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Paul Morand dalle paludi del Tamigi alla high society

Paul Morand  dalle paludi  del Tamigi alla high societyCamille Pissarro, «Charing Cross Bridge, Londra», 1890 (Washington, National Gallery of Art)

Novecento francese «Londra», da Settecolori

Pubblicato 5 giorni faEdizione del 22 settembre 2024

Alla fama di Paul Morand ha contribuito, soprattutto, la sua vicenda biografica. Diplomatico, abbandonò la prestigiosa sede di Londra per recarsi a Vichy, dove all’inizio venne messo da parte e poi reintegrato in ruoli prestigiosi. L’accusa di collaborazionismo gli valse un esilio volontario in Svizzera, dove rimase fino al 1956, finché, al suo ritorno a Parigi, ritrovò un ruolo nella scena letteraria tramite il movimento degli Ussari, conservatori e provocatori, di cui era capofila Roger Nimier, autore del notevole Le spade, uscito nel 1948.

L’editoria lo ha frequentato poco: esce ora da Settecolori Londra (traduzione e cura di Leopoldo Carra, postfazione di Maurizio Serra, pp. 350, € 28,00), un personalissimo reportage, la cui struttura, assai complessa, prevede all’inizio una storia della città, fin dall’origine, che unisce commento erudito e esperienza personale: «Londra fu fondata da giganti; quei giganti dovevano avere gambe da trampoliere per farsi strada fra i meandri paludosi del Tamigi, e teste più alte di un faro per dominare la distesa delle foreste. Di quei titani leggendari, rimangono solo Gog e Magog: sono i patroni di Londra e abitano in municipio, nella Guildhall».

Il modello letterario, al quale sempre torna Morand è il Diario di Samuel Pepys, di cui conosceva solo una parte (il testo integrale è uscito nel 1983), che lo aveva folgorato. Gli piaceva del grande scrittore inglese, che aveva redatto il suo testo in una complessa tachigrafia, la confessione delle sue passioni, dei suoi vizi, unita alla straordinaria capacità di rappresentare i disastri del tempo, di cui dà magnifica prova nelle pagine celebri dedicate a due diverse calamità: l’incendio e la peste di Londra. Quando Morand scrive, la città ha subito una metamorfosi: non ci sono più per le strade i lord che dedicano cospicue somme e ricerche alla loro eleganza personale. I giovani vestono abiti di flanella e colletti flosci, riprovati dalla stampa conservatrice. Grazie alla sua attività di diplomatico, Morand frequenta volentieri la high society, e ama la vita notturna, i locali, le danze. Molto meno gli scrittori: non tratta di Bloosmbury e dei suoi addentellati, degli autori a lui contemporanei cita solo Evelyn Waugh, perché frequenta i suoi stessi ambienti, dove è figura di riferimento, in specie dopo il grande successo di Declino e caduta, noto in Italia anche come Lady Margot (1928).

Morand è notevole quando racconta il primo dopoguerra nella capitale di un impero scosso nelle sue sicurezze. Un luogo di wild parties, feste selvagge, come quelle cantate nelle incantevoli e spesso crudeli canzoni di Noël Coward degli anni Venti e Trenta. Nei rags a Chelsea poteva accadere di tutto: anche che un ballerino vestito di tutto punto scommettesse di lanciarsi dalla finestra e morisse trafitto dal cancello.

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