Internazionale

Perché il 7 ottobre? Hamas risponde con la storia. Ma i dubbi restano

Un sequestro al kibbutz di Kfar Azza il 7 ottobre 2023 foto ApUn sequestro al kibbutz di Kfar Azza il 7 ottobre 2023 foto Ap

Gaza/Israele In un documento diffuso dal movimento islamico, il blitz è descritto come un «atto difensivo», una risposta a decenni di sopraffazioni e non una azione con chiare finalità strategiche

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 23 gennaio 2024
Michele GiorgioGERUSALEMME

A distanza di tre mesi e mezzo dal 7 ottobre, Hamas ha diffuso un documento, in arabo e in inglese, per spiegare al mondo il suo attacco in Israele che ha suscitato lo sdegno di molti, soprattutto nei paesi occidentali, e allo stesso tempo ha anche innescato una ondata globale di manifestazioni di centinaia di migliaia di persone a sostegno dei diritti del popolo palestinese calpestati e dimenticati. Nella sua versione in inglese «Our Narrative…Operation Al Aqsa Flood» sviluppa una lunga descrizione storica di ciò che i palestinesi subiscono nella loro terra da decenni a questa parte, del dramma di milioni di profughi e dei crimini compiuti dell’occupazione israeliana sino ad oggi. Non fornisce però una spiegazione articolata degli obiettivi strategici, a medio e a lungo termine, locali e regionali, di un attacco evidentemente preparato per anni. Questo alla luce della reazione senza alcun freno di Israele che, con l’appoggio degli Usa e dei paesi europei, ha lanciato una offensiva militare devastante che ha ridotto in macerie gran parte di Gaza, ucciso sino ad oggi oltre 25mila palestinesi, in maggioranza donne e bambini, e che, stando a documenti ufficiali e a dichiarazioni di esponenti politici, aveva considerato seriamente la «Nakba di Gaza», ossia l’espulsione di 2,3 milioni di palestinesi verso il Sinai egiziano.

Il primo capitolo – «Perché l’Operazione Diluvio di Al Aqsa» – è una descrizione dello spossessamento, sistematico, ad ogni livello, del popolo palestinese compiuto da Israele, con la complicità della comunità internazionale che non ha fatto nulla per proteggere i diritti dei palestinesi. «Cosa ci si aspettava dal popolo palestinese dopo tutto ciò? Continuare ad aspettare e mantenere contando sull’Onu impotente! Oppure dovevamo prendere l’iniziativa nella difesa del popolo palestinese, delle sue terre, diritti e santità; sapendo che l’atto di difesa è un diritto sancito dal diritto internazionale, norme e convenzioni», scrive Hamas dalla fine di questo primo capitolo. Aggiunge che «L’operazione Diluvio di Al Aqsa è stata un passo necessario…un atto difensivo nel quadro dell’eliminazione dell’occupazione israeliana, del recupero del territorio e dei diritti dei palestinesi sulla via della liberazione e dell’indipendenza come tutti i popoli».

Tenendo conto della reazione di Israele, uno dei paesi più armati al mondo, il documento non spiega come l’attacco del 7 ottobre dovrebbe portare «alla liberazione» del popolo palestinese. Il blitz è descritto come un «atto difensivo» più che offensivo, una risposta a decenni di sopraffazioni e non una azione con chiare finalità strategiche. Gli interrogativi non mancano. Hamas dopo il 7 ottobre si attendeva una nuova Intifada, una sollevazione di massa, che non c’è stata sino ad oggi, nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est? Contava su una guerra totale, non avvenuta per ora, tra il movimento libanese Hezbollah e Israele e su una partecipazione militare attiva dell’Iran? Non si aspettava una guerra così lunga? Le risposte a queste domande non si conosceranno presto.

Nei capitoli successivi il movimento islamico dedica ampio spazio a smentire le accuse di atrocità e violenze nei confronti dei civili mosse da Israele a Diluvio di Al Aqsa. Rimarca di essere un movimento di resistenza schierato contro il «progetto sionista» e non contro gli ebrei e sollecita una inchiesta internazionale sull’offensiva israeliana e i suoi effetti distruttivi sulla popolazione palestinese.

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