Per motivi di giustizia
Libri Il nuovo libro di Marco Omizzolo (People 2022), quindici storie di quotidiano sfruttamento dentro il caporalato, va molto oltre la testimonianza e la denuncia: «E’ una sorta di patto fondativo, con cui la ricerca sociale viene consacrata alla lotta per l’uguaglianza
Libri Il nuovo libro di Marco Omizzolo (People 2022), quindici storie di quotidiano sfruttamento dentro il caporalato, va molto oltre la testimonianza e la denuncia: «E’ una sorta di patto fondativo, con cui la ricerca sociale viene consacrata alla lotta per l’uguaglianza
Nell’Italia delle cittadinanze parallele, la ricerca di Marco Omizzolo, docente di Sociolopolitologia delle migrazioni alla Sapienza e ricercatore Eurispes, colloca la pari dignità sociale alla base dell’agire del ricercatore. È questo, infatti, il filo che lega le quindici storie narrate in Per motivi di giustizia, edito da People, e che ispira, ormai da decenni, l’indagine singolare, quanto esemplare, di un uomo che ha deciso di lottare contro il padronato e il caporalato «da dentro», entrando in prima persona nella spirale dello sfruttamento. Se non si capisce questo meccanismo, che è la cifra della ricerca-azione di Omizzolo, non si coglie neppure il valore di questo libro, che va molto oltre la testimonianza e la denuncia. Per motivi di giustizia è una sorta di patto fondativo, con cui la ricerca sociale viene consacrata alla lotta per l’uguaglianza.
NELLE PIEGHE DEL LIBRO, DENTRO LE VITE di Balbir, Joty, Harbhajan, Gill, Joban, Ash, Akhila, Mahli, Amrinder, Gurpreet, Gurjant, Surjeet e Benedetto, viene rappresentato lo scenario quotidiano dello sfruttamento, fatto di singole violazioni dei diritti dei lavoratori, di intimidazioni che impediscono l’esercizio delle libertà fondamentali, di furto degli elementi fondanti il vivere civile. È in questa commistione tra negazione della cittadinanza primaria e sfruttamento del lavoro che si consuma la brutalità del fenomeno del «caporalato», termine antico (si pensi alla relazione della Commissione Rubinacci nell’Italia degli anni cinquanta) che ritorna come una costante e si nasconde dietro i pomodori che compriamo a 0.99 al mercato la mattina.
PERCHÉ IL TRADIMENTO DELLA NOSTRA società nei confronti di Balbir e gli altri è tutto qui, e Omizzolo ce lo spiega molto bene: è nel vantaggio offerto dalla degenerazione delle filiere produttive, all’interno delle quali l’agro-alimentare offre, da sempre, un terreno fertilissimo per la proliferazione di fenomeni criminali. Il caporalato è il risultato di uno sfruttamento su più piani, che coinvolge diversi attori, e che richiede, per essere estirpato, azioni complesse: c’è il territorio, che è la base su cui poggia la tolleranza per gli sfruttatori; c’è il mercato, che chiede prezzi e costi a volte incompatibili con retribuzioni dignitose; e c’è la diseguaglianza, quella che deriva prima di tutto dalla condizione di immigrati in cui si trovano i lavoratori sfruttati.
ED ECCO CHE SI ARRIVA AL CUORE del tema posto da Per motivi di giustizia: smascherare un sistema, non solo di produzione ma anche di convivenza sociale, in cui la vita dei migranti viene considerata, semplicemente, sacrificabile e finisce per essere spogliata degli elementi essenziali perché si possa parlare di vita dignitosa. Nelle storie di queste donne e di questi uomini, nelle vite quotidiane degli eroi dell’Agropontino (terra forgiata dalle migrazioni delle famiglie del Nord Est, come emerge dai flash psicoanalitici con cui l’autore evoca le proprie origini) è possibile cogliere, in ultimo, l’idea di una società che ha completamente smarrito il concetto di eguaglianza. Un concetto dimenticato prima di tutto nella rappresentazione di ciò che è giusto (Per motivi di giustizia appunto), tutte le volte in cui l’idea di giustizia riguarda l’altro da sé, il diverso, l’immigrato appunto. Non è necessario interrogare Amartya Sen per inorridire di fronte alla rappresentazione del quotidiano, non solo nel lavoro, ma anche nelle condizioni che caratterizzano l’esistenza delle persone raccontate in questo libro. È sufficiente rifiutare quel velo di tolleranza che copre il viso delle donne e degli uomini del mondo occidentale quando l’idea del tragico viene rappresentata altrove. Per motivi di giustizia è dunque un libro sull’eguaglianza e sulle condizioni necessarie affinché la si possa considerare parte del nostro bagaglio collettivo.
LA DIGNITÀ, SI COMPRENDE BENE da queste storie, è un concetto complesso, che si compone di tanti elementi interdipendenti tra loro: anzitutto, una situazione abitativa decente e sicura, la possibilità di spostarsi senza dipendere da altri, una nutrizione adeguata, l’accesso a cure mediche, il rispetto per i propri famigliari, un rapporto di fiducia con le istituzioni poi, ovviamente, anche un lavoro che goda delle tutele da noi considerate essenziali (iniziando dall’art. 36 della Costituzione e dall’esigenza di una retribuzione «sufficiente a garantire al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa»). Ma in assenza dei primi elementi diventa difficile, anche per un ordinamento giuridico sofisticato come il nostro, garantire in via «di fatto» il rispetto dei diritti nel lavoro.
IL CAPORALATO SI NUTRE DUNQUE della fragilità del lavoratore nella sua vita concreta e mette per questo in crisi lo stesso diritto del lavoro, considerato per un secolo o poco più quale muro portante, in grado – anche da solo – di garantirla questa vita dignitosa. Lo sfruttamento lavorativo è un fenomeno che scuote dalle fondamenta molti schemi su cui si è costruito in questi anni il nostro sistema sociale. Non a caso, in quest’ultimo decennio, è entrato in gioco anche il diritto penale con il nuovo reato di «intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro», resosi necessario non solo per sottolineare il disvalore delle condotte alla base del caporalato, ma anche per consentire di aggredire il fenomeno con i poteri istruttori di cui dispongono solo le procure. La complessità del fenomeno, la sua connivenza con le reti relazionali, la complicità di un capitalismo che ci fa comprare i pomodori al mercato a prezzi stracciati mostrano tuttavia come la vera sfida sia altrove, nelle pieghe sordide di una società che in fondo non vuole neppure vedere.
PER QUESTO NON SOLO IL LIBRO, ma l’intera attività di Marco Omizzolo costituiscono un punto di partenza per il recupero di quella pari dignità sociale che abbiamo tutti smarrito, mentre guidiamo distratti per strade attraversate da lavoratori sfruttati.
* ordinaria di Diritto del Lavoro Università del Molise
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