Per la Cina saranno dazi, ma Xi spera ancora nella coesistenza
Cina/Usa «Una scelta da rispettare»: subito la scarna nota di Pechino (per Biden ci vollero 8 giorni)
Cina/Usa «Una scelta da rispettare»: subito la scarna nota di Pechino (per Biden ci vollero 8 giorni)
«78 anni è l’età per sfondare». Con un paio di emoticon di faccine sorridenti. Sui social cinesi, dopo aver parlato per mesi di “soap opera per ottuagenari” sull’ipotetica sfida fra Donald Trump e Joe Biden, in molti non mancano di sottolineare l’età del prossimo presidente degli Stati uniti. Difficile capire se anche nelle stanze del potere politico cinese ci sia voglia di sorridere, mentre ci si avvicina nel nuovo tuffo verso le incognite del Trump bis. O se forse si sarebbe preferita Kamala Harris e la sua promessa di continuità, seppure lo status quo sia lontano dai desideri di Pechino. In tarda serata, è arrivato uno scarno comunicato di complimenti da parte del ministero degli affari esteri: «Rispettiamo la scelta del popolo americano ed estendiamo le nostre congratulazioni a Trump». Nel 2020, ci erano voluti oltre otto giorni per farlo con Biden.
Le opinioni sugli scenari sono discordanti. La sensazione è che nei rapporti con Washington possano prevalere i problemi, mentre al di fuori degli schemi bilaterali ci siano anche delle opportunità. L’analista Wu Xinbo traccia un quadro fosco su Jiemian News: “Le relazioni subiranno forti oscillazioni con un’escalation di tensioni, un’intensificazione del confronto e forse anche una grave crisi. Lo spazio per la cooperazione sarà drasticamente ridotto, anche sul clima”.
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Trumpnomics 2.0, via anche gli ultimi lacci alla finanzaIn cima ai problemi, il commercio. Trump ha minacciato dazi monstre al 60% sui prodotti cinesi. Secondo alcune stime, l’impatto sul pil di Pechino potrebbe arrivare fino al 2,5%. Una brutta botta per il Partito comunista, che sta provando a rilanciare l’economia. Non è certo un caso se ieri la reazione dei mercati alla vittoria di Trump sia stata negativa. In particolare, la borsa di Hong Kong ha chiuso in calo del 2,23%, coi principali titoli tecnologici che hanno bruciato oltre il 4%, compresa Alibaba. Il timore concreto è quello di nuove sanzioni e restrizioni, seguendo il solco di quanto avvenuto sia nel primo mandato Trump con la “fatwa” contro Huawei, sia con la strategia “small yard, high fence” promossa dall’amministrazione Biden. Riduzione del rischio per la Casa bianca, disaccoppiamento mascherato per Pechino. Xi Jinping potrebbe reagire imbracciando il bazooka e approvando misure di stimolo più cospicue del previsto per l’economia. Sul piano diplomatico, potrebbe cercare di far valere il rapporto personale sbandierato dallo stesso Trump per titillare il suo ego di “uomo d’affari”.
Difficile che in qualsiasi “grande accordo” possa entrare Taiwan, su cui Pechino si aspetta nuove “provocazioni”. Nel 2016, Trump accettò la telefonata di Tsai Ing-wen, allora presidente taiwanese. Un episodio che mise in moto una serie di dinamiche osservabili ancora oggi, quando le tensioni con Taipei non conoscono spiragli di tregua. I rischi di potenziali crisi fra lo Stretto e il mar Cinese meridionale restano, ma allo stesso tempo la Cina intravede qualche opportunità nel potenziale sfilacciamento del sistema di alleanze americano.
Il pressing per chiudere la guerra in Ucraina potrebbe legittimare la posizione cinese e ridurre la pressione per i rapporti con Mosca, rimuovendo il principale ostacolo alla distensione con l’Europa. Lo spauracchio del disimpegno isolazionista, o quantomeno le prevedibili polemiche sulle spese di difesa con gli alleati, potrebbe invece facilitare il dialogo coi vicini asiatici. C’è poi un aspetto retorico: col Trump bis, Xi ha la seconda opportunità di presentarsi come “protettore” del multilateralismo e del libero commercio. In ogni caso, la competizione resta: le regole del gioco potrebbero cambiare.
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