L’Aula della Camera ha respinto ieri – con 179 voti contrari e 101 favorevoli – le questioni pregiudiziali di costituzionalità contro l’esame del decreto Ponte sullo Stretto, depositate da M5S e Avs. Contro le pregiudiziali, e quindi con la maggioranza, hanno votato i deputati del Terzo Polo.

Intanto, il provvedimento è in discussione nella commissione Ambiente e Lavori pubblici, dove ieri mattina ci sono state le audizioni delle organizzazione ambientaliste Wwf, Italia Nostra e Kyoto Club.

Tutte e tre sono contrarie alla realizzazione di un’opera il cui costo stimato è pari ad almeno 10 miliardi di euro e di cui si parla da oltre 50 anni, periodo durante il quale – ha ricordato il responsabile delle relazioni istituzionali del Wwf, Stefano Lenzi – «nessuno è riuscito a dimostrarne fino adesso né l’utilità né la redditività, quindi non è una questione legata solo alla contingenza. Sulla fattibilità bisogna porsi dei problemi visto che, come ha rilevato il gruppo di lavoro nominato dal ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile nel 2021 si tratta di costruire un Ponte a doppio impalcato, stradale e ferroviario, ad unica campata di 3.300 metri, quando al mondo con queste caratteristiche esiste una lunghezza massima di 1.991 metri. E non è una questione secondaria dal punto di vista tecnologico e ingegneristico» ha spiegato Lenzi, esperto di infrastrutture che ha anche ricordato gli «elevatissimi e insostenibili costi ambientali» di un’opera che «non regge da un punto di vista economico-finanziario».

Lenzi ha sottolineato anche l’aspetto naturalistico: «Tutta l’area dello Stretto di Messina è compresa in zone protette», tutelate dalla Direttiva comunitaria Habitat. Questa circostanza «fu una delle cause della minacciata procedura di infrazione nel 2005 del progetto preliminare del 2003».

Anche se sono informazioni già lette negli anni, ha senso riprenderle oggi che – dieci anni dopo la messa in liquidazione della società Stretto di Messina spa, il primo marzo 2013 – si torna a parlare del progetto. Secondo Italia Nostra, il Ponte sarebbe «l’ennesima cattedrale nel deserto». Ad affermarlo è l’esponente calabrese dell’associazione Walter Fratto, che da Catanzaro ha preso parte all’audizione sul disegno di legge di conversione del decreto-legge 35 del 2023.

«A Ponte finito dovremmo attraversarlo in 15 minuti» ha aggiunto, ma «sbarcati in Calabria ci si troverebbe di fronte a una realtà amara, sia su gomma che su rotaie», tra binario unico e imbuti trasportistici. La regione, sottolinea Italia Nostra, sconta un forte «ritardo nell’adeguamento infrastrutturale», sintomo di «abbandono dello Stato». Calabria e Sicilia «sono considerate solo come svincolo autostradale per merci e passeggeri». Per l’associazione sarebbe più urgente «mettere al passo le regioni con le altre d’Italia. Ci accontenteremmo di autostrade e ferrovie moderne sulla tirrenica e sulla ionica».

Anche Kyoto Club ha ribadito la propria contrarietà all’opera, ricordando che questa pregiudiziale non è mai venuta meno: «Non riusciamo a capirne il senso dal punto di vista trasportistico, non la vediamo come una priorità del Paese e la troviamo un’opera dannosa e inutile» ha affermato durante l’audizione il vicepresidente di Kyoto Club, Francesco Ferrante, che è stato parlamentare per due legislature tra il 2006 e il 2013. Per l’organizzazione non profit sarebbe «molto più logico investire su nuove tecnologie che consentano una riduzione dei tempi di percorrenza dello Stretto, che già oggi sono pari a 20-30 minuti. Il Ponte consentirebbe un risparmio assai limitato sul tempo».

Inoltre, «quando si dice che l’investimento sarebbe di privati non è esattamente così», si tratterebbe di «soldi pubblici dei contribuenti che noi preferiremmo venissero spesi in opere più utili alla transizione in cui siamo immersi e che andrebbe affrontata nella maniera più responsabile possibile».

Difficile che la maggioranza ascolti queste voci. Sono altri gli argomenti che usa per giustificare l’opera. Paolo Emilio Russo, deputato di Forza Italia, ieri ha ad esempio ricordato in aula che per il suo partito «e credo per l’Italia, il Ponte sullo Stretto è e sarà il Ponte Silvio Berlusconi», intitolato mentre è ancora in vita all’uomo che nel 2001, con la legge obiettivo, inserì il Ponte tra le infrastrutture strategiche.