Pnrr in alto mare tra ritardi, modifiche e giustificazioni
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Pnrr in alto mare tra ritardi, modifiche e giustificazioni

Rivisti 10 obiettivi della quarta rata, d’accordo con la Ue. Mentre la terza ancora non si vede. Fitto nega l’evidenza e sembra Belushi
Pubblicato più di un anno faEdizione del 12 luglio 2023

A forza di inanellare giustificazioni per i ritardi del Pnrr il ministro Fitto finisce per ricordare il John Belushi dei Blues Brothers. È che noi abbiamo preso un sacco di soldi, quasi 250 miliardi, mica una ventina come la Germania. È che la famosa terza rata, quei 19 miliardi che stanno per arrivare dal 28 febbraio però arrivati non sono, era legata non a leggi da varare, lavoretto facile, ma a opere reali da mettere a terra: vuoi mettere? Poi, non per fare polemica, ma quei progetti irrealizzati mica li avevamo decisi noi: parlatene con Draghi.

MA SOPRATTUTTO chi l’ha detto che ci sono ritardi: «Non ho ancora sentito riferimenti precisi a un ritardo oggettivo imputabile a noi. Siamo fra i tre soli Paesi che hanno chiesto la terza rata e quando chiederemo la quarta saremo gli unici ad averlo fatto. E saremmo noi in ritardo?», insiste Fitto. Quando poi il responsabile del Piano nega ogni riferimento all’Italia in quella frase pronunciata 24 ore prima dal commissario Gentiloni, «Ci sono differenze nel ritmo di attuazione dei piani nazionali che stanno diventando più evidenti», anche i meglio disposti rabbrividiscono.

Meloni venga a spiegare in Parlamento. Non possiamo perdere il Pnrr perché il governo passa il tempo a difendere Santanchè, La Russa e DelmastroElly Schlein

Quando si nega l’evidenza è segno che la situazione è grave: in generale e nel particolare della quarta rata del Recovery, 16 miliardi per 27 obiettivi che si sarebbero dovuti realizzare entro il 30 giugno anche se il ministro giura che quella era solo «una data indicativa». Con sul groppone l’esperienza della terza rata ancora in sospeso, stavolta Roma e Bruxelles hanno cambiato metodo: le proposte di modifica degli obiettivi, concordate con la Commissione, sono state avanzate prima di chiedere la rata. La cabina di regia volante, venti minuti appena, è stata convocata proprio perché lunedì è arrivato l’ok di Bruxelles a 10 proposte di modifica, che la cabina ha approvato e che saranno inoltrate ora alla Commissione. Alcune sono ridicole formalità, come il nome degli studi cinematografici di Roma. Altre però sono corpose: gli asili nido, le colonnine elettriche, un progetto satellitare.

UNA VOLTA ESAMINATE le proposte di modifica, l’Italia chiederà la rata e la chiederà tutta garantisce il ministro responsabile dopo settimane di voci sulla possibile rinuncia a una parte dei fondi. Ma sui tempi non c’è certezza. «In questo modo, saranno molto meno lunghi», assicura Fitto che però mette anche le mani avanti: «Non significa che non debbano esserci verifiche». Conclusione: non si può essere certi che quei 16 miliardi già messi in bilancio arrivino entro l’anno. Il rischio che slittino sino alla prossima primavera resta. Il ministro dell’Economia Giorgetti garantisce che in ogni caso i soldi per compensare l’eventuale buco si troveranno, ma certo contento non sarebbe.

Neppure della terza rata ancora ballerina Giorgetti può essere contento. Fitto minimizza: «Siamo in fase di verifica di alcuni dettagli con le autorità europee». Il giorno prima Gentiloni era stato più ruvido, «La Commissione non procederà mai a un esborso prima di aver verificato gli obiettivi», pur giurando che la «valutazione molto approfondita» si concluderà fra breve. Però sono mesi che la conclusione a breve, in qualche caso addirittura «questione di ore», viene attesa invano. Potrebbe essere la volta buona. Potrebbe anche non esserlo.

IL PROBLEMA VERO però non sono le rate, anche se l’eventuale buco nel bilancio sarebbe un guaio, «gestibile» come dice Giorgetti ma pur sempre guaio. Il problema è quella rimodulazione complessiva che dovrebbe essere pronta per il 31 agosto, data confermata anche ieri, e che difficilmente lo sarà. Quella data è comunque vicina ma nel calendario della politica, con la pausa estiva di mezzo, è dietro l’angolo. Elly Schlein chiede a Fitto di riferire in aula, accusa il governo di buttare alle ortiche «un’occasione storica perché troppo occupato a difendere Santanchè, La Russa e Delmastro». Il prossimo passaggio di Fitto in Parlamento è già in calendario il 18 luglio, per il rapporto semestrale sul Piano: come nelle precedenti occasioni sarà una sceneggiata. Con la rimodulazione del Piano entro agosto le cose saranno però per forza più drammatiche. Sempre che Bruxelles non accetti di chiudere un occhio su quella data.

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