Piccoli comuni, una legge attesa per 10 milioni di cittadini
La legge sui piccoli comuni è un’idea di Paese che fa delle comunità e della bellezza la chiave del futuro: una crescita che punta sulla coesione, coniugando storia, cultura e saperi tradizionali […]
La legge sui piccoli comuni è un’idea di Paese che fa delle comunità e della bellezza la chiave del futuro: una crescita che punta sulla coesione, coniugando storia, cultura e saperi tradizionali […]
La legge sui piccoli comuni è un’idea di Paese che fa delle comunità e della bellezza la chiave del futuro: una crescita che punta sulla coesione, coniugando storia, cultura e saperi tradizionali con le nuove tecnologie, la green economy.
È questa l’Italia a cui si rivolge il provvedimento che il Senato ha finalmente approvato all’unanimità.
Il testo è nato a partire da una mia proposta di legge cui si è collegata quella della collega Patrizia Terzoni ed ha avuto come relatori i colleghi Enrico Borghi, Tino Iannuzzi e Antonio Misiani alla Camera e il collega Stefano Vaccari al Senato. Per ben tre volte, nelle passate legislature, questa legge è stata varata dalla Camera.
Nei nostri 5.567 borghi vivono oltre 10 milioni di persone e almeno altrettante ne provengono o li frequentano, mantenendo con essi relazioni affettive.
Non vanno considerati un peso per il nostro Paese ma una straordinaria occasione per difendere la nostra identità e affrontare il futuro a partire dai nostri talenti. Le misure previste nella legge non servono solo a conservare, ma a lanciare una sfida per nuove forme di economia, puntando sulla banda larga, sul riuso del patrimonio urbanistico dismesso, su innovazione e qualità, tutti fattori che rendono più competitivo il tessuto produttivo.
L’importanza dei Piccoli Comuni, del resto, si è vista anche nel terremoto con il ruolo fondamentale per la tenuta delle comunità svolto da tanti sindaci.
E’ qui che si producono il 93% delle nostre Dop e Igp, il 79% dei nostri vini più pregiati, ma anche tanta parte di quel made in Italy apprezzato dappertutto. Si può competere in un mondo globalizzato se si mantengono solide radici: si risponde alla crisi producendo qualità e bellezza, rafforzando, allo stesso tempo, quel senso di identità che aiuta ad essere protagonisti.
La legge interviene sulla tutela dell’ambiente e dei beni culturali, la riqualificazione dei centri storici, aiuta a contrastare la rarefazione di servizi essenziali come scuole, presidi sanitari, uffici postali. Viene data priorità alla manutenzione del territorio, all’efficientamento energetico del patrimonio edilizio pubblico. Si promuovono le produzioni agroalimentari a filiera corta e le infrastrutture tecnologiche.
I Piccoli comuni potranno acquisire, con procedure semplificate, case cantoniere e tratti di ferrovie dismesse per attività di protezione civile, volontariato, mobilità dolce e turismo sostenibile. Per le risorse economiche ci sono 100 milioni di euro da destinare, nei prossimi anni, a quelli in maggiore difficoltà.
Nel 2002, in occasione di «Voler Bene all’Italia», la Festa nazionale dei piccoli comuni promossa da Legambiente, e dell’approdo in Parlamento per la prima volta della legge, il Presidente Ciampi mi inviò un messaggio che ancor più oggi è di assoluta attualità: «Questi borghi, questi paesi rappresentano un presidio di civiltà. Sono parte integrante, costitutiva della nostra identità, della nostra Patria. Possono essere un luogo adatto alle iniziative di giovani imprenditori. L’informatica e le tecnologie possono favorire questo processo. Può diventare anche questa grande avventura un’opportunità da cogliere». Un’occasione per l’Italia di fare l’Italia.
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