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Per Biden l’indipendenza palestinese può attendere

Per Biden l’indipendenza palestinese può attendereBetlemme. Si manifesta per Shireen Abu Akleh durante la visita di Joe Biden

Palestina Incontrando ieri a Betlemme il leader dell'Anp Abu Mazen, il presidente Usa ha detto che «il terreno non è maturo per riavviare negoziati tra israeliani e palestinesi». Nel pomeriggio Biden ha raggiunto l'Arabia saudita

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 16 luglio 2022

Con il primo volo diretto di un presidente americano da Israele in Arabia saudita, ieri Joe Biden ha concluso la visita in Israele e quella, molto breve, nei Territori palestinesi occupati ed è sbarcato a Gedda per rinsaldare l’alleanza con il paese che in campagna elettorale aveva promesso di trasformare in un paria dopo la conclusione dell’intelligence Usa che il principe ereditario Mohammed bin Salman (Mbs) era stato il mandante dell’omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi. Pace fatta, tutto dimenticato. Biden ha solo evitato di stringere la mano all’erede al trono e lo ha salutato battendo il pugno. A Gedda oggi il presidente americano parteciperà al summit Gcc+3 che vede la presenza dei leader di Arabia Saudita, Kuwait, Oman, Bahrain e Qatar, più Iraq, Giordania ed Egitto. E potrebbe annunciare i primi passi della normalizzazione tra Tel Aviv e Riyadh.

Alle spalle Biden ieri si è lasciato la delusione del presidente palestinese Abu Mazen, con il quale ha parlato a Betlemme non più di mezz’ora. Il leader dell’Anp si è presentato alla conferenza stampa parlando di «mano tesa per la pace» a Israele. «Chiediamo – ha spiegato – una pace fondata sulle risoluzioni internazionali, l’Iniziativa di pace araba e gli accordi firmati». Poi ha chiesto: «Dopo 74 anni di Nakba, sfollamenti e occupazione, non è il momento che finisca l’occupazione e che il popolo palestinese ottenga libertà e indipendenza?». Invece secondo Biden «il terreno non è maturo per riavviare negoziati». Per il presidente Usa, la libertà dei palestinesi può attendere dopo 55 anni di occupazione israeliana di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est, città che il presidente americano ha descritto come la capitale di Israele non discostandosi dalla decisione unilaterale presa nel 2017 dal suo predecessore Trump. Non è altro che una dichiarazione vuota il sostegno alla «soluzione a Due Stati» lungo «le linee del 1967» espresso da Biden. «Due Stati con scambi (di terre) reciprocamente concordati restano il miglior modo per raggiungere misure uguali di sicurezza, prosperità, libertà e democrazia per palestinesi e israeliani», ha proclamato il presidente aggiungendo che il popolo palestinese «ha diritto a uno proprio stato, indipendente, sovrano, vivibile e contiguo». A cosa serve affermarlo se Israele continua liberamente a costruire insediamenti coloniali ovunque nei territori occupati rendendo impossibile la creazione di quello Stato «sovrano, vivibile e contiguo» a cui si riferisce Biden.

Così la cosa più concreta che Biden ha fatto ieri a Betlemme è dispensare un po’ di fondi statunitensi. 200 milioni di dollari andranno all’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che assiste i profughi palestinesi. Altri 100 milioni saranno stanziati per i servizi sanitari. E annunciando questi finanziamenti ha indirettamente accusato di corruzione l’Anp di Abu Mazen esortandola a «rafforzare le istituzioni palestinesi e a migliorare la governance e la trasparenza».

Trasparenza la chiedono anche i palestinesi, ma agli Usa. A centinaia hanno manifestato ieri a Betlemme contro le ambiguità della politica estera di Washington e per chiedere giustizia e verità per Shireen Abu Akleh, la giornalista con cittadinanza Usa uccisa a Jenin l’11 maggio scorso. Per il Dipartimento di stato americano è stata colpita con ogni probabilità da fuoco israeliano ma non «intenzionalmente». Una versione respinta dalla famiglia Abu Akleh che invano ha chiesto di incontrare Biden. «Chiediamo che siano assicurati alla giustizia i responsabili della morte di Shireen Abu Akleh», ha esortato anche Abu Mazen. Biden si è limitato a rispondere che «gli Stati uniti continueranno a insistere su un resoconto completo e trasparente della morte della giornalista». Ieri, nella sala stampa, i colleghi di Abu Akleh hanno riservato per lei una poltrona su cui hanno deposto la sua immagine. Cartelloni in memoria della reporter sono stati esposti nella piazza della Mangiatoia a Betlemme.

 

 

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