Erano pronti a prendersi i voti della mafia per farla infiltrare nel Municipio di Palermo, Pietro Polizzi e Francesco Lombardo. Ma sono stati fermati dalla Procura di Palermo, che aveva piazzato virus spia negli smartphone dei due boss che controllano due quartieri chiave: la Noce e Brancaccio. Due indagini differenti ma con il medesimo esito: i due candidati, Pietro Polizzi di Forza Italia, e Francesco Lombardo di Fratelli d’Italia, sono stati arrestati con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso. Un terremoto per il centrodestra e il candidato sindaco Roberto Lagalla, già investito in pieno dalle polemiche per avere accettato il sostegno di due condannati in via definitiva per mafia: Marcello Dell’Utri e Totò Cuffaro. Ma non è tutto. Sulla coalizione piomba un’altra grana: quella degli impresentabili certificati dall’Antimafia di Nicola Morra. Sono quattro a Palermo. Ci sono tre nomi di peso, sempre nel centrodestra: Giuseppe Milazzo, eurodeputato di Fratelli d’Italia, e candidato alle comunali; Totò Lentini (capogruppo degli autonomisti in Assemblea siciliana e alla guida di una lista a sostegno di Lagalla) e Francesco La Mantia. Per il Pd c’è Giuseppe Lupo, capogruppo dem all’Ars e candidato al consiglio per tirare la volata a Teresa Piccione.

E ora i partiti dovranno tenere conto delle parole che Lagalla aveva pronunciato pochi minuti prima che i nomi degli impresentabili fossero resi noti: «Se dall’indagine dell’Antimafia emergeranno degli impresentabili i partiti dovranno farli dimettere, altrimenti mi dimetterò io».

A infiammare il giorno dei comizi finali, prima del silenzio elettorale di oggi, era stata la notizia, in mattinata, rilanciata dal coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani, sulla presenza «del figlio di un boss che sta in carcere nella lista del Pd». «Io sono un garantista. Naturalmente, non ha nessuna colpa, ma se si vuole parlare di relazioni, allora, parliamo anche di questo», aveva detto Tajani anche alla luce delle polemiche che hanno investito proprio il partito di Silvio Berlusconi per l’arresto di Pietro Polizzi. In realtà, la persona tirata in ballo non è del Pd: è inserito nella lista Progetto Palermo che fa riferimento a Franco Miceli, candidato sindaco per l’area progressista. Si tratta di Nicola Piraino, candidato alla VI circoscrizione: il padre Biagio è stato arrestato due anni fa in una operazione antimafia nel quartiere Noce; l’uomo, che faceva il meccanico, fu accusato di gestire gli affari per conto del boss Giovanni Nicoletti. Il figlio non vede il genitore da anni.

Immediata la reazione dal Pd. «È vergognoso il tentativo di Tajani di intorbidire le acque: invece di prendere le distanze da Dell’Utri e Cuffaro, come da tempo chiediamo al suo partito e al suo candidato Lagalla, si tenta di confondere l’opinione pubblica con vicende imparagonabili», replica il vicesegretario Pd, Peppe Provenzano. E Franco Miceli aggiunge: «Piraino è caporalmaggiore, militare dalla carriera limpida costellata da encomi, che ha rinnegato suo padre, scelta per la quale ci vuole anche un certo coraggio e che merita la stima di tutti noi». «Il nostro – replica Miceli – è un comportamento ben diverso da chi apre le porte ai condannati come Dell’Utri e Cuffaro, o da chi mercanteggia voti con i boss di Cosa Nostra: è indegno tentare di mettere le due cose sullo stesso piano». «Sono militare da 24 anni, ho giurato fedeltà alla Patria – si difende Piraino, 44 anni – Con la mafia e con mio padre non ho rapporti. Questo clamore mi ha sorpreso, ma sono assolutamente sereno e vado avanti con l’ambizione di cambiare il mio quartiere».