L’ormai consueta fumata nera sul futuro delle Acciaierie di Piombino ha portato comunque a scoprire alcune carte in quello che, a tutti gli effetti, è diventato un tavolo di poker. “L’incontro al ministero non ha portato alcun concreto avanzamento della discussione”, fanno sapere i sindacati metalmeccanici, da tempo ormai compatti. Al tempo stesso la Jsw Steel Italy, per bocca del suo proconsole toscano Marco Carrai, ha smentito le indiscrezioni sulla volontà di vendere.

Insomma Jindal vuol restare a Piombino, per mettere le mani sulla commessa decennale per la fornitura di rotaie a Rfi, per un valore complessivo di 2,4 miliardi di euro. Ma sia i sindacati che gli enti locali hanno ribattuto che, di fronte a un’azienda che ha fatto poco o nulla in quattro anni per far ripartire le Acciaierie, sarebbe un grave errore fidarsi a scatola chiusa di Jindal e Carrai.

Dopo la veloce chiusura dell’incontro al Mise, il segretario nazionale Fim Cisl, Valerio D’Alò, è esplicito: “Dopo anni di promesse disattese, l’unico obiettivo di Jsw è quello di portarsi a casa la commessa Rfi. Ed è chiara la voglia di realizzare l’addendum all’accordo di programma e poter avere la commessa, che porterebbe i soldi del Pnrr nelle mani di una multinazionale indiana senza alcuna ricaduta sul territorio. Anzi avrebbe come unico risultato quello di ingrassare i bilanci aziendali, restituendo a Piombino solo cassa integrazione e nessun investimento”.

Così Fiom &c. hanno chiesto al responsabile dei tavoli di crisi al Mise, Luca Annibaletti “di fare verifiche se esistono alternative al gruppo Jsw”. E hanno ribadito “la contrarietà dell’affidamento del contratto rotaie a un’azienda che ha dimostrato un atteggiamento predatorio e dilatorio”. Sulla stessa linea gli enti locali, che hanno criticato il metodo di gestione dell’addendum da parte del ministero guidato dal leghista Giorgetti, sottolineando poi che non firmeranno alcunché senza reali garanzie di investimenti, corposi, sia sui treni di laminazione che sull’ormai “mitico” forno elettrico.

Dal sindacato di base Usb infine un’osservazione pertinente: “Senza un tavolo permanente sulla siderurgia, che permetterebbe un intervento diretto dello Stato sul prezzo dell’energia e una strategia unica per contrastare la concorrenza estera puntando sulle società di Stato, difficilmente ci sarà un futuro per la siderurgia italiana e per Piombino”. Ma sia il tavolo che il piano nazionale della siderurgia, pur annunciati un anno fa dal Mise, sono rimasti lettera morta in questi dodici mesi.

E se anche Annibaletti ha ribadito che la sottoscrizione dell’addendum all’accordo di programma “potrà avvenire solo al termine di un confronto complessivo che comprenda gli investimenti programmati, e preveda una prospettiva per i lavoratori”, nessuno al momento può impedire a Jindal e Carrai di continuare a tirare la corda. Lasciando i 1.600 operai superstiti delle Acciaierie in una situazione kafkiana che va avanti da ben 14 anni.