesi che si sono defilate all’ultimo hanno creato grande confusioni, «molti credevano che la manifestazione non si sarebbe più svolta».

Insomma, la confusione mediatica ha agito come una mannaia sul numero dei partecipanti. Gli interventi sono intramezzati dai cori per una «Palestina libera» e alcuni racconti provocano anche momenti di commozione generale. Alla fine, poco dopo il tramonto, il presidio si scioglie, «abbiamo fatto un ultimo tentativo con i dirigenti di piazza» dice uno degli organizzatori, «ma non ci hanno dato il permesso di partire in corteo, preferiamo salutarci così, in pace, oggi, e rilanciamo agli appuntamenti dei prossimi giorni, la nostra lotta non finisce qui».