Come sarebbe stato il mondo se non ci fosse stato il manifesto? E soprattutto: come sarebbe il mondo se non ci fosse il manifesto? La risposta in ambedue i casi è: peggiore, molto peggiore.

Non lo dico perché in occasione di compleanni le felicitazione e gli auguri sono quasi d’obbligo; lo dico perché lo penso. E non lo dico solo pensando al manifesto storico, quello dei «Grandi Vecchi», i Pintor, le Rossande, i Parlato, le Castelline, i Magri. Ma lo dico pensando anche a tutti quelli che, in questi lunghi anni, li hanno accompagnati e seguiti, e a tutti quelli che ancora oggi lo fanno e ci rendono possibile ogni giorno leggerlo e meditarlo.

SOPRA IL TITOLO del giornale spicca da sempre la specificazione: «quotidiano comunista». È il giusto richiamo ad una tradizione, ad un passato, ad una matrice culturale e ad una classe, che questo gruppo non ha mai voluto né dimenticare né tanto meno rinnegare. Però, prima del comunismo, nell’esperienza originaria, quella marxista, c’è stata la critica: la critica della società capitalistica, la critica dell’ideologia, la critica delle forme di governo borghesi. Poiché il comunismo, a quanto pare, non è per ora all’ordine del giorno, il manifesto è tornato alle origini, ha riscoperto la critica dell’ideologia, ha praticato giorno per giorno, instancabilmente, la critica del potere.

SE DIPENDESSE DA ME, sopra quel titolo ci scriverei: «quotidiano del pensiero critico». In una fase storica in cui omologazione, sudditanza e servilismo dominano in tutti i campi, il manifesto è tornato alle origini, ha riscoperto la critica dell’ideologia, ha praticato giorno per giorno, instancabilmente, la critica del potere. Se dipendesse da me, sopra quel titolo ci scriverei: «quotidiano del pensiero critico».

In una fase storica in cui omologazione, sudditanza e servilismo dominano in tutti i campi, il manifesto con le sue analisi e le sue «interpretazioni» ci ammonisce quotidianamente che non ci potranno essere né ripresa né progetto senza una buona, onesta, efficace, radicale critica dell’esistente. È da qui che si riparte, compagni, non dalle idee fatte, non dalle minestre riscaldate. Aggiungo che non c’è (vera) libertà di stampa senza un autentico pensiero critico; e non c’è pensiero critico senza libertà di stampa. Questo è il primo intreccio da difendere e tutelare: a tutti i costi.

LA DOMANDA ORA È: come sarà il mondo senza il manifesto? La risposta questa volta è: peggiore, molto peggiore, anzi pessimo. Ecco perché l’augurio non può che consistere in un impegno, un impegno diffuso, capillare, comune: fare in modo che il manifesto continui ad esserci perché i nostri prossimi quarant’anni non siano peggiori, molto peggiori di quelli che ci siamo lasciati alle spalle. alberto asor rosa

Dall’archivio del manifesto, articolo del 28 aprile 2010