Italia

Pedofilia nella Chiesa, 89 vittime in due anni. Pure con il lockdown

Protesta nei pressi di S. Pietro contro i preti pedofili da parte delle vittime di abusi foto LaPresseProtesta nei pressi di S. Pietro contro i preti pedofili da parte delle vittime di abusi – LaPresse

La Conferenza episcopale italiana pubblica i dati del primo rapporto sulle violenze compiute da preti e insegnanti di religione. Nessuna denuncia all’autorità civile da parte delle gerarchie ecclesiastiche

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 18 novembre 2022

Novanta casi di abuso sessuale compiuto in una parrocchia, in un’aula di catechismo o in un seminario denunciati in due anni. È il dato che emerge dal primo rapporto sulla pedofilia nella Chiesa commissionato dalla Conferenza episcopale italiana, realizzato dall’Università cattolica del Sacro Cuore (sede di Piacenza) e presentato ieri dal segretario generale dei vescovi, monsignor Giuseppe Baturi, e da monsignor Lorenzo Ghizzoni, presidente del Servizio nazionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili della Cei.

SONO 89 GLI ABUSI segnalati ai centri di ascolto delle diocesi italiani nel biennio 2020-2021, perlopiù ai danni di minorenni: in 12 casi si tratta di bambine e bambini con meno di dieci anni, 28 hanno fra i dieci e i quattordici anni, 33 fra i quindici e i 18 anni, solo in 16 sono maggiorenni.

È un dato elevato, ma decisamente sottostimato: i centri di ascolto sono novanta, mentre le diocesi in Italia sono 226; e nel periodo preso in esame si era in piena emergenza Covid, quindi per diversi mesi i centri sono rimasti chiusi o sono stati impossibili da raggiungere a causa del lockdown.

Per quando riguarda la tipologia di abusi, il rapporto indica che vi sono stati «comportamenti e linguaggi inappropriati» in 24 casi, «toccamenti» (21), «molestie sessuali» (13), «rapporti sessuali» (9), «esibizione di pornografia» (4), «adescamento online» (3) e «atti di esibizionismo» (2).
Gli abusatori sono in tutto 68, di cui 30 preti, 15 religiosi e 23 laici – che quindi sono un terzo del totale –, come insegnanti di religione cattolica, sagrestani, animatori dell’oratorio, catechisti e responsabili di associazioni ecclesiali, prevalentemente (il 60%) di un’età compresa fra i quaranta e i sessant’anni. I luoghi nei quali gli abusi e le violenze si sono consumate sono soprattutto parrocchie (33,3%), sedi di movimento e associazioni (21,4%), seminari, noviziati e case di formazione (11,9%), scuole cattoliche (6%).

Cosa hanno fatto i vescovi dopo che i centri di ascolto hanno segnalato loro gli abusi? Hanno preso un provvedimento disciplinare canonico nei confronti dei preti abusatori e talvolta hanno trasmesso il caso al Dicastero vaticano per la dottrina della fede. E hanno proposto ai preti pedofili dei «percorsi di riparazione, responsabilizzazione e conversione», compresi l’inserimento in «comunità di accoglienza specializzata» e «accompagnamento psicoterapeutico».

COME SI NOTA, la denuncia alla autorità civile da parte delle gerarchie ecclesiastiche non è contemplata. Quello dell’assenza dell’obbligo della denuncia penale resta una delle gravi lacune delle linee guida antipedofilia della Chiesa italiana, come più volte sottolineato dalle associazioni delle vittime, dal coordinamento anti-abusi «Italy Church too» e dai gruppi di base, come «Noi siamo Chiesa». L’onere della denuncia penale spetta solo alle vittime.

COSA VIENE OFFERTO dai centri di ascolto alle vittime che denunciano l’abuso? Poco o nulla: soprattutto informazioni e aggiornamenti sull’iter della pratica (43,9% dei casi), incontri con il vescovo diocesano (24,6%), un percorso di sostegno psicoterapeutico (14%), un cammino di accompagnamento spirituale (12,3%). La voce indennizzi non è nemmeno contemplata. Eppure lo stesso rapporto spiega che in circa metà dei casi il trauma dell’abuso subito provoca nelle vittime delle conseguenze che perdurano a lungo nel tempo.

Al di là dei numeri, il rapporto presenta numerose lacune. È vero che si tratta della prima indagine presentata dalla Chiesa italiana, ma nello stesso tempo assomiglia alla proverbiale montagna che partorisce un topolino. A differenza di altre Conferenze episcopali, a cominciare da quella francese per non allontanarsi troppo, che hanno condotto delle inchieste realmente indipendenti, su una grande e diversificata mole di dati e lungo un arco temporale di diversi decenni.

LA CEI INVECE ha affidato l’analisi dei numeri all’Università Cattolica, sulla cui piena autonomia e indipendenza è più che lecito avanzare dubbi. Ha utilizzato unicamente i dati dei centri di ascolto attivati dalle diocesi, e nemmeno tutte, dove molte vittime non si recano volutamente a denunciare gli abusi subiti dai preti. Ha ristretto l’indagine al biennio 2020-2021. Mancano tutti i dati del Dicastero per la dottrina della fede, dove – è stato rivelato in conferenza stampa – sono aperti 613 fascicoli contro preti pedofili italiani, della magistratura e delle associazioni delle vittime.
«Siamo appena all’inizio», ha detto monsignor Ghizzoni in conferenza stampa. Ma non pare decisamente un buon inizio.

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