Il referendum sul taglio dei parlamentari spacca il Pd. A meno di un mese dalle urne i dem si avviano all’appuntamento sempre più in ordine sparso. Il no prende piede, nella base che prepara le grandi feste dell’Unità in Emilia al via in settimana, ma anche tra i dirigenti. E così Nicola Zingaretti accelera: la direzione per scolpire la posizione ufficiale sarà all’inizio della prossima settimana.

Cosa uscirà? Innanzittutto una netta contrapposizione tra i fautori del Sì e quelli deno No. «Sono 30 anni che il centrosinistra propone di ridurre i parlamentari, l’antipolitica cresce quando la politica non mantiene le promesse», attacca il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. «Il sì è l’umiliazione della politica, il trionfo del populismo. Il Pd ritrovi coraggio e autonomia e voti no», gli risponde l’ex presidente Matteo Orfini schierato con il taglio insieme ad altri big come Gianni Cuperlo, Giorgio Gori e al presidente della Campania Vincenzo De Luca. Mentre il ministro della Difesa Lorenzo Guerini e l’ex tesoriere Luigi Zanda vengono dati in avvicinamento al No.

A FAR INFUOCARE gli animi dei dem ci pensa Luigi Di Maio, che posta sui social una foto di Nilde Iotti e una frase della ex presidente della Camera del 1984 a favore della riduzione dei parlamentari. «Non aggiungo altro. E c’è ancora chi parla di populismo…», chiosa il ministro degli Esteri. Apriti cielo. «Portate rispetto alla Presidente Iotti, anziché strumentalizzare il suo pensiero nella campagna per il Referendum ricordatevi di lei sempre ed insegnate ai giovani tutte le sue coerenti proposte per innovare le istituzioni secondo la Costituzione», attacca Livia Turco, presidente della Fondazione Iotti.

Zingaretti sta cercando una sintesi: fonti dem spiegano che potrebbe attestarsi su un invito a votare sì ma «con libertà di coscienza». Un sì ultralight, dunque, condito da una serie di paletti che anche ieri il segretario ha ribadito: «Noi abbiamo deciso un anno fa di procedere al taglio dei parlamentari e parallelamente a fare modifiche regolamentari per rafforzare questo aspetto. Se questo non avviene -ha aggiunto- non è un problema del Pd, ma di tutta la maggioranza. E confido che il presidente Conte e l’intera maggioranza capiscano che è un tema da affrontare».

DA QUI A UNA SETTIMANA, dunque il M5S deve dare segnali chiari sulla nuova legge elettorale e sui correttivi per evitare che alcune aree del Paese siano sottorappresentate nelle Camere, in particolare al Senato. Altrimenti potrebbe cadere anche l’indicazione generica per il sì: questo il messaggio di Zingaretti ai grillini. E’ il movimento delle Sardine a ricordare i rischi del taglio degli onorevoli: «In alcune regioni ci saranno soglie implicite molto alte per poter eleggere i senatori, è un problema di democrazia». «Fake news», replicano dal M5S. Di certo non ci sarà un impegno ventre a terra del Pd per il sì: nelle due principali feste dell’Unità-la nazionale di Modena e quella di Bologna- il tema è relegato a un solo dibattito, in cui avranno la parola anche sostenitori del No come Gianni Cuperlo e Tommaso Nannicini.

Sul fronte del governo invece i ministri dem appaiono compatti: da Roberto Gualtieri a Dario Franceschini, da Giuseppe Provenzano a Francesco Boccia la delegazione voterà Sì. Così come il vicesegretario Andrea Orlando.

ANCHE LA LEGA ha rotto gli indugi. «Voteremo sì al referendum», ha spiegato ieri Matteo Salvini rispondendo a una domanda. «Io ho votato sì quattro volte e per coerenza andrò a votare sì. Poi il referendum è in mano ai cittadini, ognuno farà le sue scelte». Nei comizi il capo leghista di questo tema non parla. Nessun regalo all’ex amico Luigi Di Maio.

Dentro Forza Italia i paladini del No cercano di sedurre gli alleati di Lega e Fratelli d’Italia: «Sarà un referendum sul M5S», dice il senatore Andrea Cangini. «Se vinceranno i No, il grillismo sarà sconfitto e la crisi si ripercuoterà sul governo: non vedo come Salvini e la Meloni possano astenersi dal votare No…». Un invito che per ora cade nel vuoto. Lega e Fdi preferiscono non urtare il sentimento anti-casta.