Il consiglio d’amministrazione dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ingrana la marcia indietro sulla gratuità della pillola anticoncezionale. Dopo il via libera di due commissioni tecniche, l’organismo guidato da Giorgio Palù, medico vicino alla Lega, afferma che «non ci sono elementi per deliberare».

Secondo il Cda le commissioni «non hanno ancora elaborato precise indicazioni sulle fasce di età a cui concedere gratuitamente la pillola anticoncezionale, sulle modalità di distribuzione e sui costi per il Sistema Sanitario Nazionale nei vari scenari di adozione della rimborsabilità».

In realtà ad aprile scorso l’ok alla somministrazione gratuita era stato dato per tutte le donne, stimando un peso economico di circa 140 milioni annui. Una cifra che il Ssn è n grado di coprire.
Il Cda, invece, ha fatto un passo indietro chiedendo se l’anticoncenzionale orale debba essere rimborsato a tutte le donne in età fertile, a quelle che hanno problemi economici o soltanto alle giovani nella fascia d’età tra i 19 e i 26 anni. La mancanza di questi elementi informativi renderebbe impossibile prendere una decisione. Anche perché le coperture economiche richieste dipenderebbero dai diversi scenari.

Lo stop non è una sorpresa perché nel consiglio di amministrazione dell’agenzia la maggioranza è in mano alla destra. E questa ogni volta che può strizza l’occhio ai Pro Life, contrari non solo all’aborto ma persino alla pillola anticoncenziale. «Va nella direzione opposta rispetto al problema della denatalità», aveva dichiarato Massimo Gandolfini del Family Day. Esplicitando come il vero problema non sia la tutela del feto, ma il controllo del corpo delle donne, delle loro scelte e della possibilità di autodeterminarsi. Magari in nome dei problemi democratici che affronta la nazione.

Di fatto la decisione di ieri è uno stratagemma per affossare definitivamente il percorso verso la gratuità della pillola su tutto il territorio nazionale (al momento è tale per le under 26 solo nelle regioni di Emilia-Romagna e Toscana e prossimamente lo sarà anche nel Lazio). L’iter, infatti, dovrà ricominciare da capo: gli organi tecnici dovranno confrontarsi di nuovo con le regioni. Questi, però, decadranno a giugno, come previsto dalla riforma dell’agenzia attualmente in corso.

Ancora una volta, quindi, un diritto garantito in diversi altri paesi europei rischia di essere rimandato per le donne italiane, che dovranno continuare a pagare di tasca propria la pillola. Per chi può permetterselo, ovviamente.