Le donazioni sono arrivate a 250 milioni di dollari, mentre l’organizzazione Vote. org ha comunicato al Guardian di aver registrato il più alto numero di iscrizioni al voto nell’arco di 48 ore dal giorno del ritiro di Joe Biden: 38.500, di cui l’83% è composto da elettori fra 18 e 34 anni. Intanto ieri Harris ha tenuto il suo intervento davanti all’associazione studentesca femminile nera Zeta Phi Beta di Indianapolis, dove la parte più acclamata del suo discorso, davanti a un pubblico di studentesse nere, è stata la rivendicazione della cancellazione di parte del debito studentesco da parte dell’amministrazione Biden. Nel suo discorso, Harris – non più vincolata dall’età del più anziano presidente di sempre – ha rappresentato una lotta fra passato e futuro, fra il movimento in avanti verso maggiori diritti – «di amare chi si vuole», «di votare», «di vivere senza la minaccia della violenza armata», di una sanità più equa – e quello all’indietro di «chi vuole riportare gli Usa a un’epoca oscura», ha affermato citando il reazionario Project 2025.

IL GIORNO PRIMA la vicepresidente aveva tenuto il suo primo comizio da candidata quasi ufficiale del partito democratico a Milwaukee. Il tema principale è stato il suo cavallo di battaglia, l’aborto: «Fermeremo i divieti estremisti sull’aborto di Donald Trump, perché ci fidiamo delle decisioni che le donne prendono in merito al proprio corpo, e non del governo che dice loro cosa fare».

Da Indianapolis Harris partirà però subito alla volta di Houston, Texas, per affrontare immediatamente uno dei punti deboli della sua campagna elettorale (e principale ombra sul suo posizionamento politico che in questi giorni si cerca di rappresentare a sinistra): il confine. Nel frattempo abbondano sulla stampa di tutto il mondo i suoi – inevitabilmente lacunosi – profili politici: dove si collocherà nelle battaglie sul clima, allo strapotere della Silicon Valley, rispetto alle politiche economiche di Biden? E naturalmente la domanda più pressante di tutte: ci sarà uno scarto rispetto alla posizione di Biden sulla guerra a Gaza? E in che direzione?

MENTRE I TEMI concreti restano per il momento oggetto di speculazioni più o meno basate sui fatti e i trascorsi di Harris come procuratrice, senatrice e vicepresidente in ombra, la sua campagna elettorale continua a incassare l’impennata di popolarità seguita al terremoto della rinuncia di Biden (che nella serata americana, troppo tardi per noi, terrà il suo primo discorso dalla Casa bianca dopo essere guarito dal Covid). Tra cui il primo endorsement dell’organizzazione contro la violenza armata March for Our Lives, nata nel 2019 all’indomani del mass shooting al liceo di Parkland.

Una popolarità che trova riscontro nella proporzionale ostilità che monta di ora in ora nel partito repubblicano. Alla Camera sono state presentate, nella sola giornata di mercoledì, ben sei richieste di impeachment o di condanna nei confronti di Harris – colpevole secondo una mozione del deputato Andy Ogles di «gravi crimini e infrazioni» relative al confine – oltre ad appelli affinché invochi il 25esimo emendamento, che consente di rimuovere un presidente non più nelle condizioni di salute necessarie a svolgere il proprio ruolo. Mentre il grido di battaglia della destra estrema (capitanata da Donald Trump) è ormai diventato: «Chi sta governando il paese?!».

DAL CANTO SUO, l’ex presidente – che poco dopo l’evento di Harris a Indianapolis ha tenuto un comizio a Charlotte, in North Carolina – da Truth Social soffia sul fuoco del complotto contro la sua vita da parte dell’amministrazione Biden, includendo stavolta anche la vicepresidente nella catena di eventi che ha fatto sì che lui abbia dovuto «incassare un proiettile per la democrazia». Sabato Trump sarà invece a Nashville per Bitcoin 2024, la quinta conferenza sulla più famosa criptovaluta, per rinsaldare la sua alleanza con la Silicon Valley su uno dei campi in cui il mondo tech è più timoroso dell’intervento delle autorità federali.

A ricordare a Harris la reale sfida che la aspetta un op-ed sul New York Times di Hillary Clinton, prima candidata alla presidenza Usa sconfitta da Trump nel 2016. «So una cosa o due su quanto possa essere difficile per delle candidate forti combattere il sessismo e i doppi standard della politica americana». Il curriculum e la personalità di Harris, ha aggiunto, «verranno distorti e denigrati». The New Republic ricorda invece un commento di Walter Shapiro: «È diventato un cliché repubblicano: quando i sondaggi diventano preoccupanti il partito evoca l’immagine di un minaccioso uomo nero». Stavolta è una donna nera: Kamala Harris.