Visioni

«Pearl», desiderare oltre l’orizzonte nel mezzo di un terribile presente

«Pearl», desiderare oltre l’orizzonte nel mezzo di un terribile presenteMia Goth in «Pearl»

Venezia 79 Presentato fuori concorso il nuovo film di Ti West, una carneficina ambientata nell'epoca della Prima Guerra Mondiale

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 11 settembre 2022

Pearl vuole condurre un’esistenza diversa. Una fattoria con mucche, galline e poco altro intorno, il padre su una sedia a rotelle semi-cosciente, il marito partito per una guerra lontana e incomprensibile in Europa, le persone terrorizzate da un virus, la Spagnola, che ha invaso l’intero pianeta, e una madre di origine tedesca che le impone una disciplina ferrea.
Pearl ama soprattutto ballare, essere una star. Non vede l’ora di attraversare il confine per scoprire cosa vi sia oltre la campagna. In attesa di emanciparsi, si affida alle fantasie della sua mente e di un cinematografo, grazie all’incontro con un proiezionista dall’aria furba.
Sono solo immagini, perché in realtà è costretta a una sorta di clausura, a vivere tra campi di mais, la stalla e un bagno dove pulire il genitore infermo. I demoni che percorrono il suo corpo non sono affatto dei semplici sognatori. Adorano gli spaventapasseri, i forconi e le asce. E spingono la ragazza a fare amicizia con un alligatore mai sazio e fortunato per i pasti che lo attendono.

A POCA distanza da X – A Sexy Horror Story, Ti West torna alla regia con Pearl, presentato alla Mostra, fuori concorso. E di nuovo, un’altra carneficina. D’altro canto, era inevitabile, nella storia siamo all’epoca della Prima Guerra Mondiale, dunque nel mezzo di un massacro di corpi, tra orrori e follie collettive. E poi, una pandemia che sta sterminando l’umanità ancor più dei gas e delle armi chimiche.
All’interno di questo incubo, il film inizia con un desiderio innocente, col tentativo di una ragazza di andare avanti, di guardare al di là dell’orizzonte. Di indossare un bel vestito per danzare, al posto di una salopette che sopprime ogni immaginario.
Guarda al futuro insomma, a quella dimensione temporale che sempre più è difficile da immaginare. Pearl, come detto, vorrebbe svincolarsi dalle catene del passato e del presente. Ma non ci riesce o, almeno, i suoi piani sono frustrati da un mondo circostante che non prevede cambiamenti, che inibisce aspirazioni, che esorta solo a essere vittime dei bisogni e interessi altrui, che siano quelli di una madre intenzionata a mandare avanti una fattoria o capi di governo che ordinano a moltitudini di uccidersi vicendevolmente attraverso atroci strumenti di soppressione.
Ti West, come in altre occasioni, mescola il genere con il racconto del mondo e di parabole esistenziali. Per certi versi, realizza un viaggio nel tempo, con un film dai tratti classici e con una storia che tra guerre e pandemia mette in corto circuito l’inizio del Novecento e i primi due decenni del Duemila. Gioca col cinema consapevole che in quel linguaggio ironico e divertito si celi e si esibisca il tragico destino di un’umanità votata all’autodistruzione.

SE I DIVORATORI di carni umane di Bones And All narrati da Luca Guadagnino attraversano in lungo e largo quasi un intero continente alla ricerca della propria identità, Pearl, suo malgrado, rimane dov’è nel tentativo disperato di non trovare se stessa, di non rivelarsi agli occhi suoi e degli altri.

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