Le persone talvolta proiettano su Davos incubi e fantasie sul malfunzionamento del mondo. C’è chi vede nel Forum economico mondiale che si tiene ogni anno nella cittadina svizzera la proiezione di un Leviatano che domina la terra e il mare o il comitato degli stakeholder inviati dall’Impero. C’è chi lo ha associato alla riproduzione del bar di Guerre Stellari definito da Obi-Wan Kenobi «un covo di feccia e di malvagità mai viste». Oggi sarebbe frequentato da burattinai o filantropi che chiacchierano sulla storica disuguaglianza tra i redditi o sulla crisi climatica, ignorando il fatto che sono loro una parte del problema. E poi c’è Christine Lagarde, la presidente della Banca Centrale Europea (Bce), che ieri è riuscita a dire la verità sul capitalismo, il Covid, l’inflazione. È stato un lapsus tragico e rivelatore.

«LA CINA – ha affermato Lagarde durante un dibattito con la direttrice del Fondo Monetario Internazionale Kristalina Georgieva – si sta risvegliando, di nuovo. Ora si prevede che registri 5,5% di crescita nel 2023 e dovremmo dare il benvenuto al suo impegno di rimuovere le restrizioni sul Covid. È possibile che il cambiamento delle politiche sul Covid uccida un sacco di persone, ma rilancerà anche l’economia. È la scelta che è stata fatta dalle autorità cinesi. L’impatto su tutti noi sarà positivo, per la Cina e per il resto del mondo, ma creerà anche pressioni inflazionistiche».

LA PRESIDENTE della Bce ha detto semplicemente questo: ci sono vite tutelate e altre che possono essere sacrificate per ridare valore all’economia. Nota per la scarsa capacità di scegliere il tempo giusto con definizioni icastiche, come quella che fu di Mario Draghi, all’economista francese ex guida dell’Fmi si dovrà però un giorno riconoscere almeno il premio per la migliore definizione del «tanato-capitalismo». Si tratta di una forma di capitalismo in cui il commercio, l’industria e la finanza sono fondati, legati e dipendenti direttamente o indirettamente dalla morte e dai profitti che ne derivano. Leggiamolo così: nel 2020 c’è stata la pandemia del Covid, prodotto dai salti zoonotici intraspecie di un coronavirus la cui diffusione è stata favorita dallo sfruttamento intensivo di foreste e miniere in Cina e poi dalle catene del valore interconnesse. I lockdown a fisarmonica hanno bloccato le reti globali, bruciato immense risorse pubbliche per congelare le imprese, impoverito masse immense e interrotto la produzione. Poi è arrivata un’altra crisi, quella del record inflazione, che si è aggiunta al Covid. Ora in Cina il sacrificio di centinaia di migliaia di persone morte per le conseguenze del Covid dovrebbe servire a fare tornare in pari l’economia. Così si potrebbero leggere anche le morti su altre latitudini. È una verità invisbile, e digerita, tranne dai parenti delle vittime. Sono state create teorie filosofiche, e filoni politici «liberatariani», che hanno denunciato la negazione delle libertà personali causata dalle restrizioni, ma in pochi si sono soffermati sulla contraddizione che Lagarde ha riassunto nella sua disinvolta ferocia.

LAGARDE ha mostrato le altre contraddizioni della ripresa. Sempre che una nuova ondata inflattiva non arrivi dalla Cina, la Bce (come la Fed negli Usa in un altro contesto) continuerà ad alzare i tassi di interesse forse di mezzo punto per abbassare l’inflazione al 2%, traguardo che si intravvede nel 2025. «È il mio mantra» ha detto Lagarde. Questo aumenterà il costo dei debiti pubblici che non sarà coperto dalle politiche monetarie espansive ridotte; rafforzerà il tentativo di contenere i salari; aumenterà la disoccupazione. Creare la crisi sociale per tornare alla crescita: è il prezzo da pagare per la «ripresa», ha detto il governatore della Fed Jerome Powell.

AI GOVERNI, come quello Meloni in Italia, Lagarde ha rivolto l’invito a serrare i conti pubblici in una rinnovata politica dell’austerità che segue gli aiuti a pioggia dei governi durante la fase acuta della pandemia. L’invito è quello di limitarli alle «fasce deboli», l’opposto di quello che sta facendo Meloni con il taglio del «reddito di cittadinanza». Ma è tutto da vedere se la moderazione dei bilanci non danneggerà anche questo pauperismo, com’è avvenuto nella crisi del 2007-2015. per esempio. O che i famosi investimenti del «Pnrr» serviranno a sostenere una crescita anemica. In ogni caso la Bce potrebbe aumentare i tassi «più di quanto vorrebbe» se l’inflazione non fosse messa sotto controllo anche dai governi. Provocando un eventuale peggioramento della recessione