Pisa, i vigili scortano le armi verso Camp Darby
Economia di guerra Almeno sette viaggi a settembre senza alcuna comunicazione. La denuncia di Diritti in Comune con Ciccio Auletta, il silenzio del sindaco leghista Conti che anzi minaccia l'articolo 262 del codice penale. Gli attivisti no war: "Pronti al 'tir stopping' per fermare i convogli verso la base militare Usa"
Economia di guerra Almeno sette viaggi a settembre senza alcuna comunicazione. La denuncia di Diritti in Comune con Ciccio Auletta, il silenzio del sindaco leghista Conti che anzi minaccia l'articolo 262 del codice penale. Gli attivisti no war: "Pronti al 'tir stopping' per fermare i convogli verso la base militare Usa"
Dal “train stopping” messo in pratica all’inizio del secolo durante la seconda guerra del Golfo, al “tir stopping” per cercare di fermare gli automezzi militari che trasportano a Camp Darby materiale bellico proveniente dalle altre basi Usa nella penisola. E’ più che un’idea quella che sta animando le realtà politiche, sindacali e associative no war di Pisa, dopo la scoperta che a settembre sono state ben sette le comunicazioni del Comando logistico della Difesa all’amministrazione comunale, per trasporti su ferro e gomma al più grande polo logistico Usa del continente di stoccaggio e di smistamento di armamenti.
“Abbiamo trovato notizia di questi documenti sul protocollo del Comune – spiega il consigliere comunale Francesco ‘Ciccio’ Auletta – e nella stringa di registrazione non si specifica alcun livello di riservatezza”.
Eppure, al question time fatto nell’ultimo consiglio comunale dal gruppo di opposizione Diritti in Comune (Una città in Comune e Rifondazione comunista), che ha chiesto se la polizia municipale sia interessata alla scorta dei quantitativi di armi che sono in transito sul territorio pisano, il sindaco leghista Conti non ha risposto, invocando l’obbligo di riservatezza e richiamando l’articolo 262 del codice penale: “Chiunque rivela notizie, delle quali l’Autorità competente ha vietato la divulgazione, è punito con la reclusione non inferiore a tre anni. Se il fatto è commesso in tempo di guerra (…), la pena è della reclusione non inferiore a dieci anni”.
“Si tratta di un fatto inaudito – replica Auletta – a disporre e definire i servizi della polizia municipale è l’amministrazione comunale e non il Comando logistico della Difesa. Chi è che secreta l’eventuale coinvolgimento della polizia municipale? Per giunta in questi mesi il sindaco Conti aveva sempre detto che il Comune non era mai informato di questi trasporti. Ma non è così. Allora abbiamo chiesto di avere accesso a questi documenti, e che il question time resti iscritto all’ordine del giorno”.
Il silenzio della giunta di centrodestra quanto sta accadendo, in un territorio ad altissima concentrazione di insediamenti militari, ha subito portato l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università di Pisa a prendere posizione: “I cittadini devono restare in silenzio e non conoscere se e quando a pochi metri dalle loro case transiteranno ingenti quantitativi di armi. Una posizione inaccettabile. Esigere trasparenza è il minimo che possiamo fare. Ci venga detto se il nostro paese è in guerra, e quali siano le ragioni per le quali si invochi il codice penale davanti alla semplice richiesta di informazioni sui transiti di armi lungo i nostri territori”. Con posizione analoga sia il Comitato No Camp Darby che il sindacato di base Cub.
Di fronte allo storico nervo scoperto delle istituzioni rispetto ai trasporti e agli stoccaggi di materiali bellici nella base Usa, il non piccolo movimento no war cittadino pensa di opporsi anche materialmente: “Proveremo a bloccare questi mezzi con il nostro lavoro nelle istituzioni ma anche nelle piazze, come i portuali a Genova e i lavoratori dell’aeroporto civile a Pisa”.
In parallelo vanno avanti le ormai continue critiche al progetto, già finanziato con mezzo miliardo di euro dal governo Meloni, di realizzare una megabase dell’Arma dei carabinieri nel Parco di San Rossore. L’ultima presa di posizione è quella di 14 associazioni green che hanno lanciato una petizione (per firmare https:/ /chng.it/d8BNpGVPvv) contro quella che definiscono “una devastazione ambientale a tutti gli effetti”. Tra i sottoscrittori anche l’urbanista Pieruigi Cervellati, che ha coordinato la stesura del primo Piano territoriale del Parco, ex direttori di San Rossore, 56 tra docenti e ricercatori universitari, il meteorologo Luca Mercalli e l’archeologo Carlo Tozzi, il presidente provinciale dell’Arci, Mario Di Monte, e ancora Roberta De Monticelli e Alfonso Maurizio Iacono. “Si stima che debbano essere abbattute circa diecimila piante – è scritto nella petizione – il quadruplo delle 2.500 previste nell’accordo del settembre 2023 al tavolo interistituzionale. La distruzione di un ecosistema secolare”.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento