«Pestaggio a Venezia», detenuto in rianimazione
Carcere Ancora un suicidio a Prato, è il ventunesimo dall'inizio dell'anno.
Carcere Ancora un suicidio a Prato, è il ventunesimo dall'inizio dell'anno.
«Lesioni da botte alla testa, al volto, sul corpo, con la milza spappolata: così è arrivato un detenuto dal carcere di Venezia a quello di Verona. E dopo una settimana in terapia intensiva, al suo risveglio ha denunciato il pestaggio da parte degli agenti del penitenziario Santa Maria Maggiore di Venezia». La senatrice di Avs Ilaria Cucchi riassume così la storia di un detenuto di 23 anni, «fragile e con problemi» secondo i suoi legali, che ha sporto denuncia contro tre agenti penitenziari di Mestre a lui ignoti. Sul caso indaga la procura di Venezia, mentre il Pd ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro Nordio.
LA NOTIZIA HA AVUTO un’eco nazionale ieri proprio grazie all’iniziativa della responsabile Giustizia dem Serracchiani, ma il pestaggio che Cucchi definisce «al limite della tortura» è avvenuto il 19 febbraio. Il giovane aveva dato in escandescenze e chiedeva di telefonare alla madre. Secondo la sua avvocata, Anna Osti, tre agenti lo avrebbero portato in una stanza dove «è stato trascinato per i capelli, colpito alla testa, a un orecchio e all’addome». Riportato in cella in sedia a rotelle, dopo una notte di lamenti senza soccorso, il giorno dopo il giovane è stato trasferito nel carcere di Montorio Veronese, ma non è chiaro chi abbia potuto certificare l’idoneità al trasferimento di una persona ridotta in quelle condizioni.
Infatti arrivato nel penitenziario di Verona è stato «portato d’urgenza all’ospedale Borgo Roma con fratture e un’emorragia interna in corso che lo ha costretto a un delicato intervento e a tre giorni di terapia intensiva», come si legge nell’interrogazione firmata anche dai deputati dem della commissione Giustizia e rivolta al ministro Nordio affinché «sia fatta piena luce su questo ennesimo caso di violenze» e per «conoscere quali misure, anche di carattere disciplinare, sono state adottate». Secondo Il Gazzettino, giornale che per primo ha dato la notizia, il referto medico rivela «costole rotte, lesioni a un orecchio, tumefazione di un occhio, lesioni alla milza». Si sono subito attivati anche i due garanti territoriali per i detenuti: quello di Verona, don Carlo Vinco, e quello di Venezia, Marco Foffano, che è in contatto con il direttore del S. M. Maggiore, Enrico Farina.
COME NOTA la senatrice Cucchi, «questa è l’ennesima dimostrazione dell’importanza di aver approvato una legge, nel 2017, che punisce la tortura e che ora non deve essere toccata. Antigone – ricorda l’esponente di Avs – ha fotografato una realtà inquietante: 13 i procedimenti e i processi per presunte violenze e torture avvenute negli istituti di pena di Ivrea, Modena, Viterbo, Monza, Torino, San Gimignano, Santa Maria Capua a Vetere, Palermo, Nuoro, Bari e Salerno». Procedimenti e processi che rischierebbero di naufragare, se venisse riformata la legge sulla tortura.
Questa è la realtà carceraria oggi in Italia. Ed è inutile girarci intorno: non rieduca, non riabilita, non cura e non produce sicurezza. E in questa realtà è troppo facile sentirsi soli e dimenticati. Uno stato d’animo che deve aver investito anche l’uomo di 45 anni nordafricano che ieri si è impiccato nella sua cella di Prato. È il 21esimo dall’inizio dell’anno. E come dice Alessio Scandurra, coordinatore dell’Osservatorio di Antigone sulla detenzione, quello dei suicidi in carcere è ormai «un fatto strutturale e non accidentale, indicativo di una situazione grave che non vede misure di miglioramento».
L’unica misura presa in considerazione dal parlamento è quella deflattiva del sovraffollamento carcerario. Per sollecitare la quale il garante di Udine, Franco Corleone, il 24 febbraio (e fino al 25 aprile) ha iniziato un «digiuno a staffetta per la dignità». Per ora la proposta a cui si sta lavorando in commissione Giustizia è quella del vicepresidente della Camera Roberto Giachetti (Iv), che convince in parte Fd’I e FI mentre è fortemente osteggiata dalla Lega. Un braccio di ferro che però sta rallentando perfino l’annunciato emendamento al ddl con cui il governo raccoglierebbe una piccola parte delle proposte di Giachetti sulla liberazione anticipata.
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