«Oggi mio figlio mi ha chiamata e mi ha detto che stanno tenendo i detenuti chiusi nelle celle quasi 24 ore su 24 (forse un’ora o due d’aria ma non so nemmeno se vengono rispettate quelle). Con 50 gradi e senza ventilatori stanotte mio figlio (che soffre di asma e sta facendo aerosol e prendendo antibiotico) si è sentito male e nessuno gli ha aperto. La situazione è al limite, bisogna fare qualcosa». È la testimonianza della mamma di un ragazzo che si è rivolta ad Antigone.

Le carceri scoppiano con un tasso di affollamento superiore al 130% e circa 14 mila persone in più rispetto ai posti letto regolamentari. In ben 56 prigioni il tasso di affollamento supera addirittura il 150%. E per la prima volta anche gli Istituti penali per minori sono sovraffollati. 555 ragazzi (erano 406 a giugno 2023) per 514 posti ufficiali. Non sarà il piano carceri evocato dal ministro Nordio a risolvere il problema. Nella storia italiana i piani edilizi hanno lasciato in eredità inchieste e condanne anziché nuove strutture. Così come evocare il trasferimento dei detenuti stranieri all’estero è pura propaganda.

Il sovraffollamento determina condizioni di vita degradate: igiene a rischio, diritti negati, stress. Nonostante l’ammassamento di persone costrette a vivere in celle con letti a tre piani, il sistema penitenziario è tornato a essere tragicamente chiuso. L’ideologia securitaria ha prevalso e i detenuti, dopo che è stata cancellata ogni forma moderna di sorveglianza dinamica, sono costretti a trascorrere lunghissima parte della giornata in celle affollate, calde, senza spazio vitale.

Il sistema delle celle chiuse, voluto da alcuni sindacati di polizia penitenziaria, ha peggiorato per tutti, personale compreso, la vita in galera. È stato un moltiplicatore di sofferenze e violenze. 58 suicidi nel 2024. Una persona che si è lasciata morire dopo un lunghissimo sciopero della fame. E ben due omicidi fra detenuti, più quasi un terzo a Regina Coeli. Il sistema delle celle chiuse è inumano, fa male alla salute psichica delle persone ed è criminogeno.

Antigone, nel suo dossier, ha raccontato un luglio caldo fatto di proteste, morti, assenza di acqua calda, igiene mancante, infestazione da cimici, assenza di luce naturale e di ogni forma di refrigerazione. Non dappertutto, fortunatamente. Purtroppo, però, in troppe galere la vita è sotto ogni standard di decenza. Agosto è alle porte. Arriva tutti gli anni. Non è una calamità naturale imprevedibile.

Spesso ci si domanda, perché il sovraffollamento? Sono aumentati i delitti in Italia? La risposta è no. Gli omicidi sono ancora in calo nel primo semestre del 2024 rispetto al periodo corrispondente del 2023. I detenuti crescono perché i giudici tendono a infliggere pene più lunghe, perché non si esce facilmente dal carcere, perché è stato un anno governativo nel segno di un’ondata repressiva mai vista: ben 18 nuove fattispecie di reato introdotte dal governo Meloni.

Sono misure che colpiscono prevalentemente le fasce di popolazione più vulnerabili. Dall’altra parte, il decreto legge carceri, propagandato come misura di umanità, è del tutto inadeguato. Invece, il nuovo pacchetto sicurezza, in discussione alla Camera, produrrà danni letali al sistema penitenziario e allo Stato di diritto.

Ben diverse le proposte di Antigone: aumentare gli sconti di pena; depenalizzare e decarcerizzare la vita dei tossicodipendenti; prevedere che si possa entrare in carcere solo se è assicurato lo spazio vitale; consentire telefonate quotidiane; ritornare al sistema a celle aperte durante il giorno; modernizzare la vita penitenziaria consentendo di collegarsi, con le dovute cautele, alla rete; assumere operatori sociali; favorire la presenza del volontariato; moltiplicare la presenza di etno-psichiatri e medici; far trascorrere la notte ai semiliberi fuori dal carcere; chiudere le sezioni di isolamento; trasformare le sezioni nuovi giunti in sezioni di qualificata accoglienza; formare nuclei di poliziotti, educatori e medici capaci di gestire insieme i casi difficili. Sulla base di queste proposte, sarebbe importante che i parlamentari si rechino in carcere perché, come scriveva Pietro Calamandrei all’indomani della caduta del fascismo, «bisogna avere visto».

*Presidente di Antigone