Visioni

«Patagonia», in viaggio inseguendo una stralunata libertà

«Patagonia», in viaggio inseguendo una stralunata libertàUna scena da Patagonia

Al cinema L'opera prima di Simone Bozzelli, un racconto di formazione tra controllo e seduzione. Due ragazzi, una comunità bislacca di rave e strada con eccesso di artificio

Pubblicato circa un anno faEdizione del 14 settembre 2023

Le premesse di Patagonia sono interessanti. Ecco Yuri, un giovane smarrito, che vive con la zia in un paesino abruzzese. Dà una mano nella macelleria di famiglia ma non sembra essere sveglio. Anche perché quella vita è soporifera. Poi alla festa di compleanno dei bambini arriva Agostino, piercing, capelli colorati, disinvolto e provocatorio, dovrebbe fare l’animatore, in realtà cattura con la sua trasgressività Yuri. Che lo segue sul camper, vittima predestinata dei tiri mancini che faranno ridere i bimbi e lasciare perplesso Yuri. Che non capisce, si adegua e rimane più che stordito affascinato da questa nuova dimensione di vita girovaga. E non sono i soli, nella campagna altri artisti di strada formano una comunità, bislacca ma vitale. Ma loro hanno un sogno del tutto immaginario: la Patagonia.

OPERA prima di Simone Bozzelli, presentata al festival di Locarno, Patagonia sembra voler proseguire l’estetica di I Wanna Be Your Slave dei Måneskin, diretto dallo stesso regista. Immagini che puntano a spiazzare lo spettatore, a stanarlo dalla sua cuccia tranquilla, per portarlo in un territorio in cui il confine tra prevaricazione, abuso e consenso è molto labile. Sottolineato dalle gabbie in cui stanno gli animali, dalla cavia che viene portata a spasso come animale che merita affetto e in grado di suscitarlo. Poi però resta cavia. Ecco, forse il limite del film sta nel voler sperimentare qualcosa che possa andare oltre il luogo comune, ma non basta il rave, il mangiafuoco, la paternità eccentrica e lo sbandamento. Ognuno sceglie, nei limiti del possibile, la vita che gli pare di dover vivere, quella di Agostino e dei suoi amici sembra vibrare di libertà, ma forse non è proprio così. Certo, tra il fare il cassiere nella macelleria di zia e vivere in una specie di circo, non c’è storia. Tutto però suona un po’ artificioso, con i primi piani esasperati, i corpi ostentati, leccati (in senso letterale, non curati), segnati.

Ti comporti bene premio, ti comporti male punizione. Questa la filosofia di Agostino un po’ sempliciotta, capace di irretire e sedurre uno stralunato Yuri, ma di risultare estranea a chi non intende farsi intortare dalla trasgressione programmatica. Eppure, Bozzelli ha mostrato di sapere leggere e di saper raccontare il sonnolento paesino abruzzese, popolato da zie e personaggi apparentemente inanimati, la cui alternativa non è necessariamente il ribaltone totale di prospettiva.

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