All’uscita del primo incontro fra Piero Fassino e Giuliano Pisapia, a Milano, l’entusiasmo dei due è tale che più tardi l’ex sindaco dovrà ridimensionare, ammettendo di non aver portato a casa niente di concreto, per ora: «Incontro molto positivo, ora bisogna lavorare. Abbiamo fatto delle richieste pubblicamente, la prossima o forse già questa settimana inizierà un percorso comune programmatico ma non solo. Il nuovo centrosinistra e la possibilità di cambiare il Paese parte già dalla legge finanziaria, già lì bisogna dare un segnale forte di un cambio di rotta».

All’Auditorium di Milano, poco prima di partecipare al lancio della candidatura di Giorgio Gori alla presidenza della Lombardia, Fassino e il vicesegretario Pd Maurizio Martina si vedono con Pisapia accompagnato da Bruno Tabacci e Luigi Manconi. All’uscita, un Fassino raggiante parla di «significativo passo avanti». Pisapia pone qualche condizione per non perdere la faccia dopo un anno di minuetti e andirivieni, ma soprattutto invoca un protettore doc per la sua spericolata operazione di riavvicinamento a Renzi: è Romano Prodi, che chiede come «garante dell’accordo, se si farà come molti auspicano una coalizione ampia e aperta». Fassino ha incontrato il professore il giorno prima a Bologna e dice di aver ottenuto la sua benedizione. Pisapia pure: «Questa mattina mi ha chiamato il professore Prodi per dirmi di andare avanti nel tentativo di unire il centrosinistra», riferisce. Il nome di Prodi fa male soprattutto a Bersani e ai fan del ’centrosinistra senza il Pd’. Il fondatore dell’Ulivo lascia fare, ma chi ci ha parlato lo descrive convinto che comunque vada sarà un mezzo disastro per il Pd e la sua tardiva coalizione formato bonsai. Ieri mattina ha fatto anche una telefonata a Piero Grasso. Ma in serata in serata il suo ufficio stampa detta una nota che di fatto ritira il patrocinio all’operazione Renzi-Pisapia: «Non vi sarà nessuna lista intestata a Romano Prodi o all’Ulivo», il professore si preoccupa di «allargare e tenere insieme un campo largo di centro sinistra» e questo è «il senso» degli abboccamenti di questi giorni e anche di «un lungo e cordiale colloquio con Renzi» prima di partire per gli Usa.
Pisapia comunque è tornato al fianco di Renzi, da dove era partito alla vigilia del referendum di dicembre scorso. Resta da capire se la presidente Laura Boldrini lo seguirà. Da Campo progressista Massimiliano Smeriglio avverte che restano alcuni «ostacoli», «sulle politiche economiche, del lavoro, dei redditi», e che va chiarito «lo schema di gioco: non è possibile il modello Biancaneve e i sette nani», «bisogna lavorare per accorpare tutte le forze progressiste, ambientaliste, di sinistra in un unico contenitore»». Ma anche su questo il Pd è d’accordo: lo schema dell’alleanza e a tre. Lista dem, centristi e listone civico-ambientalista-radicale.

Su ius soli e biotestamento gli impegni sono vaghi. Quanto a Alfano («mai con Alfano» era la condizione che l’ex sindaco ha messo dall’inizio) gli incontri di Lorenzo Guerini con i centristi lasciano intendere che sarà la ministra Lorenzin a fare da capofila di una lista con Casini e Dellai, con il ministro degli esteri ormai nelle retrovie dopo il disastro siciliano. La prossima settimana gli incontri tra ’tecnici’ alla camera si occuperanno di definire gli emendamenti alla manovra che Pisapia potrà sbandierare come vittorie. Resta da capire quanti deputati, della quindicina della sua area nel gruppo di Mdp, lo seguiranno votando sì alla manovra.

Mdp voterà di certo no. Da questa parte del campo l’alleanza con il Pd era esclusa in partenza. E il trio Speranza-Fratoianni-Civati, fautori della lista di sinistra, stanno mandando per le lunghe anche l’incontro con Fassino. Ieri Speranza anzi ha ribadito le condizioni per l’alleanza, irricevibili per il Pd: «Allargare la platea di chi può andare in pensione prima dei 67 anni; approvare la nostra proposta di ripristino dell’art.18. E l’abolizione del superticket».

Mdp e Sinistra italiana oggi riuniscono le loro assemblee nazionali per discutere (leggasi approvare) la carta di intenti della lista unitaria. La road map dei due partiti prevede per il prossimo week end assemblee unitarie sui territori per eleggere i delegati all’assemblea finale, spostata dal 2 al 3 dicembre (per dare man forte al corteo Cgil). Quel giorno la lista dovrebbe nascere ufficialmente.
Ma c’è un colpo di scena. I civici Anna Falcone e Tomaso Montanari rispondendo a un appello pubblicato dal manifesto (firmato fra gli altri da Luciana Castellina, Salvatore Settis, Sandra Bonsanti, Luigi Ferrajoli,Sergio Cofferati e Piero Bevilacqua) si dichiarano pronti a far ripartire il Brancaccio in direzione di una lista comune: o rimandando l’assemblea del 3, oppure «non costruendola per delegati, bensì aprendola a tutto il popolo della sinistra, in un grande evento democratico le cui decisioni finali nessuno possa predeterminare in anticipo». Si attende per oggi la risposta dai palchi dei due partiti.