Come e dove può nascere una nuova politica?
Questa settimana si concluderà con le manifestazioni, sabato 23, contro la violenza maschile che colpisce le donne. Il 25, lunedì, è la giornata internazionale che ricorda la necessità di reagire a questa catena di delitti e di vessazioni su scala globale.
Torno sul tema perché mi sembra essenziale. Per reagire ogni giorno a questo terribile aspetto delle nostre vite, e anche per far crescere un nuovo modo di agire una politica capace di cambiare il mondo in meglio.
Temo poi che il sacrosanto discorso contro la violenza maschile, se fatto senza vederne i nessi con tutto il resto del come sono fatte le società in cui viviamo, finisca paradossalmente per inchiodare le donne al ruolo di vittime e noi uomini in quello di carnefici, oppure in quello di “protettori” del “sesso debole”. Una “protezione” esercitata poi da uno Stato che, pure se al governo ci sono anche donne (e attenzione: qui da noi resta il paradosso di quel “il presidente del Consiglio”), continua a incarnare una visione molto maschile. Mentre tanta parte della violenza degli uomini reagisce in realtà proprio alla forza e alla libertà delle donne.
Qualcosa però sta cambiando. Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin si è aperto un discorso esplicito sulle dinamiche trai sessi e sul significato di quella parola prima relegata agli “esperti” o negli scritti del femminismo: “patriarcato”. Ieri è stata presentata pubblicamente la Fondazione che il padre di Giulia ha voluto dedicare a questo tema che ci riguarda tutti.
Io segnalo altre due occasioni di confronto previste a Roma nella giornata del 19 novembre.
Alle 18 presso la Fondazione Basso si discuterà, per iniziativa del Centro per la riforma dello Stato e del Gruppo femminista del mercoledì, sul volume Femminismo mon amour. Pratiche femministe per donne e uomini, frutto di giornate di discussione promosse dalla rivista on line Via Dogana lungo il 2023.
Alcuni dei temi affrontati: il senso dell’”autocoscienza” inventata dal femminismo come pratica politica di relazione, l’amore e l’amicizia come scommesse indispensabili per una buona politica, il desiderio – cercato in diverse interessanti esperienze, ma di fatto ancora non raggiunto pienamente – di realizzare pratiche politiche comuni tra donne e uomini, e persone con diverse identità sessuali e di genere. Capaci di scambio, di conflitto e di azione basata sulla consapevolezza della differenza e delle differenze.
Nella stessa serata odierna, alle 20,30, alcuni gruppi maschili hanno promosso un incontro aperto con il titolo Disertare il patriarcato nei locali dello Spin Time di Roma (via S. Croce in Gerusalemme, 55 ).
L’idea è quella di discutere come intervenire nella giornata del 25 e soprattutto di come proseguire e allargare una riflessione che già da anni si svolge in incontri permanenti di uomini che, a Roma come in tutta Italia, si interrogano sul desiderio di lasciarsi alle spalle i pregiudizi del “patriarcato”. Per riconoscere e superare la violenza, e per riuscire a vivere meglio nella relazione con se stessi, le altre, gli altri, il mondo.
Queste realtà si sono andate moltiplicando, soprattutto negli ultimi tempi, e dopo la discussione pubblica suscitata dalle parole del padre e della sorella di Giulia Cecchettin, Elena. Sono convinto che è dall’incontro di alcune delle intuizioni più radicali del femminismo con questo nuovo desiderio maschile che può scaturire la capacità, di fronte alla crisi verticale di una politica nata da matrici, appunto, “patriarcali”, di inventarne una nuova.
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