Con il primo volo diretto di un presidente americano da Israele in Arabia saudita, ieri Joe Biden ha concluso la visita in Israele e quella, molto breve, nei Territori palestinesi occupati ed è sbarcato a Gedda per rinsaldare l’alleanza con il paese che in campagna elettorale aveva promesso di trasformare in un paria dopo la conclusione dell’intelligence Usa che il principe ereditario Mohammed bin Salman (Mbs) era stato il mandante dell’omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi. Pace fatta, tutto dimenticato. Biden ha solo evitato di stringere la mano all’erede al trono e lo ha salutato battendo il pugno. A Gedda oggi il presidente americano parteciperà al summit Gcc+3 che vede la presenza dei leader di Arabia Saudita, Kuwait, Oman, Bahrain e Qatar, più Iraq, Giordania ed Egitto. E potrebbe annunciare i primi passi della normalizzazione tra Tel Aviv e Riyadh.
Così la cosa più concreta che Biden ha fatto ieri a Betlemme è dispensare un po’ di fondi statunitensi. 200 milioni di dollari andranno all’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che assiste i profughi palestinesi. Altri 100 milioni saranno stanziati per i servizi sanitari. E annunciando questi finanziamenti ha indirettamente accusato di corruzione l’Anp di Abu Mazen esortandola a «rafforzare le istituzioni palestinesi e a migliorare la governance e la trasparenza».
Trasparenza la chiedono anche i palestinesi, ma agli Usa. A centinaia hanno manifestato ieri a Betlemme contro le ambiguità della politica estera di Washington e per chiedere giustizia e verità per Shireen Abu Akleh, la giornalista con cittadinanza Usa uccisa a Jenin l’11 maggio scorso. Per il Dipartimento di stato americano è stata colpita con ogni probabilità da fuoco israeliano ma non «intenzionalmente». Una versione respinta dalla famiglia Abu Akleh che invano ha chiesto di incontrare Biden. «Chiediamo che siano assicurati alla giustizia i responsabili della morte di Shireen Abu Akleh», ha esortato anche Abu Mazen. Biden si è limitato a rispondere che «gli Stati uniti continueranno a insistere su un resoconto completo e trasparente della morte della giornalista». Ieri, nella sala stampa, i colleghi di Abu Akleh hanno riservato per lei una poltrona su cui hanno deposto la sua immagine. Cartelloni in memoria della reporter sono stati esposti nella piazza della Mangiatoia a Betlemme.