David Bowie dal video del 1969 di «Space Oddity»
David Bowie dal video del 1969 di «Space Oddity»
Alias

Personaggi in cerca di rock

Storie/L’odissea di Stagger Lee, Mr. Jones, Major Tom o Jody, protagonisti nelle canzoni di tanti artisti Eroi fittizi che ritornano nei pezzi cambiando abitudini e modi a seconda di chi li evoca

Pubblicato 6 giorni faEdizione del 21 settembre 2024

Le canzoni non sono solo fatte di melodie e versi poetici legati a delle specifiche note musicali, possono anche essere storie e creare veri e propri universi narrativi. Così come accade per i romanzi o le opere cinematografiche, sono capaci di far nascere personaggi le cui vicende sanno sopravvivere e proseguire in altri brani degli stessi autori o di altri artisti che se ne appropriano.

STESSO ARCHETIPO

La tradizione folk americana è ricca di protagonisti che compaiono in numerose canzoni, spesso in ruoli diversi, ma che si riconducono a uno stesso archetipo o alla versione romanzata di una figura reale. Tra i più noti e ricorrenti è quella dell’assassino Stagger Lee, un personaggio vagamente ispirato alla figura di un ruffiano di St. Louis, Lee Shelton, che si narrava avesse ammazzato la notte di Natale del 1895 il suo amico Billy, reo di avergli preso dopo una serata di bevute e azzardo il suo cappello Stetson. Diventa quasi subito l’oggetto di alcune work songs per poi comparire nel titolo di un disco per la prima volta nel 1923 in una composizione strumentale dei Waring’s Pennsylvanians.

Stagger Lee riappare (spesso con il nome storpiato) in titoli di pezzi jazz e blues, fino a diventare uno standard grazie a un celebre blues di Mississippi John Hurt inciso nel ’28. La vera storia era già scomparsa per diventare mitologia e qui il «crudele Stagger Lee» finisce sul patibolo, mentre nella realtà il ruffiano omicida finì in carcere venendo poi anche rilasciato. Nel 1953 Stagger Lee uccide Billy per aver barato al gioco, prendendogli soldi e cappello, nella hit di Lloyd Price che arriva al primo posto in classifica. Nel 1959 Titus Turner e nel 1960 Don Revels and The Primettes pubblicano due seguiti intitolati Return of Stagger Lee.

La storia viene poi attualizzata, arricchita di personaggi e particolari in un brano dei Grateful Dead del 1978. L’anno dopo è il punk a rileggerne le gesta in Wrong’em Boyo dei Clash. Joe Strummer e soci citano il brano di Lloyd Price, ma ambientano l’omicidio di Billy a un ritmo di ska – via la versione dei Rulers – e il crudele Stagger Lee sembra quasi un giustiziere in un malfamato bar anglo-jamaicano.

Bob Dylan ne riprende il mito in una traccia di World Gone Wrong del 1993. Nel ’96 Nick Cave trasforma Stagger Lee in un personaggio da torbido film noir-horror, ambienta la vicenda nel 1932 e eccede in crudeltà e sangue in una delle sue Murder Ballads che egli stesso ha definito successivamente «decisamente problematica». Ultima rilettura del mito, ma quasi certamente non finale, è quella dei Black Keys in Stack Shot Billy del 2004.

Un altro personaggio ricorrente nella tradizione folk statunitense è Jody, figura a quanto pare affermatasi negli anni Trenta in alcuni canti popolari di origine militare o carceraria. Jody o Jodie deriva da un personaggio chiamato Joe the Grinder (che volendo tradurlo in italiano dallo slang sarebbe «Joe il chiavatore») già appartenuto a una precedente tradizione dei canti jazz e blues. Jody incarna l’incubo di ogni uomo sotto le armi o in cella: il seduttore possibilmente ricco e un po’ cafone che ha una relazione con le mogli degli uomini lontani da casa. Non per nulla Jody ritorna in tante cantilene militari americane, così come in diversi brani black music pubblicati durante la guerra del Vietnam, come Jody’s Got Your Girl and Gone, un singolo Stax di Johnnie Taylor del 1970 («Inutile tornare a casa/Jody si è preso la tua ragazza e se ne è andato») o Jody, Come back and Take Your Shoes di Bobby Newsome del ’72 («Jody torna a riprenderti le scarpe»). In Tracking down Jody i Darker Shades Ltd. celebrano al ritmo di un infuocato funk, i propositi di vendetta contro il seduttore di mogli altrui.

