Economia

Un altro condono per raschiare il fondo del barile

Un altro condono per raschiare il fondo del barileIl ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni – LaPresse

Il caso Alla ricerca di fondi per finanziare una manovra complicata la maggioranza prospetta l’allargamento del concordato fiscale. Le opposizioni: «Litigano su extraprofitti e detrazioni, sono senza idee». Oggi il Consiglio dei ministri vara il "Piano strutturale del bilancio": un primo passo per la legge di bilancio

Pubblicato 19 giorni faEdizione del 17 settembre 2024

Anche se manca poco alla fine dell’estate, sulla legge di bilancio continuano a spuntare i titoli da ombrellone. La maggioranza litiga su temi a caso per sollevare il consueto polverone: dagli extraprofitti alle detrazioni per i figli. Senza avere ancora stabilito il «Piano strutturale di bilancio». Sarà presentato oggi. La sua prima versione forse fornirà una traccia del perimetro pluriennale entro il quale dovrà razzolare il pollaio, Dato che i soldi saranno sempre meno, e le politiche economiche continueranno a essere dirette come un drone da Bruxelles, si è pensato di raschiare il barile e immaginare un nuovo condono fiscale.

UNA RICHIESTA di allargare il perimetro del «concordato preventivo biennale» già previsto è spuntata ieri. La proposta è contenuta in un emendamento a un «decreto omnibus» in discussione alla Commissione Finanze del Senato. L’hanno presentata Fratelli d’Italia (Fausto Orsomarso), Lega (Massimo Garavaglia) e Forza Italia (Dario Damiani). Si intende creare un nuovo tipo di ravvedimento fiscale speciale per cinque anni: dal 2018 al 2023, e nello specifico per gli anni del lockdown per Covid, il 2020 e il 2021.

IL CONCORDATO PREVENTIVO da cui il governo attende entro il 31 ottobre nuove entrate riguarda invece solo il biennio 2024-2025. Ai contribuenti che sceglieranno di aderire potrebbe essere concessa un’altra opportunità per il pregresso: pagare una sanzione sulla base dell’incremento del reddito dichiarato. Il testo sarà discusso in Commissione questa settimana, ma il suo destino non è scontato. In compenso ha già sollevato le critiche delle opposizioni.

«DOPO BEN DUE DECRETI correttivi, per rendere ancora più ‘attrattivo’ il concordato preventivo, la destra dei condoni supera sé stessa e punta ad introdurre una sanatoria nella sanatoria che grida vendetta» ha denunciato Antonio Misiani (Pd). «Chi ci rimette sono i contribuenti onesti» ha osservato il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia. Per Gianmauro Dell’Odio dei Cinque Stelle i risultati di un simile concordato «osceno» saranno deludenti, la misura è fallimentare e il governo alimenta «inutili guerre tra i contribuenti e alimenta distorsioni nel sistema fiscale». Per Tino Magni di Alleanza Verdi Sinistra «ormai siamo al condono del condono».

IL PROBLEMA evidenziato dalle opposizioni è duplice: con la nuova eventuale «sanatoria» – che andrebbe ad aggiungersi alle più di dieci già fatte su vari capitoli in questa legislatura – il governo cerca di finanziare la riforma fiscale prevista da una legge delega per la quale sta cercando anche quest’anno le risorse. Inoltre la maggioranza ipotizza che sia sufficiente promettere uno sconto su una sanzione leggera per spingere contribuenti che praticano l’elusione o l’evasione fiscale a dichiarare quanto hanno omesso. Servirebbe, ad avviso delle opposizioni, un rafforzamento dei controlli.

PIÙ VOLTE IL MINISTRO dell’economia Giancarlo Giorgetti, e il suo vice Maurizio Leo, hanno evidenziato il «buon andamento delle entrate fiscali». Ciò potrebbe permettere di raccogliere più risorse per finanziare le voci di una manovra che si annuncia pari a 25 miliardi di euro, anche se sono in molti a prevedere che siano di più. Da questa speranza dipenderà anche l’anticipazione di un altro bonus da 100 euro – battezzato «befana» perché è stato rinviato a gennaio 2025 per carenza di coperture. Leo ha di recente sostenuto che il bonus potrebbe anche essere anticipato con le tredicesime se sarà confermato il flusso delle entrate. L’aleatorietà di questi discorsi lascia intendere quanto sia complicato quell’esercizio ragionieristico chiamato «manovra».

I BONUS SONO LA CROCE E LA DELIZIA di ogni governo, compreso quello Meloni. Solo qualche giorno fa la presidente del consiglio aveva annunciato: «Basta bonus». Bonus che non scompariranno, a cominciare da quello più grande: il taglio del cuneo fiscale che andrà rifinanziato un’altra volta con 10 miliardi di euro. La ricerca delle risorse in presenza di un irrigidimento delle regole di bilancio prospettato dal ritorno del “patto di stabilità” europeo ha spinto quest’estate a riscoprire un grande classico di ogni manovra: la rimodulazione delle agevolazioni fiscali.

NELL’ULTIMO RAPPORTO ANNUALE sulle spese fiscali redatto dal ministero dell’Economia, riferito al 2023, risulta che tra sconti fiscali erariali (625) e agevolazioni locali (114), le voci interessate ammontano complessivamente a 739, per un minor gettito pari a 125,6 miliardi (82 miliardi erariali e 43,6 locali). Si potrebbe iniziare dalle spese per i figli (scuola, libri, mensa, sport), ma il beneficio non raggiungerebbe i nuclei a più basso reddito che sono incapienti. C’è l’ipotesi di aumentare l’assegno unico ma c’è il problema della procedura di infrazione Ue sui requisiti per i lavoratori Ue con i figli all’estero. 

PIU’ CHE “RIMODULARE”, il governo dovrà trovare decidere se rifinanziare, entro il 31 dicembre, i bonus in scadenza: dall’Ecobonus al Sismabonus o al Bonus mobili ed elettrodomestici.Ci sono anche misure investite di una certa importanza come la carta «Dedicata a te» per i poveri, il bonus Mamme disoccupate, quello per le Bollette (tlc, acqua, energia), bonus Psicologo, bonus Asilo Nido, Carta Cultura e Carta del merito, Bonus animali domestici. 

NON SARA’ FACILE risolvere il rompicapo. Il primo passo sarà fatto dal consiglio dei ministri convocato stamattina che varerà una versione del «Piano strutturale di bilancio» (Psb) considerato il primo passo della legge di bilancio prevista dalle nuove regole del patto di stabilità e crescita che entrano in vigore nel 2025. Pian piano il governo dovrà dire alla Commissione Europea come intende ridurre il debito pubblico che veleggia verso il 140% del Pil e raggiungere l’1,5% del rapporto tra deficit e pil (oggi al 4,4%, nel 2025 al 4,7%). Per questa ragione Bruxelles ha sottoposto l’Italia a una procedura di infrazione per deficit eccessivo. Il deficit va tagliato dello 0,5% ogni anno: 10 miliardi all’anno.

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