È cominciato ieri alle 18 a Khartoum il cessate il fuoco di 24 ore per soccorrere i feriti e favorire l’uscita dei civili delle aree dove si combatte più duramente. Ma i sudanesi non si fanno illusioni, la resa dei conti andrà avanti. Indiscrezioni riferiscono che a bordo di pick-up incolonnati per centinaia di metri, migliaia di uomini delle Forze di supporto rapido (Rsf) di Mohammed Hamdan Dagalo starebbero rientrando a Khartoum dalla Libia e altri paesi dove erano stati dispiegati. Il loro compito è dare più forza alle Rsf mettendole nelle condizioni di dare la spallata decisiva all’esercito agli ordini del capo della giunta militare Abdel Fattah al Burhan. Se due giorni fa l’esercito sembrava in grado di mantenere il controllo, nelle ultime ore il vento sembra soffiare nell’altra direzione. Quattro giorni di combattimenti hanno già fatto circa 200 morti e 1800 feriti

Le Rsf, secondo fonti citate da Agenzia nova, ora controllano il Palazzo presidenziale di Khartoum. Sul terreno perciò non regnerebbe più l’equilibrio dei primi due giorni di combattimenti. Sono ore decisive in cui contano armi e munizioni e la determinazione di chi combatte. Avranno un peso anche i rifornimenti di acqua e cibo a soldati e paramilitari, vitali considerando che l’estate in Sudan è già arrivata con le sue temperature elevate. Ieri diversi abitanti riferivano di miliziani delle Rsf intenti a saccheggiare case e a procurarsi acqua. In particolare nella zona di Khartoum 2, la stessa dove è stato aggredito e ferito leggermente Aidan O’Hara, l’ambasciatore dell’Ue in Sudan. Gli Usa da parte loro hanno confermato che un loro convoglio diplomatico è stato attaccato.

Soffrono più di tutti i civili. A Kafouri, nella zona nord di Khartoum, l’acqua manca dall’inizio degli scontri. Si combatte intorno all’aeroporto della capitale, accanto al quartier generale militare presidiato da carri armati. Migliaia di civili che vivono nelle aree residenziali intorno all’aeroporto e i pazienti di un vicino ospedale oncologico restano intrappolati. Lunedì una paziente dell’ospedale Al-Zara ha detto che non ci sono più medicine e cibo perché la struttura ha accolto pazienti di un altro ospedale che era stato attaccato. Intervistato dalla Bbc, il dottor Nima Said Abid, rappresentante dell’Oms in Sudan, ha detto che «la maggior parte degli ospedali ha esaurito le forniture mediche, le sacche di sangue, l’ossigeno e altri importanti kit medici e chirurgici». La Croce Rossa riferisce di aver ricevuto tante richieste di aiuto ma non può fornire sostegno umanitario a causa degli attacchi aerei e dei colpi di artiglieria. La maggior parte delle vittime sono state colpite nelle loro case.

Non si combatte solo a Khartoum. Le aree in cui ieri si sono si concentrati gli scontri a fuoco sono la città settentrionale di Merowe e Omdurman. Nel Darfur le città più grandi sono nelle mani delle forze regolari mentre le Rsf avrebbero il controllo delle aree rurali e desertiche. Il sottosegretario dell’Onu per gli Affari umanitari, Martin Griffiths, ha denunciato violenze sessuali e aggressioni contro gli operatori e le strutture umanitarie in Sudan.

Si teme che possano scendere in campo anche miliziani stranieri: ciadiani, libici e centrafricani. Una eventualità non da escludere dal momento che il Sudan condivide un confine di 1.400 chilometri con il Ciad, di quasi 400 chilometri con la Libia e di circa 170 chilometri con la Repubblica Centrafricana (RCA). Parlando alla tv saudita Al Arabiya, Dagalo ha affermato che «due Paesi vicini» non specificati stanno cercando di inviare aiuti alle Rsf. Della compagnia Wagner invece non c’è alcuna traccia nonostante la collaborazione stretta con Dagalo nella RCA dove i mercenari russi sostengono l’esercito di Bangui. Il fondatore del gruppo, Evgenij Prigozhin, ha smentito di avere suoi miliziani attivi nel Sudan.

Più parti hanno avviato tentativi di mediazione o, almeno, stanno cercando di portare Al Burhan e Dagalo ad un cessate il fuoco. Il segretario di stato Blinken ha telefonato ad entrambi i leader in conflitto, chiedendo la fine immediata dei combattimenti ma il suo appello è caduto nel vuoto.