Il Giorno della Vittoria sovietica a Berlino nell’anno della guerra di Putin. Da commemorazione comune della sconfitta della Germania condivisa fin dal 1945, al nuovo «9 maggio» celebrato separatamente e in sordina, spogliato di tutti i simboli oggi divisivi.

Breve cronaca dal Memoriale di Treptow, il principale sito nella capitale tedesca della Storia che non unisce più, se non formalmente con la corona di fiori giallo-blu deposta dall’ambasciatore ucraino Andriy Melnyk e la bianco-rosso-blu aggiunta dal russo Sergei Yuryevich Netshev: le uniche persone esentate dal divieto di sventolare le bandiere dei due Paesi in guerra esteso ai 15 siti commemorativi di Berlino.

Una realtà triste, che strappa letteralmente solo un sorriso. Uno dei sette piantoni della polizei all’ingresso di Treptow chiede al giovane russo in fila per entrare di spiegare il significato della scritta in cirillico stampata sulla t-shirt. Uno slogan su birra e amicizia, conferma la fidanzata compulsando il traduttore on-line dello smartphone in grado di sciogliere il concetto, per fortuna, condiviso in Russia e Ucraina come in Germania

Per il resto il controllo è totale, nonostante i 1.800 agenti schierati contro il rischio di escalation fra pro-russi e pro-ucraini nel parco di Treptow se ne intravedano meno di un centinaio. Ma fra gli alberi ci sono i Mercedes Sprinter bianchi che fungono da posto di blocco di traverso alle piste ciclabili che collegano gli 87 ettari del parco con il Memoriale vero e proprio.

A metà del viale principale una decina di agenti si frappone fra un uomo e una donna che si scambiano opinioni ad alta voce sulla guerra. Fa capannello un gruppetto di spettatori; arriva la troupe della tv internazionale che “spara” la scena in diretta mentre il corrispondente chiede all’interprete di tradurre la contesa.

Due metri più avanti, volendo, ci sarebbe l’immagine-simbolo della giornata, sempre meno di moda. Qualcuno ha appoggiato la targa con il simbolo della Pace sotto la statua della “Madre Patria” che in quanto sovietica è dei russi quanto gli ucraini.

Comunque in pochissimi presenti ieri pomeriggio a Treptow-Park al contrario degli anni passati. Erano più le persone a passeggiare nel vicino lungo-Sprea (compreso il gruppo di ragazze vestite con la bandiera ucraina) che i circa cinquecento presenti al Memoriale. Nulla rispetto alle migliaia di persone degli anni passati che hanno continuato a celebrare il Giorno della Vittoria anche dopo lo scoppio della guerra del Donbass del 2014.

In queste condizioni, problemi di ordine pubblico, a parte qualche baruffa verbale, zero. Non ha creato pericoli gente (poca) con il vessillo della Drr o della Jugoslavia, «sciocchezze risolte in pochi minuti, nulla di grave, al massimo qualche tipo strano» riassume la poliziotta del Kommunikation-Team con pettorina fluorescente. In riferimento, si suppone, pure all’anziano sorretto sulla stampella che si è vestito da uomo-sandwich a favore dello Zar. «Putin vuol dire Pace» ha scritto nel cartello che fa girare come se fosse sul ring.

Non fa troppa paura, come la decina di “Cittadini del Reich” (il Secondo), nostalgici che non riconoscono la Bundesrepublik tenuti d’occhio dai servizi. Hanno piantato il gazebo proprio davanti alle due mega-statue dei soldati sovietici. Spiegano dal megafono qualcosa di cui prende nota solo la polizei minimizzando: «Le solite cose».

Il resto di persone cammina fino alla scalinata del Guerriero Liberatore in silenzio con in mano la rosa rossa o bianca. Sono a Treptow per commemorare la morte dei 5.000 soldati dell’Unione sovietica morti nella Battaglia per Berlino.

L’allarme, se così si può dire, rimbomba invece dall’altro Memoriale russo a Berlino, nel parco del Tiergarten. La polizia monitora l’arrivo dei Nachtwölfe – i Lupi della notte, motocliclisti russi ultra-nazionalisti che ogni anno mettono in scena la calata sulla capitale della Germania – segnalati già in mattinata alle porte della città.

Poi ci sono 500 persone riunite vicino alla Porta di Brandeburgo – così la stima dalla radio di un poliziotto – che marciano cantando slogan e mostrando foto in bianco e nero di soldati morti, qualcuno con la bandiera sovietica. Risultato: tre fermi: due donne accusate di aver violato il «requisito di neutralità» (così, ufficialmente) parlando della guerra e un uomo portato al commissariato per un tatuaggio vietato è stato preso in custodia.

Fa poca notizia anche la mini-contestazione dei filorussi che domenica hanno accolto a Treptow l’ambasciatore ucraino al grido di «Melnyk vattene» e la polizia intervenuta per far riarrotolare la maxi-bandiera dell’Ucraina lunga circa 25 metri.

Il ministro degli Esteri di Kiev, Dmytro Kuleba, già sabato aveva denunciato «l’errore di Berlino» di vietare il bicolore ucraino nelle zone sensibili: «un attacco a tutti coloro che difendono l’Europa e la Germania dall’aggressione russa».