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«Bilancio e autonomia, turbolenze a destra»

«Bilancio e autonomia, turbolenze a destra»Matteo Ricci – Ansa

L'intervista L’europarlamentare Pd Matteo Ricci, «Renzi e Draghi non sono divisivi, il centro serve e il pacifismo deve essere pragmatico»

Pubblicato 2 mesi faEdizione del 15 settembre 2024

Matteo Ricci, europarlamentare del Pd e ex sindaco di Pesaro, a che punto è la discussione sulla nomina di Fitto nel suo partito? Da una parte vi accusano di non fare l’interessa del paese, dall’altra di rompere l’unità dei socialisti europei
La vera contraddizione è di Giorgia Meloni che invece di fare il capo del governo ha fatto il capo del suo partito e ha votato contro la Von der Leyen e adesso ne paga le conseguenze: ha isolato l’Italia ed è stata scavalcata a destra dai patrioti. In questo momento c’è un negoziato in corso ma è evidente che o Fitto giurerà fedeltà all’europeismo e sposa il programma sottoscritto da popolari, socialisti, verdi e liberali o non potrà fare il commissario. Noi di certo lo incalzeremo sulla coerenza

Intanto nel campo largo la stagione dei veti incrociati non è finita. Lei è artefice del ritorno di Renzi alla festa dell’Unità
Nel nuovo centrosinistra ci deve stare. Il Pd deve rafforzare l’alleanza con i Cinquestelle e ovviamente sperare che Conte mantenga la leadership del Movimento, perché una scissione o un cambio di leader sarebbe difficilmente compatibile con noi. Poi quella con Avs che ha avuto un ottimo risultato alle europee ma dobbiamo anche allearci con una forza di centro. Alla festa di Pesaro ho detto in maniera molto franca a Renzi che non ha in questo momento il consenso per guidare quella forza, ma ha l’intelligenza politica promuoverne la nascita.

Perché è convinto che questa operazione porti vantaggi? Per gli altri alleati l’eredità del renzismo tra Jobs Act e Buona Scuola potrebbe essere difficile da sopportare
È fondamentale la costruzione di un centro moderato per contenderlo a Forza Italia che si è salvata dopo la morte del fondatore e sulla quale sono tornati gli investimenti della famiglia Berlusconi. Nel campo del centrosinistra c’è bisogno di una forza di centro liberale che tenga l’elettorato moderato a sinistra, può valere circa 2 milioni di voti, l’8 per cento. Non c’è alternativa all’unità: non vorremmo mica riproporci alle prossime elezioni politiche divisi come nel 2022 e continuare a regalare il Paese alle destre. Il centrodestra in Italia ha sempre avuto tra il 40 e il 45% e siccome abbiamo detto che la prossima volta torneremo al governo solo dopo aver vinto le elezioni, dobbiamo attrezzare un nuovo centrosinistra indiscutibilmente a guida Pd.

Anche il Pd ha necessità di trovare la sintesi su alcune materie
Dovremo lavorare molto per farlo diventare il primo partito italiano, sia sul piano organizzativo, non ancora sufficientemente moderno, che su quello culturale. Poi troveremo gradualmente i punti sui quali costruire un programma comune con gli altri, per esempio intorno all’europeismo, all’esigenza di investimenti pubblici come ha sollecitato Draghi, alla lotta al cambiamento climatico, al sostegno alla sanità, alla scuola pubblica, al welfare.

Sicuro che il report di Draghi sia un elemento unificante e non diviso? Ha parlato di economia di guerra.
È sicuramente una spinta a continuare sulla strada degli investimenti pubblici e del Next Generation Eu con indebitamento europeo costante. E poi è una spinta a togliere il diritto di veto del singolo Paese.

Rimane però il nodo della politica estera e dei conflitti: durante la festa di Avs Conte e Magi hanno avuto un battibecco sulle guerre e nello stesso Pd convivono diverse posizioni
Dobbiamo avere un pacifismo pragmatico: continuare ad aiutare l’Ucraina perché altrimenti non ci sarà pace ma resa, al tempo stesso serve una grande azione diplomatica da parte dell’Europa che fino ad oggi è mancata, altrimenti questa escalation militare diventa incontrollabile. La pace si fa con il nemico.

Il primo ministro a dimettersi dal governo lo ha fatto per uno scandalo
La vicenda San Giuliano è stata una telenovela indecente ma esplicativa del carattere di questo governo che pur di occupare tutti luoghi di potere possibili mette persone mediocri. E poi dimostra l’atteggiamento autoritario verso l’informazione: spediscono San Giuliano in tv per recitare una farsa ma addirittura si infastidiscono se una rete privata come Mediaset ospita l’intervista di Boccia.

Non si può però sperare che i ministri si dimettano da soli. Alcuni provvedimenti impongono anche una forte opposizione politica, può bastare il “tutti contro Meloni”?
In autunno ci saranno diverse turbolenze. La prima arriverà dalla legge di Bilancio: Giorgetti è disperatamente alla ricerca di risorse, mancano 20 miliardi. Non avranno soldi per la sanità che è in crisi in tutta Italia e per l’emergenza casa, rischiano anche di toccare le pensioni. Noi dobbiamo prestarci non solo a fare una grande opposizione, ma anche a costruire una legge di bilancio alternativa. E poi c’è il referendum contro l’autonomia differenziata che rischia di essere un boomerang per il governo. La contrarietà a progetto di Calderoli è uscita dal confine del centrosinistra, non c’è solo l’opposizione dei sindacati e di tante associazioni, ma anche quella dei vescovi italiani, di Comunione e Liberazione e di tanti amministratori di centrodestra. Questo può spingere la partecipazione al voto, farci raggiungere il quorum e di conseguenza segnare un punto micidiale anche nella battaglia politica contro il governo.

Fra poco ci saranno le elezioni regionali, il suo nome è in ballo per le Marche.
Ancora non sappiamo quando si voterà. In tanti mi stanno chiedendo di impegnarmi in questa battaglia ma questo non è il momento di pensare ai candidati ma fare un’opposizione più efficace ad una destra che nella mia regione ha fatto danni incalcolabili. Di certo mi sto impegnando molto per aiutare il mio partito a costruire una alternativa

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