Il cibo per la popolazione di Gaza marcisce sotto il sole e i feriti gravi, che necessitano cure immediate negli ospedali egiziani, sono bloccati e non possono lasciare la Striscia. Si aggrava di ora in ora la situazione nell’estremo sud del piccolo territorio palestinese, teatro dell’avanzata israeliana su Rafah. «I generi deperibili, come cibo, frutta e verdura stanno marcendo, a causa della loro esposizione a temperature elevate e alla polvere, anche il materiale medico è a rischio. Occorre far entrare subito gli aiuti a Gaza, 500 camion sono pronti a farlo immediatamente». Khaled Zayed ieri ripeteva questo appello ai giornalisti sperando che una maggiore attenzione dei media e le pressioni internazionali su Israele riescano a far riaprire i valichi di Rafah e Kerem Shalom dove i camion umanitari sono entrati l’ultima volta il 5 maggio. Difficile che accada, non nei prossimi giorni, con i reparti corazzati israeliani lanciati all’attacco e il gabinetto di guerra di Benyamin Netanyahu che giovedì sera ha approvato un ulteriore allargamento dell’offensiva su Rafah. Le agenzie dell’Onu avvertono che il pericolo della fame cresce di pari passo alla diminuzione delle scorte di cibo, medicine e carburante che presto costringerà alla chiusura i tre ospedali di Rafah. «Ma l’intero settore medico è crollato ovunque, non solo nel sud», rivela Ali Abu Khurma, un chirurgo giordano volontario all’ospedale Al Aqsa di Deir al Balah. Il capo degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite, Martin Griffiths, ha avvertito che «niente e nessuno è stato autorizzato a entrare o uscire da Gaza…Significa nessun aiuto. I nostri rifornimenti sono bloccati. Le nostre squadre sono bloccate. I civili a Gaza vengono fatti morire di fame e uccisi, e ci viene impedito di aiutarli. Questa è Gaza oggi, anche dopo sette mesi di orrori», ha scritto su X.

Scappano gli abitanti di Rafah e gli sfollati giunti dal nord nei mesi scorsi – l’hanno già fatto in oltre 100mila – e si dirigono verso l’area agricola dei Mawasi sulla costa e il centro di Gaza dove però non ci sono lo spazio, il cibo e le risorse per accoglierli. Lo sfollamento, l’ennesimo, crescerà nei prossimi giorni. Centinaia di migliaia di civili che da mesi si spostano da un punto all’altro della Striscia nel tentativo di sfuggire alle forze armate israeliane. All’orizzonte è svanita la possibilità della tregua. I colloqui per il cessate il fuoco al Cairo si sono interrotti giovedì senza alcun accordo. Una catastrofe che non scuote Stati uniti, Italia, Germania, Gran Bretagna e altri 30 paesi che ieri all’Assemblea generale delle Nazioni unite si sono astenuti o hanno votato contro la piena adesione dello Stato di Palestina all’Onu. Altri 143 Stati invece l’hanno approvata senza esitazioni, in accoglimento del pieno diritto dei palestinesi alla libertà e all’indipendenza. Washington qualche giorno fa aveva già bloccato con il veto il riconoscimento della Palestina al Consiglio di Sicurezza.

Rafah rischia la distruzione, come Khan Yunis, Gaza city e altre città investite dall’offensiva israeliana «per distruggere Hamas». Gli abitanti ieri riferivano di forti esplosioni e raffiche di mitragliatrice a est e nord-est della città. Hamas, Jihad, Fronte popolare e altre organizzazioni hanno sparato razzi anticarro e colpi di mortaio contro gli occupanti. I carri armati sono penetrati più in profondità dopo aver preso il controllo della strada principale della città. Una cannonata ha ucciso tre persone e ne ha ferite altre nel quartiere Brasil. Un attacco aereo su due case di Sabra ha ucciso almeno 12 persone, tra cui donne e bambini. Tra le vittime c’erano anche un comandante delle Brigate Al-Mujahedeen e la sua famiglia. Intanto l’unico centro di dialisi nella zona di Rafah ha smesso di funzionare a causa dei bombardamenti. «A Rafah le bombe cadono ovunque. In tutta la città e non solo nella parte orientale», ha detto Abu Hassan, 50 anni, che vive nel quartiere di Tel a-Sultan. «Sto cercando di lasciare quest’area, ma non posso permettermi 2.000 shekel (500 euro) per comprare una tenda per la mia famiglia», ha spiegato.

Israele non attacca solo a sud. Le sue truppe entrano ed escono dal nord e dal centro di Gaza, dove Hamas cerca di riprendere le posizioni perdute. I carri armati sono avanzati inoltre nel quartiere Zeitun di Gaza City, costringendo centinaia di famiglie a fuggire. Quattro soldati della Brigata Nahal sono stati uccisi da un’esplosione di un ordigno durante duri scontri a fuoco con combattenti palestinesi. Deir Al Balah, nel centro di Gaza, è ora gremita di persone fuggite da Rafah negli ultimi giorni. Due civili, tra cui una donna, sono stati uccisi da un drone. Hamas ha sparato razzi verso le forze israeliane ammassate nei pressi di Kerem Shalom e a Est di Rafah. Il ministero della Sanità ha annunciato un nuovo bilancio di 34.943 morti a Gaza dall’inizio dell’offensiva israeliana. Nel giro di 24 ore, sono stati uccisi 39 palestinesi. I soldati israeliani uccisi dall’inizio della operazione di terra sono 271.

Non si manifesta solo in Occidente a sostegno di Gaza e dei palestinesi. Migliaia di egiziani sono scesi in piazza nel venerdì di preghiera. L’emittente televisiva Extra News ha trasmesso le immagini delle proteste nella città 6 Ottobre, nel governatorato di Giza, un quartiere satellite del Cairo vicino alle piramidi, dove i manifestanti hanno sventolato bandiere egiziane e palestinesi. A Sohag, nell’Egitto centrale, migliaia di giovani hanno scandito lo slogan «Con la nostra anima e il nostro sangue, difendiamo la Palestina». Il Sudafrica, che accusa Tel Aviv di genocidio a Gaza, ieri ha chiesto alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia di ordinare ulteriori misure di emergenza contro Israele per le sue operazioni militari a Rafah. A gennaio la Cig aveva ordinato a Israele di garantire che le sue truppe non commettano atti di genocidio contro i palestinesi.