Perse in tre anni cinque città, Carrara si sveglia grillina
Toscana non più felix Tra i capoluoghi solo a Lucca al fotofinish la riconferma del «piddino tranquillo» Alessandro Tambellini capace di tenere insieme Mdp e turborenziasmo
Toscana non più felix Tra i capoluoghi solo a Lucca al fotofinish la riconferma del «piddino tranquillo» Alessandro Tambellini capace di tenere insieme Mdp e turborenziasmo
Il non più egemone Pd toscano evita il «ko» definitivo solo per 341 voti, quelli che a Lucca permettono al fotofinish la riconferma del «piddino tranquillo» Alessandro Tambellini, capace di tenere insieme Mdp e il turborenziano Andrea Marcucci. Cade invece a Pistoia e Carrara. E se nella città del marmo era attesa la vittoria del pentastellato Francesco De Pasquale, la disfatta di Pistoia ad opera del postfascista Alessandro Tomasi è arrivata inaspettata, e fa rumore.
Questo anche se il politologo Marco Tarchi dell’ateneo fiorentino aveva avvertito per tempo che quello dei ballottaggi si annunciava come «uno scenario non troppo roseo» per Pd e alleati; proprio perché il meccanismo di voto per le comunali, fra massiccia astensione e voto di protesta e/o cambiamento, sta diventando penalizzante per i teorici favoriti. Per certo, dopo 70 anni di amministrazione di sinistra o centrosinistra, sia Carrara che Pistoia cambiano bandiera.
Su Pistoia l’Istituto Cattaneo ha subito elaborato un focus dal quale risulta che il 19% di chi lo ha votato l’11 giugno ha poi voltato le spalle al sindaco uscente Samuele Bertinelli, sconfitto 54 a 46 nonostante fosse ampiamente in testa dopo il primo round. «Il vincente Tomasi – spiega il Cattaneo – ha esercitato una maggiore attrazione sugli elettori che due domeniche fa votarono il M5S e gli altri candidati civici, si sono invece divisi più o meno equamente fra i due candidati gli elettori che avevano dato l’11% al candidato ex Pd Roberto Bartoli».
Proprio quest’ultimo, renziano di ferro, era uscito dal partito rifiutando l’opzione di Pistoia come «laboratorio politico» del centrosinistra. Addirittura Bertinelli era sostenuto dalla locale Rifondazione, orfana del simbolo, e anche da una costola di Sinistra italiana, il cui uomo forte Stefano Cristiano – nominato da Bertinelli nel cda della Publiacqua – aveva affidato al giovane delfino Mattia Nesti il compito di organizzare la lista civetta.
Alla prova dei fatti è stato tutto inutile. Così, almeno una volta, non ha del tutto torto il renzianissimo segretario regionale piddino Dario Parrini: «Nelle elezioni comunali non si vota sulle coalizioni, dato che con la stessa coalizione si ottengono risultati opposti: in Toscana, ad esempio, si vince a Lucca e si perde a Pistoia». Poi però Parrini azzarda troppo: «In Toscana si è votato in sei comuni con più di 15mila abitanti. Abbiamo vinto in quattro, tre al primo turno e uno al ballottaggio, e perso in due». Ma Carrara e Pistoia non sono Reggello, Quarrata e Camaiore, con tutto il rispetto per questi ultimi centri.
Per giunta a Carrara lo scontro al calor bianco fra il partito locale e quello regionale sulla scelta del candidato sindaco ha portato all’arrivo di un commissario che ha ribaltato il voto dell’assemblea piddina, che si era schierata per l’orlandiano Andrea Vannucci. Così sotto il simbolo dem ha corso Andrea Zanetti, sostenuto a spada tratta dal sindaco uscente, il socialista nenciniano Andrea Zubbani. Va da sé che parte dei voti del primo turno sono andati a Vannucci, sostenuto anche da Mdp, e non sono certi bastati gli appelli finali al «voto utile», visto che il pentastellato De Pasquale, già in testa l’11 giugno, ha stravinto 65 a 35.
Capitolo a sé l’astensione: a Pistoia ha votato il 49,5% degli aventi diritto contro il 55,6% del primo turno. A Lucca, con una battaglia all’ultimo voto, ha votato il 45,3% contro il 49,3% di quindici giorni fa. A Carrara il 49,1% contro il 58,2% del primo turno. Nelle tre città sommate si è rimasti sotto la metà dei votanti, la media è del 47,8%. E due settimane fa, al primo turno, era comunque stata un malinconico 53,9%.
Insomma «spiagge piene, urne vuote», probabile effetto di un elettorato ormai convinto che le amministrazioni comunali siano costrette a muoversi su un binario unico, dopo i pesantissimi tagli degli ultimi governi agli enti locali. Con un riflesso in particolare sui servizi sociali e sulla sanità. Comunque sia, in soli tre anni il Pd ha perso metà capoluoghi di provincia in Toscana: a Livorno, Grosseto e Arezzo si sono ora aggiunti Carrara e Pistoia.
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