Penza, via i rom dopo la battaglia con i residenti
Russia Il 13 giugno la protesta in seguito ai tentativi di pogrom era sfociata in gravi incidenti con uso di armi da fuoco da entrambe le parti
Russia Il 13 giugno la protesta in seguito ai tentativi di pogrom era sfociata in gravi incidenti con uso di armi da fuoco da entrambe le parti
Ieri all’alba è iniziata la deportazione della comunità rom residente a Chemodanovka, una cittadina non lontana da Penza. Poco meno di mille persone sono state caricate sugli autobus e trasferite nella vicina provincia di Vladimir dove esistono altri accampamenti rom. La misura è stata presa dalle autorità regionali dopo i gravissimi incidenti avvenuti la scorsa settimana.
LA SERA DEL 13 GIUGNO gruppi di rom hanno portato scompiglio nella cittadina scontrandosi con i residenti. Secondo i rom l’esplosione di collera è avvenuta dopo dei tentativi di pogrom da parte di cittadini della zona. Durante gli incidenti, a cui avrebbero preso parte qualche centinaia di persone, un uomo di 34 anni ha perso la vita e 4 sono finite in rianimazione per le gravi ferite subite.
Durante gli incidenti da entrambe le parti si è fatto uso di armi da fuoco.
Dopo che le forze antisommossa avevano riportato la tranquillità, la notte successiva i residenti decidevano di bloccare con barricate la Provinciale 6 per chiedere l’allontanamento della popolazione gipsy. Ne seguivano scontri con la polizia che portavano al fermo di 174 persone, 25 delle quali venivano arrestate. Nelle ore seguenti le forze dell’ordine annunciavano anche «l’arresto di 15 zingari coinvolti nelle violenze di 2 giorni fa».
IL GOVERNO HA QUINDI AGITO a due livelli per impedire la recrudescenza delle violenze: ha bloccato le azioni della popolazione locale volte a «farsi giustizia da sé» e poi ha allontanato dalla zona i rom come richiesto a gran voce dai residenti. Un mix di legalità e pugno di ferro che ha funzionato anche in altri recenti incidenti esplosi su base inter-etnica in diverse zone del paese.
La Russia è composta da un centinaio di realtà nazionali che hanno sempre convissuto in precario equilibrio. Nei mesi recenti, scontri come quelli di Chemodanovka hanno iniziato però a ripetersi con frequenza segno di evidente «difficoltà a tenere insieme il tessuto sociale», come ha ammesso uno dei dirigenti della polizia chiamato a riportare la pace nella cittadina. Il reddito pro capite nella regione non raggiunge i 300 euro mensili e al di fuori della capitale dove continua a operare una vivace industria metallurgica, la disoccupazione, specialmente giovanile, dilaga.
LA SITUAZIONE COMPLESSIVA del paese non è migliore. Proprio ieri l’ex ministro delle Finanze e attuale capo della corte dei conti Alexej Kudrin ha denunciato che la Russia «è sull’orlo di un’esplosione sociale a causa dell’aumento generalizzato della povertà». Intervistato in tv ha affermato che «in Russia esistono 12,5 milioni di poveri» la cui condizione va assolutamente alleggerita. «Ci sono le risorse nel bilancio statale per ridurre la povertà del 30-40% aiutando in primis le famiglie con figli».
L’accusa è stata subito rintuzzata dal Cremlino per bocca del portavoce di Putin Dmitry Peskov: «In Russia esistono delle situazioni di difficoltà – ha detto -, ma non si può dire che stia aumentando la povertà».
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