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Parole nella storia, ma con i copyrights. Il racconto del cinema è senza sonoro

Parole nella storia, ma con i copyrights. Il racconto del cinema è senza sonoro"Selma" del 2014

60 anni di «I have a dream» Due documentari e un film, "Selma", che si avvicina al biopic. I diritti in mano alla famiglia tengono lontana Hollywood. C’è un progetto di Steven Spielberg

Pubblicato circa un anno faEdizione del 27 agosto 2023

Il film «ufficiale» sulla March on Washington for Jobs and Freedom, The March (1964), diretto da James Blue, è stato prodotto dalla United States Information Agency, una sorta di ufficio propaganda del governo americano, fondato da Eisenhower per promuovere un’ immagine positiva degli Stati Uniti attraverso le sedi diplomatiche all’estero.

All’inizio degli anni Sessanta il direttore del dipartimento cinema dell’USIA era George Stevens Jr., figlio del regista di Giant e A Place in the Sun, e il fondatore dell’American Film Institute. Girato in 35mm bianco e nero, e realizzato con l’apporto di sette troupe diverse (composte in gran parte di operatori dei cinegiornali della Hearst), che seguirono i preparativi della Marcia in città, tra cui New York, Atlanta, Huston, Seattle, Los Angeles e Chicago, e il suo confluire a Washington, il documentario aveva un budget di cinquantamila dollari. Blue condensò le undici ore di girato in un montaggio di trentatré minuti che, ironicamente, non si è potuto proiettare negli Stati Uniti fino al 1990, per via di una legge che vietava ai materiali USIA di essere diffusi in patria. Nella sua semplicità, il documentario di Blue, oggi restaurato e annesso al National Registry, rimane una testimonianza formidabile della Marcia, nella sua fluviale, pacifica, epocalità (ancor più quando «il film» del 6 gennaio 2021 è fresco nella memoria). The March include performance di Joan Baez, Odetta, uno scorcio del giovanissimo Ossie Davis e culmina nel grande discorso di Martin Luther King all’ombra del mausoleo di Lincoln.

Nell’anomala storia dell’(in)accessibilità di questo oggetto, la versione restaurata disponibile sul sito della Library of Congress è integrale, ad eccezione del sonoro del discorso di King, perché -dice una scritta che appare sullo schermo ogni volta che lui parla- i copyrights appartengono alla famiglia. Il sonoro torna solo nello scroscio degli applausi della folla.

In occasione del cinquantesimo anniversario, la PBS ha prodotto un documentario di taglio commemorativo diretto dal regista inglese John Akomfrah e narrato da Denzel Washington – anche questo intitolato The March. Adottando un formato più tradizionale rispetto a quello di altri suoi lavori, Akomfrah unisce interviste a partecipanti (Harry Belafonte, Andrew Young, il deputato John Lewis…) e storici come Tylor Branch per ricostruire i retroscena della marcia dal momento della sua prima concezione, durante la presidenza Roosevelt. Ed è intervistato nel film anche Clarence Jones, l’avvocato che, nel 1963, registrò i diritti d’autore di quello che rimane il discorso più famoso di Martin Luther King. I diritti d’autore di quel discorso, e di altri discorsi e scritti del leader dei diritti civili sono in effetti una delle ragioni per cui Hollywood ha frequentato relativamente poco la storia di King in modo diretto – anche se su di lui, e sull’omicidio, ci sono parecchi documentari. Nel 2009, secondo un’interessante inchiesta apparsa su Vice, Steven Spielberg avrebbe comprato i diritti dei testi di King e di quelli della sua vita.

Quel film non si è ancora fatto, ma la sua presenza virtuale avrebbe sabotato un progetto dedicato al King su cui Paul Greengrass stava lavorando per la Universal. E un progetto analogo in cantiere alla Warner Brothers.
Per Selma (2014) – il film che più si avvicina a un tradizionale biopic di King – ambientato nel contesto non della marcia di Washington ma di quella del 1965 per il diritto al voto, da Selma e Montgomery in Alabama, la regista Ava DuVernay e lo sceneggiatore inglese Paul Webb hanno dovuto riscrivere ex novo tutte le parole di King (interpretato da David Oyelowo), per aggirare il copyright. Anche Forrest Gump avrebbe dovuto incontrare Martin Luther King Jr. in Alabama, nel film di Robert Zemeckis (che dedica invece una lunga sequenza alla marcia di Washington contro la guerra in Vietnam, del 1965) – ma la scena (molto divertente e disponibile su YouTube) è rimasta sul pavimento della sala di montaggio.

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