Vediamo Jody, però, anche in un celebre brano rock del ’71, Hey Tonight dei Creedence Clearwater Revival di John Fogerty, pezzo la cui traduzione letterale sembra non dire molto, ma decodificando le espressioni gergali allude chiaramente a qualcuno che sta tornado a casa e pregusta un’avventura amorosa (si ignora se fedifraga) che sarà come un’esperienza mistica. Il verso «Jody’s gonna get religion all night long» ha ben poco di religioso e molto di vizioso. La prima eroica stagione del rock’n’roll ci ha regalato due personaggi diventati poi simboli di quell’epoca. Peggy Sue, nata nelle hit di Buddy Holly and the Crickets (i 45 giri Peggy Sue e Peggy Sue Got Married) e Johnny B. Goode, il musicista girovago di Chuck Berry immortalato nella leggendaria hit del 1958, che nella successiva Bye Bye Johnny racconta alla madre di essersi sposato e di aver trovato il successo a cui lei – con tanti sacrifici economici – aveva contribuito. Se la prima era una figura ispirata alla fidanzata del batterista dei Crickets, Johnny B. Goode è in parte un personaggio autobiografico.

«UNA MATITA IN MANO»

Un antieroe dalle origini molto diverse che ha avuto fortuna in tempi più recenti è Mr. Jones. È una creazione di Bob Dylan per Ballad of a Thin Man tratta dall’album Highway 61 Revisited del 1965.
Mr. Jones è l’archetipo del giornalista o scrittore ficcanaso, fastidioso e un po’ ingenuo, incapace di capire i cambiamenti del mondo che lo circonda. «Entri nella stanza con la matita in mano, vedi qualcuno nudo e dici, ’chi è quell’uomo?’. Ce la metti veramente tutta ma non capisci e non sai cosa dirai quando tornerai a casa (…) Qui sta accadendo qualcosa e tu non sai che cosa, non è vero, Mister Jones? (…) Dovrebbe esserci una legge per impedirti di andare in giro». Dylan non nasconde il suo disamore per intellettuali, accademici e critici che l’avevano celebrato come un profeta, ma erano pronti a gettarlo nella polvere. Poco importa a chi si sia ispirato il menestrello per creare questo personaggio, si è pensato a Max Jones, critico musicale del Melody Maker, ma soprattutto a Jeffrey Jones di Time Magazine, che aveva tormentato Dylan con una serie di domande stupide il giorno prima della storica esibizione al Newport Folk Festival.

Sta di fatto che Mr. Jones sembra essere entrato nella coscienza collettiva del pop venendo riproposto e rielaborato. John Lennon in Yer Blues dei Beatles sembra pensare che lo scrittore non abbia retto alle sue esperienze e canta: «Mi sento così suicida, proprio come il Mr. Jones di Dylan».

Il signor Jones (accompagnato da un’enigmatica signora) ricompare in un brano tratto da Talk Talk Talk, secondo album degli Psychedelic Furs del 1981, qui più che un critico della società è una sorta di mediocre spettatore che, invece di non capire il mondo che lo circonda, vive una vita pianificata e ordinaria, facendosi condizionare da «stelle del cinema, pubblicità e radio» e venendo ingannato da un ideale culturale sbagliato di amore e romanticismo.

Nel 1993 il singolo Mr. Jones lancia la carriera dei Counting Crows, diventando una delle canzoni più celebri del decennio. Dylan viene direttamente citato nel testo e il suo Mr. Jones qui sembra raccogliere i sogni un po’ ubriachi e malinconici di un narratore che, in un locale popolato da ballerine e belle donne, gli confessa il suo desiderio di diventare una star a tutti i costi. Ma anche il rigido Mr. Jones «vorrebbe essere qualcuno un po’ più funky». E decisamente più funky e sexy in realtà lo era diventato in una canzone precedente dei Talking Heads del 1988 che David Byrne ha descritto come «una rivincita a ritmo di mambo del personaggio di Dylan». In Mr. Jones, tratta da Naked, ultimo album della band newyorkese, il rigido e inetto conservatore si cambia d’abito e si scatena nel ballo, scoprendosi irresistibile e diventando l’anima della festa.

Il personaggio dylaniano ha avuto un’incarnazione italiana in Signor Jones, brano del 1999 tratto dall’album Nordest Cowboys dei veneti Estra. Sembra, come in Ballad of a Thin Man, di essere di fronte a un cronista non in grado di capire i tempi, ma più che un conservatore un po’ bigotto, qui Jones appare un po’ svogliato e disorientato di fronte a un mondo che, invece di cambiare in meglio, sta diventando crudele: «Scrivimi signor Jones anche dal bar/scrivi di paranoia della tua età (…) assomigli a un fantasma sgomento/all’idea che sia tutto un gioco qua». Una figura simbolica, un alter ego, ma anche un personaggio che ha trovato una sua dimensione al di fuori delle canzoni.

Major Tom è la creatura di un Mr. Jones in carne e ossa, ben diverso da quello cantato da Dylan. David Jones, in arte David Bowie, pubblica nel 1969 il suo primo grande successo, il singolo Space Oddity, influenzato dalla sfida per portare un uomo sulla Luna, dai racconti di Ray Bradbury e da 2001: Odissea nello spazio. Qui incontriamo il Maggiore Tom: un astronauta in procinto di lasciare la terra. Il suo quartier generale terrestre, il Ground Control, è entusiasta. La missione è un successo. Ma Tom perde interesse per la terra che da lontano vede «blue», cioè di colore azzurro ma anche triste, decide di interrompere i contatti e andare alla deriva in un oceano di solitudine. Esistono due versioni del video di Space Oddity. La prima è del ’69: Bowie interpreta i ruoli di Ground Control e Major Tom. La seconda versione è del ’72: Bowie ha trasformato Major Tom in un ulteriore alter ego, l’alieno androgino Ziggy Stardust.

ARRIVA IL DUCA

Ziggy Stardust lascerà posto al Duca Bianco, ma nel 1980 è il momento per Bowie di riflettere sulla sua vita e sulla sua carriera. Nella autobiografica Ashes to Ashes richiama Major Tom identificandosi completamente con lui.
Il Maggiore è un personaggio pentito del suo isolamento, abbandonato, in preda alla droga, alla depressione e alla frustrazione («Non ho mai fatto cose buone, non ho mai fatto cose cattive, non ho mai fatto nulla di punto in bianco»). Anni dopo, in Hallo Spaceboy, tratto dal concept 1.Outside del 1995, il Ground Control riallaccia i contratti con Major Tom (la versione singolo del brano cantata con i Pet Shop Boys è più esplicita di quella dell’album).

L’astronauta sembra non capire più a che mondo appartiene, smarrito non solo nello spazio, ma anche nel comprendere la propria reale identità. Dalla terra non sanno far altro che dirgli addio. Major Tom ritorna nell’opera in cui un Bowie malato si preparava alla fine: l’album Blackstar, inciso da un artista consapevole del suo destino e uscito l’8 gennaio 2016, due giorni prima della sua morte. Il Maggiore non viene più nominato, ma compare nel video della title track. Il suo viaggio solitario è finito. È morto nella sua tuta da astronauta dopo essere approdato su un pianeta ignoto. Gli abitanti di questa luna aliena lo trovano e costruiscono un altare dove venerano il suo teschio, mentre i resti dello scheletro fluttuano nello spazio verso una stella nera. L’alter ego muore con il suo creatore, ma sembra proseguire un viaggio verso l’ignoto. La vita passa. La memoria, l’arte e il mistero rimangono. Major Tom intanto era diventato un personaggio più reale di quanto si potesse immaginare quando l’astronauta canadese Chris Hadfield realizzò nel 2013 un video musicale di Space Oddity cantando la canzone in orbita sulla Stazione spaziale internazionale. Un’altra vita del Maggiore la troviamo nella hit Major Tom (völlig losgelöst) datata 1983 del tedesco Peter Schilling. Il brano dance new wave, diventato poi una hit internazionale, si è trasformato quest’anno nell’inno che ha accompagnato la nazionale di calcio tedesca nei campionati Europei. Qui il cosmonauta decide di interrompere ogni collegamento con la terra perché attratto da una luce misteriosa che sembra guidarlo verso casa.

Esiste anche una versione italiana della storia del Maggiore dello spazio. La raccontano i Dik Dik che ispirandosi chiaramente al classico di Bowie incidono Help me nel 1974. Un curioso esempio di space rock italiano. Tom è trasformato nel cosmonauta McKenzie, il primo uomo in rotta verso Giove.

