L’aumento e la perdita di massa per i ghiacciai sono processi normali su scale temporali ampie, ovvero di secoli. Ma se le temperature crescono più rapidamente, come sta avvenendo da alcune decine di anni a questa parte, anche la velocità di fusione del ghiaccio aumenta, ed è questo il problema attuale. Il limite delle nevi perenni, che rappresenta l’altitudine alla quale l’accumulo e lo scioglimento di neve sono in equilibrio tra loro (il volume di ghiacciaio è stabile, né cresce né aumenta), è sensibile alle variazioni di temperatura. È da ricercare su questa linea il collegamento fra il distacco sul ghiacciaio della Marmolada e i cambiamenti climatici in corso. Ne parliamo con il professore Antonello Pasini, fisico del clima del Cnr.

Professore ci spiega più nel dettaglio cosa vuol dire che i ghiacciai non sono più in equilibrio con l’ambiente?

L’ambiente in cui si trovano non li sostiene più. I ghiacciai stanno ancora rispondendo al riscaldamento degli ultimi decenni; quindi, non sono in equilibrio con la temperatura media attuale, che se anche rimanesse questa sino alla fine del secolo, porterebbe comunque a una perdita del 30% della loro superficie. Questo facendo un ragionamento medio, ma sappiamo anche che non esiste una temperatura media, bensì quella che si ha di giorno in giorno e di stagione in stagione, con i suoi estremi, ed è con quelli che dobbiamo fare i conti. Se ad esempio ci ritroviamo non tanto con 3-4 giorni di temperature attorno ai 10 gradi tra i 3mila e i 4mila metri come è avvenuto in questi giorni, ma con mesi e mesi di questo tipo, sorgono i problemi gravi. In questo momento stiamo scontando l’inverno appena passato, dove ha nevicato poco: i ghiacciai, meno protetti dall’alto da questa neve fresca, sono stati maggiormente esposti alle temperature che oltretutto sono state molto al di sopra della media, il che fa sì che determinate strutture glaciali come i seracchi ne risentano. I ghiacciai non si sciolgono solo in superficie: la neve diventata acqua si infiltra in profondità, tra la roccia, la ghiaia e la base del ghiaccio, creando un fluido che lubrifica questa parte: al di sopra di una certa soglia il ghiaccio precipita. Quindi i ghiacciai da una parte rispondo lentamente, ma dall’altra possono reagire bruscamente.

Al di là degli eventi estremi come quello appena avvenuto, quali sono i segnali che i ghiacciai stanno fornendo di questo disequilibrio?

Oltre alla diminuzione esponenziale di spessore e superficie si osserva la formazione di crepacci sempre più ampi; un altro problema è il ghiacciaio che ingrigisce: le polveri sottili da inquinamento atmosferico viaggiano e si depositano sulla neve fresca, rendendola più scura e meno riflettente e quindi aumentando la quantità di calore assorbito, è un fenomeno che si osserva anche al Polo Nord. Inoltre bisogna tenere conto del fatto che i ghiacciai, ritirandosi, espongono il fondo della montagna: quindi dove prima c’era una superficie riflettente ora c’è un suolo che assorbe il calore che poi riscalda l’atmosfera sovrastante: si instaura quindi quello che chiamiamo meccanismo di feedback positivo, un circolo vizioso in cui la conseguenza di un fenomeno non fa che intensificare il fenomeno stesso.

Come per le ondate di calore, anche questa è una situazione a cui dobbiamo adattarci?

Probabilmente non si può più fruire della montagna come un tempo: bisogna ripensare il turismo, creare degli strumenti che rendano più sicuro interagire con essa. Per eventi tutto sommato nella norma come le valanghe esiste un sistema di monitoraggio, ora si rende necessario farlo anche per queste situazioni: creare dei sistemi d’allerta, monitorare l’acqua che si forma sotto il ghiacciaio. Ovviamente non possiamo prevedere quando cade un seracco, ma siamo in grado di stabilire quali sono le zone a rischio. Fondamentale diventa anche il collegamento fra scienziati ed esperti del luogo: i posti che erano sicuri 20 anni fa ora non lo sono più. Ovviamente all’aumentare dell’altitudine aumenta la stabilità, ma non è l’unico fattore, eventuali rischi si valutano integrando la conoscenza locale.