Patrick, Bologna mobilitata da 48 ore: «La ricerca non si arresta»
Italia/Egitto Secondo giorno di manifestazioni all'università. Centinaia di studenti, con loro piazza Amnesty, Elly Schlein e i vertici di UniBo: «Le comunità accademiche si stanno mobilitando. Il governo italiano garantisca protezione a Patrick e alla sua famiglia»
Italia/Egitto Secondo giorno di manifestazioni all'università. Centinaia di studenti, con loro piazza Amnesty, Elly Schlein e i vertici di UniBo: «Le comunità accademiche si stanno mobilitando. Il governo italiano garantisca protezione a Patrick e alla sua famiglia»
«Abbiamo una sola richiesta, un solo messaggio che vogliamo sia diffuso nella maniera più forte e chiara possibile: Patrick deve essere rilasciato subito e la sua detenzione illegale deve essere oggetto di indagine internazionale». A chiederlo al megafono è Giada, studentessa dell’Università di Bologna e compagna di master di Patrick Zaki, studente egiziano arrestato dal regime del Cairo al suo ritorno in patria.
Tutto intorno trecento manifestanti tra studenti, docenti e attivisti di Amnesty International. Striscioni, cartelli gialli che chiedono il «rilascio immediato», cartelli rossi che ricordano che «la ricerca non si arresta». Ieri sera per il secondo giorno consecutivo Bologna è scesa in piazza per la liberazione del giovane e si è stretta attorno a chi lo conosceva, perché faceva lezione con lui o perché semplicemente ci usciva assieme la sera.
«Sarà anche un cittadino egiziano e quindi soggetto a quelle leggi, ma è anche vero che Patrick è uno di noi e vogliamo che possa tornare subito a Bologna», aggiunge Anna, 22 anni, studentessa di scienze politiche.
«Il governo italiano intervenga subito e garantisca a Patrick la protezione internazionale, a lui e alla sua famiglia perché potrà anche essere liberato, ma sarà per sempre nel mirino dei servizi segreti egiziani», aggiunge al microfono Mazn, attivista di origine libica residente a Bologna.
In piazza Scaravilli, cuore della zona universitaria di Bologna, si fa vedere anche la politica: c’è la neoeletta consigliera regionale Elly Schlein e ci sono i vertici dell’Università di Bologna.
«Appena abbiamo saputo la notizia abbiamo preso contatto con i ministeri competenti, l’Alma Mater ha tra i suoi pilastri la libertà delle persone, per questo chiediamo, pretendiamo e auspichiamo almeno il rispetto dei diritti umani», spiega il prorettore vicario Mirko Degli Esposti.
«Questa non deve essere una questione dell’Unibo, tutti si devono preoccupare della sorte di Patrick Zaki», aggiunge l’ex rettore Ivano Dionigi. Non bastano le parole, dice qualche studente, «bisogna fare di più».
In pochi pronunciano il nome di Giulio Regeni, ma la sorte del ricercatore italiano è nei pensieri di tutti. «Non deve assolutamente succedere di nuovo, dobbiamo mettere pressione al governo egiziano e fare capire loro che sono sotto osservazione», dice Riccardo Rifoldi, coordinatore bolognese dell’Associazione dottorandi italiani.
Ma è solo un accenno, nessuno vuole nemmeno pensare al peggio, tutti sono concentrati sul qui e ora, sul richiedere la liberazione del compagno e amico. «Siamo in contatto con gli avvocati di Patrick in Egitto – spiega Francesca Santoro di Amnesty Bologna – La situazione è fluida e non sappiamo nemmeno quali siano i capi d’accusa visto che stanno cambiando di ora in ora. Segno che il regime proverà a utilizzare ogni scusa per trattenerlo in carcere. Come Amnesty vogliamo preparare un’iniziativa al giorno per mantenere viva l’attenzione e vorremmo anche manifestare a Roma».
A tenere le fila della mobilitazione non c’è solo Amnesty, c’è anche la rete internazionale di studenti che gira attorno al master frequentato dallo studente egiziano. Il Gemma, il master biennale in studi di genere e donne, organizzato da un consorzio di università: oltre a Bologna, Granada, Oviedo, Utrecht, York e Budapest.
«Le comunità accademiche si stanno mobilitando – dice Rita Monticelli, coordinatrice del corso – Siamo in contatto con Canada, Germania, Usa e altri paesi» che con Patrick hanno condiviso tante lezioni. Per domani potrebbe essere già organizzata la prossima manifestazione, «ma ancora non abbiamo deciso dove».
L’obiettivo è allargare a macchia d’olio la mobilitazione e farla uscire dai confini dell’Università di Bologna. Che ancora non ha toccato il suo picco. Le rappresentanze studentesche puntano a fare approvare in ogni dipartimento un ordine del giorno a favore di Patrick. Prova a spiegarlo meglio Francesco Lopes degli universitari di Link Bologna: «Non basta dichiarare, bisogna fare di più, sempre di più, e bisogna farlo in fretta».
«Patrick è una persona meravigliosa, è stato selezionato come tutti noi per partecipare a questo master europeo e ha ottenuto una borsa di studio di due anni. Lo rivogliamo subito qui».
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