Come in Space Oddity il viaggio inizia tra i migliori auspici, ma le cose si mettono male e il protagonista si perde nelle stelle invocando nel vuoto il suo tragico grido d’aiuto: «Help me!». Il brano è stato presentato a Canzonissima e ne esiste una versione, stravolta in modo boccaccesco nella coda finale, degli Elio e le Storie Tese. Nel repertorio di Bruce Springsteen spesso le storie sembrano intrecciarsi, ma il Boss non ama particolarmente riprendere i suoi personaggi. Lo ha fatto a inizio carriera quando il suo orizzonte era il piccolo mondo della Jersey Shore e fa comparire un certo Wild Billy, prima come un ragazzo in cerca di un avventuroso sabato sera in Spirit in the Night e poi qualche tempo dopo come voce narrante di una impressionistica Wild Billy’s Circus Story. Nel resto del suo canzoniere i nomi a volte si ripetono (Frankie, Mary, Terry,…), ma le vicende e i personaggi sono chiaramente diversi. È tuttavia curiosa la storia di una protagonista femminile chiamata Janey, al centro di una delle composizioni più sessualmente esplicite della rockstar: Janey needs a shooter. Il titolo può essere tradotto approssimativamente come «Janey ha bisogno di qualcuno al suo fianco», ma può essere letto anche con diverse implicazioni.

Il brano appartiene ai primi anni di carriera di Springsteen, ma è stato edito ufficialmente solo nel 2020 all’interno dell’album Letter to You. Janey era già però nota, perché il cantautore e amico Warren Zevon se ne era appropriato in modo apocrifo per un suo brano del 1980. Zevon aveva sentito il titolo di questo inedito senza averlo mai ascoltato e, dopo aver chiesto il permesso al Boss, aveva scritto una sua versione della storia cambiando leggermente il nome della protagonista. Ecco dunque Jeannie needs a shooter. La Jeannie di Zevon appare più come un personaggio da noir classico, ma le due storie possono essere lette oggi come curiosamente complementari. Joe Roberts è invece il narratore di Highway Patrolman, ballata inclusa da Springsteen in Nebraska del 1982. Il brano rappresenta un rarissimo caso di un testo che è diventato non l’ispirazione generica per un film, bensì il soggetto fatto e finito di una sceneggiatura. La storia, come raccontata nella canzone, è stata infatti messa in scena nel 1991 in Lupo Solitario (in originale Indian Runner), prima regia di Sean Penn.

UN DESTINO

Altri artisti hanno provato nostalgia per alcuni personaggi nati dai loro successi più celebri, tanto da accennare al loro destino in brani successivi. Jack e Diane, coppia di ragazzi della provincia Usa nati nel 1982 in un classico di John Mellencamp, ritornano 16 anni dopo in Eden Is Burning come una coppia che va al cinema.

L’autore ci fa intendere che dopo tanto tempo sono ancora insieme e sono riusciti a sopravvivere alla fine dei sogni dell’adolescenza cantati nella canzone originale. Un’altra coppia, Tommy e Gina, eroi proletari di Livin’ on a Prayer di Bon Jovi, li rivediamo quasi quindici anni dopo in It’s My Life. Hanno tenuto duro, sono ancora insieme e lottano sempre per la loro quotidianità («Per Tommy e Gina che non si sono mai tirati indietro, il domani sta diventando difficile»). I Red Hot Chili Peppers spesso mimetizzano storie di marginalità in pezzi melodici o funky.

Dani è una ragazza perduta che in By the Way del 2002 – probabilmente autobiografica – compare come l’interesse sentimentale del protagonista. I versi ce la presentano come una groupie o forse solo una spettatrice in coda a un concerto.

Quattro anni dopo le sue disavventure sono raccontate in Dani California: una famiglia povera, il desiderio di scappare, i sogni e una strada sbagliata. Il finale tragico è inevitabile. Kiedis rivelerà che Dani era anche la teenager rimasta incinta del brano Californication del 1999. Probabilmente è una figura ispirata a uno degli incontri femminili del cantante (figlio di un pusher) negli anni selvaggi trascorsi tra droghe e ambienti criminali. Il lieto fine non sempre è assicurato, tuttavia questi esempi ci insegnano che le canzoni si consumano in pochi minuti, ma le storie che raccontano possono andare oltre e rimanere anche quando la musica ha smesso di suonare.

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