Proprio ieri il Sejm, la camera bassa del Parlamento polacco, avrebbe respinto il controverso disegno di legge «L’aborto è un omicidio», che mirava a inasprire ulteriormente la legge polacca sull’interruzione volontaria della gravidanza, attualmente tra le più severe d’Europa.

Sembrerebbe un rinvio a dopo le prossime elezioni. Sembrerebbe soprattutto la cautela di un Paese che è fronte occidentale della guerra. Nessun ripensamento circa la tutela delle libertà individuali delle donne. Solo questioni di tempi e di opportunità politica.

La controversa proposta è opera dell’attivista anti-abortista Kaja Godek e della sua fondazione Vita e famiglia. L’obbiettivo era l’introduzione di sanzioni severe nei confronti dei soggetti che in Polonia promuovano pubblicamente l’aborto all’estero, nonché di chi consigli e distribuisca materiale informativo sul tema.

Tuttavia, in prima lettura, 300 legislatori su 460 hanno respinto il disegno di legge. Per il respingimento si era pronunciato anche il PiS (Diritto e Giustizia in italiano), il partito ultraconservatore di governo, per bocca del portavoce Bochenek che aveva dichiarato: «Non è il momento di affrontare questioni che generano inutili emozioni e divisioni sociali. C’è una guerra all’estero, una miriade di sfide nella politica internazionale e nella politica economica interna, ed è su questo che ci stiamo concentrando ora».

Tanto per ribadire che non si tratta di un cambio di linea ma solo di non appesantire ulteriormente l’agenda di governo.

Alcuni membri del partito avrebbero dichiarato in via ufficiosa di volere evitare il ripetersi delle proteste che avevano scosso la società polacca nell’ottobre 2020, dopo la sentenza che aveva dichiarato incostituzionale l’interruzione di gravidanza in caso di gravi malformazioni fetali.

Nell’autunno di quest’anno il popolo polacco sarà chiamato alle urne per il rinnovo delle camere: il PiS, al centro delle critiche Ue per le sue pratiche antidemocratiche, rimane in testa nei sondaggi. Le preferenze, però, sarebbero ben al di sotto del 44% ottenuto nelle ultime legislative.

Tuttavia, e a dispetto di quanto annunciato da Bochenek, quasi la metà dei deputati di Diritto e Giustizia ieri si è opposta alla mozione di rigetto del disegno di legge Godek.

«L’aborto è un omicidio» oggi non è un atto normativo, ma le barriere all’autodeterminazione delle donne polacche non sono certo state abbattute: l’aborto è legale solo nei casi in cui la vita o la salute della donna siano messe in pericolo dal proseguimento della gravidanza o quando la gravidanza è il risultato di un atto criminale (stupro o incesto).

Da oltre vent’anni, ormai, il Sejm ha approvato la legge che vieta sostanzialmente l’aborto nel Paese. E la sentenza della Corte costituzionale del 2020 ha contribuito a un drastico calo degli aborti, costringendo le donne polacche a recarsi all’estero, spesso in Olanda, in Belgio o in Repubblica Ceca.

Aborto, educazione sessuale, diritti della comunità Lgbt+ sono da anni nel mirino del governo, le cui spinte reazionarie sono arrivate fino a minacciare la revoca della Convenzione di Istanbul, al pari della Turchia di Erdogan.

Il trattato, che stabilisce gli standard globali per prevenire e combattere la violenza contro le donne e le ragazze, nonché il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante, sarebbe «incostituzionale» in quanto contrario al sistema di valori della famiglia tradizionale, specie nella sua definizione del concetto di “genere”.

Dalle associazioni fondamentaliste e ultraconservatrici proviene anche la richiesta di sviluppare una convenzione internazionale sostitutiva basata sui “diritti della famiglia”.

I sondaggi d’opinione però parlano chiaro: due terzi delle cittadine e dei cittadini polacchi sostengono il diritto all’aborto. Secondo l’Istituto Pollster, il 62% vorrebbe cambiare le leggi attuali, e il 75% vorrebbe ricorrere a un referendum popolare.

Nonostante un sentimento progressivo che a fatica resiste nell’opinione pubblica polacca, la torsione autoritaria del governo va avanti, coperta dalle necessità belliche e dalle alleanze che stanno ridisegnando, in peggio, gli equilibri europei.

La Polonia continua sulla sua strada illiberale senza che questo determini una reazione dura dell’Unione Europea. Ancora una volta, l’idea del doppio standard sullo Stato di diritto colpisce la credibilità delle istituzioni comunitarie. Troppo spesso si ha la sensazione che il rispetto dei diritti umani e dell’autodeterminazione delle donne diventi oggetto di campagne mirate contro Paesi considerati “nemici”, mentre non si usa il medesimo metro per realtà ritenute necessarie alle urgenze del blocco atlantico. Anche quando si parla di donne e del diritto a disporre liberamente del proprio corpo.