La sorte della partecipazione dei socialdemocratici alla Grande coalizione con Angela Merkel, e il destino dell’unica coalizione di governo guidata dal presidente “comunista”. Sono le poste in gioco nelle due elezioni tedesche del fine-settimana da cui dipendono il futuro politico della maggioranza quanto dell’opposizione.

Ieri a Berlino, poco dopo le 18.30, la presidenza della Spd ha ufficializzato il ballottaggio per la carica di co-segretari tra la coppia formata dal vicecancelliere, Olaf Scholz, e la deputata del Parlamento del Brandeburgo, Klara Geywitz, (22,6% dei voti) e il duo composto dall’ex ministro delle Finanze del Nordreno-Vestfalia, Norbert Walter-Borjans, e la parlamentare Saskia Esken (21%).

Questa la decisione dopo che nessuna tra le sei coppie di candidati è riuscita a superare la soglia del 50% del consenso espresso dai 425 mila iscritti. Il risultato dello “spareggio” è previsto per il 30 novembre, prima della ratifica del congresso fissato per il 7 dicembre. Comunque, il voto di ieri pone fine al commissariamento che durava da giugno dopo le improvvise dimissioni di Andrea Nahles. Anche se la Spd rimane sempre spaccata in due.

Scholz e Geywitz rappresentano la linea favorevole al «mantenimento dell’esperienza di governo» con Cdu e Csu, mentre Borjans ed Esken sono convinti che la Groko debba essere «un’eccezione, non la normalità, per cui a scegliere se uscire o meno dal governo saranno i delegati del prossimo congresso».

Tutto congelato, insomma, e nessuna indicazione del nuovo (o vecchio) orizzonte che i militanti attendevano dal voto partorito dopo lo svolgimento di ben 23 congressi regionali.

Il “mezzo esito” nella Spd precede di poche ore l’apertura delle urne per il rinnovo del Landtag della Turingia dove Linke, Verdi e Spd oggi si giocano la sopravvivenza della Koalition costruita cinque anni fa.

In testa ai sondaggi, con il 29% dei consensi, rimane il primo ministro della Sinistra, Bodo Ramelow, che mira a duplicare il mandato sgonfiando l’annunciato boom elettorale di Alternative für Deutschland che in Turingia si presenta con il volto “nero” di Björn Höcke: il leader xenofobo, negazionista della Shoah, capo di «Der Flügel», l’«ala» di estrema destra di Afd.

Sulla carta, i fascio-populisti superano il 20%: “solo” cinque punti in meno dello “Spitzenkandidat” della Cdu, Mike Mohring. Non un bel quadro per i partiti incorniciati nel governo Merkel, appena ridimensionati nelle recenti elezioni in Brandeburgo e Sassonia, destinati – salvo soprese – a incassare l’ennesima “batosta” elettorale. L’effetto negativo ricadrà prevalentemente sulla neo-ministra della Difesa, Annegret Kramp-Karrenbauer, impegnata nella corsa alla cancelleria nel 2021, mentre per i socialdemocratici il risultato del voto già stasera stabilirà se la Spd è ancora una “Volkspartei” oppure un partito semi-regionale. Di scontato, oltre alla crescita di Afd, appare solo l’avanzamento dei Verdi: dovrebbero conquistare almeno il 3% in più delle scorse elezioni.

In attesa della conferma o meno del modello pressoché unico del comunista Bodo Ramelow (nato nell’ex Germania-Ovest ed “emigrato” in Turingia dopo la caduta del Muro, cristiano praticante nello Stato che vanta la più alta percentuale di atei dichiarati al mondo) i tedeschi restano comunque appesi alla “svolta” nella Spd che – al di là del voto di ieri sera – si preannuncia di difficile soluzione. Secondo l’ultimo sondaggio dell’istituto “Wahlkreisprognose” il 40% dei tesserati del partito socialdemocratico è pronto a interrompere fin da subito la collaborazione con la cancelliera Merkel e il ministro dell’Interno Horst Seehofer, mentre il 45% rimane convinto della necessità di completare il mandato la cui scadenza naturale è prevista nel 2021. Tutto mentre la Spd continua a rimanere inchiodata al 14%: il minimo storico del consenso dalla data della sua fondazione.