Rivedere, accelerare, innovare. Aprendo la prima seduta del plenum del Consiglio superiore della magistratura, il neo vicepresidente Fabio Pinelli – avvocato padovano eletto dal parlamento su indicazione della Lega – ha annunciato grandi cambiamenti. Il vecchio Consiglio, ha detto, è uscito «ammaccato» a causa «dei noti fatti», cioè lo scandalo Palamara, ma adesso «l’emergenza è finita» e in linea con «i tempi ristretti di insediamento che il presidente della Repubblica ha voluto dettare», il nuovo Consiglio deve correre. Anche perché ha ereditato dal vecchio «una grave difficoltà funzionale». Un arretrato che sarà affrontato con ritmi accelerati nei prossimi tre mesi.

Ai consiglieri Pinelli ha proposto un calendario serrato fino al 30 aprile e i consiglieri lo hanno approvato all’unanimità e senza discussione. Anche perché «il comitato di presidenza (cioè Pinelli stesso e i due magistrati di Cassazione membri di diritto, ndr) prima di proporlo ha sentito il presidente della Repubblica e c’è piena condivisione». Salta dunque la tradizionale pausa mensile dei lavori, per novanta giorni «eliminiamo ogni soluzione di continuità nell’azione del Consiglio». Secondo Pinelli «la lentezza della giustizia sta anche nella lentezza delle nostre decisioni. Siamo in grande difficoltà». Il nuovo Csm deve decidere oltre cento nomine direttive negli uffici giudiziari (una parte delle quali risalenti al 2021) e circa 150 semidirettive. Più ci sono quasi trecento progetti organizzativi di tribunali e procure della Repubblica che attendono il visto consiliare. E infine quasi trecento pratiche di conferma dei capi degli uffici giudiziari – una procedure prevista ogni quattro anni – in alcuni casi pendenti dal 2015. «Il meccanismo salta se la verifica non è tempestiva», ha detto Pinelli. Per il quale in definitiva occorre «cambiare ritmo» da subito. Ma contemporaneamente, nei prossimi tre mesi, «rivedere la struttura e il funzionamento del Consiglio» sulla base di un progetto addirittura «costituente» che individui «gli snodi che provocano le inefficienze».

Ieri intanto il plenum ha risposto positivamente al ministro Nordio, che aveva chiesto la collocazione fuori ruolo di Luigi Birritteri, magistrato (anche lui della corrente di destra Mi) che era già stato in via Arenula ai tempi del ministro Alfano e torna adesso con l’incarico di guidare il dipartimento per gli affari di giustizia. Birritteri lascia la procura generale della Cassazione – pochi mesi fa aveva fallito la corsa al posto di avvocato generale, penalizzato dalla diffusione delle sue chat con Palamara -, ufficio dove pure le carenze di organico sono superiori al 20% dei posti. Ma il plenum del Csm ha comunque deciso di accogliere la richiesta del ministro all’unanimità. Sono così adesso oltre 220 i magistrati fuori ruolo – a proposito dei problemi della giustizia e della sua lentezza – anche se una cinquantina di questi non rientrano nel calcolo della quota massima prevista per legge di 200. La metà circa sono impiegati nel ministero della giustizia, gli altri negli organi di rilievo costituzionale ma non solo, persino in ambasciate o commissioni. Solo uno è fuori ruolo per incarico parlamentare o di governo, non avendo lasciato la magistratura. È il braccio destro di Giorgia Meloni, il sottosegretario Alfredo Mantovano.