Pd il voto è aperto ma le liste bloccate
La legge elettorale fatta in casa Sulla scheda delle primarie nei gazebo gli elettori troveranno solo i nomi di Bonaccini e Schlein. Ma a essere eletto segretario sarà chi prende più delegati all'Assemblea nazionale. Candidati sconosciuti, ma oggi in realtà si vota per loro
La legge elettorale fatta in casa Sulla scheda delle primarie nei gazebo gli elettori troveranno solo i nomi di Bonaccini e Schlein. Ma a essere eletto segretario sarà chi prende più delegati all'Assemblea nazionale. Candidati sconosciuti, ma oggi in realtà si vota per loro
La scheda è semplice, solo due riquadri, appena due nomi. Stefano Bonaccini o Elly Schlein? Ma è una semplicità che inganna, perché i tanti o pochi che oggi parteciperanno alle primarie aperte del Pd non voteranno direttamente per il segretario o la segretaria del partito. Voteranno per eleggere i seicento componenti dell’Assemblea nazionale del Pd. Chi ha più delegati viene proclamato segretario, così dice lo statuto (articolo 12, comma 11). Un sistema che ricorda quello delle presidenziali degli Stati uniti. Centrato sulle liste bloccate di candidati, elenchi precompilati che in ogni collegio i due front runner Bonaccini e Schlein cercheranno di tirarsi dietro. Nomi che gli elettori non conoscono e che non troveranno sulla scheda.
«Vent’anni di liste bloccate hanno distrutto la democrazia e il rapporto con i cittadini e gli elettori», è un pensiero di Enrico Letta. Pensiero condiviso dal partito di cui fino a oggi è stato segretario. Tant’è che il programma con il quale il Pd si è presentato alle elezioni politiche, cinque mesi fa, diceva: «Le liste bloccate sviliscono il ruolo del parlamentare, ne condizionano il comportamento». Peccato però che lo statuto e il regolamento elettorale che il partito si è dato per sé, documenti appena modificati, continuino a proporre le liste bloccate. Con candidati persino meno conosciuti di quelli che si è costretti a votare alle politiche, perché quelli almeno sono protagonisti della campagna elettorale.
Non è un dettaglio perché saranno proprio loro, i candidati misteriosi, a ratificare l’elezione del segretario nella prima riunione dell’Assemblea nazionale. E sempre loro dovranno decidere su un’eventuale sfiducia o sostituzione. Bonaccini e Schlein hanno chiuso, faticosamente, solo mercoledì sera le loro liste. Adesso andrebbero stampate e distribuite nei seggi. Perché qualche volenterosso possa almeno trovarle lì.
I posti in palio per l’Assemblea sono 600, divisi in 22 circoscrizioni, una per regione salvo il Trentino Alto Adige diviso nelle due province Trento e Bolzano, più una circoscrizione estero. Ogni circoscrizione è divisa in collegi, in totale sono novanta e dunque sono tutti molto grandi: da mezzo milione di abitanti in su (l’intero comune di Torino è in un unico collegio, la Sardegna è divisa in solo due collegi). La Lombardia elegge il maggior numero di delegati, 97, la Valle d’Aosta, Bolzano e il Molise appena 4. Le grandi città pesano naturalmente di più: Roma elegge 29 dei 53 delegati del Lazio. Nelle grandi città, com’è noto, Schlein ha quasi ovunque battuto Bonaccini nel voto degli iscritti. È possibile che questa tendenza si confermi nel voto allargato di oggi. Ma è assai improbabile che possa verificarsi un fenomeno come quello talvolta accaduto negli Usa, quando il voto popolare non rispecchia il voto per i delegati.
È un rischio che, almeno in teoria, non si può mai escludere nelle elezioni di secondo grado, come formalmente sono queste per la segreteria del Pd. In caso di testa a testa, per via della distribuzione locale dei consensi e dei seggi, la lista del candidato segretario che raccoglie la percentuale maggiore potrebbe scoprire di avere qualche delegato in meno della lista dell’avversario. Un caso limite che il sistema di distribuzione dei voti, proporzionale con recupero dei resti, in questo caso allontana.
Nell’assemblea nazionale ci sarà spazio anche per un certo numero di delegati non eletti nelle primarie. Una cinquantina di componenti di diritto (dai membri della commissione nazionale per il congresso agli ex segretari alle capogruppo in parlamento), più i due candidati alla segreteria che non si sono «qualificati» per il ballottaggio aperto di oggi, Paola De Micheli e Gianni Cuperlo e una piccola delegazione di loro rappresentanti. Lo statuto prevede questo diritto di tribuna in ragione di due delegati (un uomo e una donna) per ogni punto percentuale che il candidato ha raccolto nel voto degli iscritti se supera però il 5%. Dunque sedici per Cuperlo e in teoria nessuno per De Micheli che si è fermata al 4,3%. Ma pare che avranno un po’ di spazio anche i suoi. Tanto, come tutti i membri aggiunti a quelli eletti con le liste bloccate, non possono votare per la segreteria.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento