Pnrr, un fallimento di successo premiato da Von Der Leyen
La presidente del consiglio Giorgia Meloni con il vicepresidente della Commissione Ue nominato Raffaele Fitto – Ansa
Economia

Pnrr, un fallimento di successo premiato da Von Der Leyen

Il caso Dall'Europa all'Italia i ritardi e i paradossi del piano che dovrebbe "salvare" l'economia italiana. La presidente della Commissione Europea: bisogna spendere i soldi entro giugno 2026. Ma il ministro dell'economia Giorgetti ha chiesto il rinvio. Il Fitto-vicepresidente Ue potrebbe smentire l’opera del Fitto-ministro, ma si fa sempre a tempo a rinegoziare
Pubblicato 19 giorni faEdizione del 18 settembre 2024

Una promozione per fallire più in grande. Ursula Von Der Leyen ha premiato con la vicepresidenza esecutiva della sua nuova Commissione Europea Raffaele Fitto che, da ministro del governo Meloni, ha usato il 30% dei primi 100 miliardi di euro stanziati dal piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e non è stato in grado fino ad oggi di dire se, come e quando l’Italia riuscirà a spendere effettivamente tutti i 194 miliardi di euro finanziarti dalla Commissione Europea entro giugno 2026. Lo ha ricordato la presidente della Commissione Ue nella lettera di incarico inviata a Fitto.

Fitto (con Meloni) ha accentrato tutte le competenze in una cabina di regia a palazzo Chigi e ha proceduto a una forte revisione del Pnrr rinviando molti obiettivi. Secondo la Corte dei Conti europea sono stati spostati agli ultimi otto mesi del 2026, cioè ultimo anno disponibile per il completamento del piano, il 62% degli «obiettivi» da raggiungere. Questo dato va in controtendenza con il 30% residuo della Spagna e una media Ue del 39%.

La retorica spesa dal governo Meloni sul record di rate del Pnrr è vuota. L’Italia ha ricevuto più soldi di tutti i paesi europei (194 miliardi più i cofinanziamenti e altri progetti). Esiste una differenza tra le «misure attivate», cioè gli investimenti finanziati in corso di esecuzione, e la fase di «concreta realizzazione», cioè la spesa realmente sostenuta. Solo nei primi sei mesi del 2024 sono stati spesi 8,5 miliardi di euro. Per la Corte dei conti italiana la cifra che dovrebbe essere spesa quest’anno dovrebbe aggirarsi intorno ai 43,2 miliardi di euro. Traguardo che sembra davvero difficile da raggiungere. Si può immaginare il resto. A rischio è il termine ultimativo di giugno 2026.

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I ritardi possono aumentare. Ciò rischia di comportare il trasferimento delle deleghe di Fitto a Palazzo Chigi in attesa che Meloni nomini un’intelligenza di pari livello. Paradossalmente il Fitto-Vicepresidente europeo si potrebbe trovare tra meno di due anni nella posizione di chiedere indietro i fondi del Pnrr e, così facendo, smentirebbe l’operato del Fitto-Ministro, cioè di se stesso.

Non tarderà ad emergere l’idea che Fitto sia stato messo a una vicepresidenza tutto sommato secondaria per discutere, in tempi più propizi, ciò che sta a cuore del ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti: lo spostamento del termine della spesa dei fondi oltre giugno 2026. Ora l’argomento è tabù. Ma si fa sempre a tempo a salvare capre e cavoli.

Va detto che la grana del Pnrr non è responsabilità del solo Fitto. È una delle conseguenze della logica del progetto concepito con Bruxelles dal governo Conte 2, da quello Draghi e condivisa anche da quello Meloni. Tutti hanno ritenuto che un paese incapace strutturalmente di spendere i fondi ordinari europei sia in grado di fare un miracolo in pochi anni. Ma di questo non si discute. Il Pnrr è il Sacro Graal, partorito da una mente geniale, cercato in tutto il mondo. Più che un premio alla carriera dell’eccellenza pugliese Fitto, o all’operato del suo governo, quello di Von Der Leyen è l’impegno a mantenere una finzione per di più nella mancanza di trasparenza dei dati e di partecipazione democratica come è stato più volte denunciato.

Per avere un’idea più precisa di cosa abbia lasciato Fitto in Italia si può leggere il rapporto di Openpolis e del Forum del Terzo Settore del 12 settembre. Dopo la revisione del Pnrr sono state tagliate risorse ai Piani Urbani Integrati per il miglioramento delle periferie (meno 1,6 miliardi di euro), agli interventi di rigenerazione urbana per contrastare emarginazione e il degrado sociale (meno 1,3 miliardi), agli investimenti per asili nido e scuole dell’infanzia (meno 1,4 miliardi). Fitto ha promesso il ricorso ad altre risorse per bilanciare il definanziamento, Ma non c’è ancora chiarezza su come ciò potrà avvenire senza ridurre l’investimento per altri interventi previsti. «I tempi di realizzazione del Piano stringono e già hanno portato il governo a posticipare diverse scadenze, anche in ambiti sociali» ha ricordato Vanessa Pallucchi del Forum Terzo Settore.

Interessanti sono state le riflessioni fatte ieri dal presidente dell’Ordine dei medici di Roma, Antonio Magi: «Abbiamo strutture, attrezzature, apparecchiature e digitalizzazione finanziati in conto capitale. Dobbiamo prepararci alla spesa sociale». Ci vorranno soldi extra-Pnrr per il personale e la manutenzione che però oggi non ci sono. Arriveranno con il contagocce. Un altro paradosso: si finanziano investimenti e si impedirà la spesa sociale con il nuovo patto di stabilità.

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