Nel cimitero militare di Netanya, Benyamin Netanyahu ieri ha ricevuto un appoggio aperto alla sua guerra infinita a Gaza. Durante i funerali del soldato Omer Smadga – uno dei due militari morti nell’attacco di combattenti palestinesi giovedì a Zaytun (Gaza city) -, il padre, Oren Smadga, un olimpionico molto noto, ha esortato a continuare l’offensiva. «Da questo posto dico a voi soldati: tenete la testa alta, continuate più forte possibile, combattete più duramente e non fermatevi finché non vinceremo. Questo è il mio messaggio a tutti coloro che sono coinvolti in questa lotta». Parole che hanno galvanizzato il premier israeliano che, incalzato dalle indiscrezioni sui suoi contrasti con i vertici militari, ieri, in un’intervista, è tornato a proporre che nel futuro di Hamas ci sia «un’amministrazione civile», con «la cooperazione, la sponsorizzazione interaraba e l’assistenza dei paesi arabi». Oltre, ha aggiunto, «a una ampia smilitarizzazione che può essere fatta solo da Israele contro qualsiasi tentativo di ripresa terroristica di Hamas». In sostanza mentre parla di «amministrazione civile» (gestita da paesi arabi e non dai palestinesi), Netanyahu propone un’occupazione militare di Gaza forse di anni. «In pratica si tratta più di una guerra eterna che di una vittoria assoluta», ha scritto Amos Harel sul quotidiano Haaretz, ricordando che il primo obiettivo di Netanyahu è rimanere al potere e superare la sessione estiva della Knesset e sperare che Donald Trump vinca le elezioni presidenziali Usa che si terranno tra cinque mesi. «Per Netanyahu – ha spiegato Harel – tutto questo è meglio di un cessate il fuoco permanente, che significa un’effettiva ammissione del fallimento degli obiettivi della guerra, l’abbandono dei partiti di estrema destra e il crollo del governo».

La guerra quindi va avanti. E se da un lato i comandi militari israeliani sbuffano di fronte alle scelte di Netanyahu, dall’altro i carri armati hanno intensificato l’attacco contro Rafah, uccidendo almeno 38 palestinesi, 18 dei quali sono stati colpiti dalle cannonate in un campo di tende per sfollati a Mawasi, in una delle «aree sicure per i civili» indicate proprio dall’esercito israeliano. I feriti, ha comunicato la Mezza luna rossa, sono almeno 35. Una strage documentata da video e foto.

Gli israeliani stanno cercando di completare l’occupazione di Rafah. I carri armati si fanno strada nelle parti occidentali e settentrionali della città, avendo già catturato l’est, il sud e il centro con l’appoggio dell’aviazione che bombarda senza sosta. Si spara anche dal mare e la popolazione civile scappa in cerca di salvezza. Circa 100mila palestinesi restano a Rafah. Un milione e 400mila che fino a inizio maggio si trovavano nell’area della città, ora sono sparsi tra Mawasi, Khan Yunis e Deir al Balah. «La scorsa notte è stata una delle peggiori nella parte occidentale di Rafah: droni, aerei, carri armati e navi della marina hanno bombardato tutta la zona. Gli israeliani stanno subendo attacchi pesanti da parte dei combattenti della resistenza, che potrebbero rallentarli», ha raccontato Hatem, 45 anni, un testimone all’agenzia Reuters. Altri bombardamenti israeliani hanno causato numerosi morti e feriti a Shujayeh e nel campo profughi di Shate. Tra le vittime c’è anche un calciatore, Ahmad Abu Al Atta.

Che Hamas e altri gruppi combattenti stiano opponendo sul confine con l’Egitto la resistenza più tenace dall’inizio della guerra, è confermato proprio dai media israeliani. «A differenza di altri luoghi, a Rafah l’esercito ha incontrato una resistenza ostinata e ben organizzata da parte di Hamas», ha scritto Alon Ben David su Maariv Online «(grazie ai tunnel) Hamas conduce una battaglia difensiva che è per lo più sotterranea: escono dai pozzi, attaccano l’esercito e rientrano nei pozzi». Secondo il giornalista, Israele intende mantenere in futuro il controllo del «Corridoio Filadelfia», la fascia lunga 14 chilometri che divide Rafah dall’Egitto.

Al nord la tensione resta molto alta. Secondo alcuni una guerra totale e l’invasione israeliana del Libano del sud sarebbero una questione di pochi giorni, il tempo di dare all’esercito il modo di trasferire al confine parte dei reparti combattenti ora impegnati a Gaza. Per altri l’accesa retorica su entrambi i lati del confine non prefigura ancora l’inizio di un’ampia campagna militare. Secondo il giornale di Beirut Orient Today, con il discorso bellicoso (anche nei confronti di Cipro alleato di Israele) che ha pronunciato qualche giorno fa, il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, «ha parlato di guerra per scongiurare la guerra». E qualcuno fa notare che nelle ultime 48 ore si è in parte placata l’offensiva con razzi e droni del movimento sciita verso l’alta Galilea e il Golan occupato mentre Israele sembra aver diminuito la frequenza dei suoi raid aerei. Ma il quadro è fluido ed è un azzardo fare previsioni.

In Cisgiordania – dove secondo le rivelazioni fatte ieri dal New York Times il ministro delle finanze israeliano Bezalel Smotrich starebbe attuando decisioni volte a rendere irreversibile l’occupazione israeliana di questo territorio – due palestinesi sono stati uccisi da un’unita speciale israeliana nella città di Qalqiliya.