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Palazzotto: «Basta partitini. La sinistra oggi deve combattere dentro il Pd»

Palazzotto: «Basta partitini. La sinistra oggi deve combattere dentro il Pd»

Intervista al deputato di Leu Dopo il fallimento di Leu non ha più senso la presenza di un soggetto autonomo della sinistra. Rischia solo di essere una riserva indiana per pezzi di ceto politico

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 30 settembre 2021

«Credo sia arrivato il momento di dire che non ha più senso la presenza di un soggetto autonomo della sinistra. Il rischio è che restino solo piccoli contenitori che non hanno altra funzione se non la testimonianza. O la sopravvivenza di pezzi di ceto politico in riserve indiane». Erasmo Palazzotto, 38 anni, deputato eletto con Leu nel 2018, ha lasciato Sinistra italiana dopo la nascita del governo Draghi, contro la scelta del partito di non votare la fiducia. Ora è un indipendente nel gruppo di Leu alla Camera.

Perché mai è così tranchant?
Dobbiamo prendere atto del fallimento dell’esperienza di Leu, che esiste solo in Parlamento, ma non corrisponde ad uno spazio politico, di discussione. Si sono volute esasperare delle differenze tra Sinistra italiana e articolo 1, in modo eccessivo. Con quale risultato? Ora la sinistra è ai minimi termini, a percentuali telefoniche.

Art.1 parteciperà alle Agorà del Pd. Si invece si presenterà alle elezioni come partito. Questo è il quadro attuale.
Sono entrambe posizioni di subalternità al Pd: tra chi rientra a casa e chi è comunque destinato ad allearsi da una posizione ancillare, senza possibilità di incidere nell’agenda del centrosinistra.

Quale sarebbe l’alternativa?
Nel Pd si è aperta in questi mesi una sfida per l’egemonia, c’è una sinistra che lì dentro sta combattendo questa battaglia su idee e proposte.

Il Pd allo stato attuale è una macedonia. Ci sono i fans dell’agenda Draghi, i nostalgici di Renzi.
Dentro quel partito è in corso una discussione che condizionerà il futuro del centrosinistra. Io penso che non si possa restare a guardare. Condivido le posizioni di Goffredo Bettini e di Nicola Oddati sulla necessità di superare l’esperienza Draghi, di cui vedo i limiti. É una fase di emergenza cui deve seguire il ritorno della dialettica democratica.

Crede che nel Pd possa prevalere un’agenda di sinistra?
Credo che valga la pena di partecipare per incidere, da fuori possiamo fare al massimo i liberi pensatori. Fratoianni e Speranza, che stimo, non hanno saputo costruire una forza di sinistra capace di pesare.

Tutti dentro il Pd?
Penso a una fase costituente dello stesso Pd, la sua identità oggi non è scontata, così come la linea che prevarrà: se dovesse vincere l’idea dell’agenda Draghi, con un Pd destinato alle grandi coalizioni, non ci sarebbe più un campo progressista, è una ipotesi che dobbiamo scongiurare.

Come pensa di farlo?
Io ho aderito a Prossima (l’area di Oddati e Marco Furfaro, ndr), che è uno spazio ibrido per iscritti e non iscritti, ora ci sono le agorà. Sono spazi che vanno utilizzati, invasi da più persone possibili per fare pressione e cambiare il dna del Pd.

Eppure la futura coalizione terrà dentro anche piccole forze come i verdi, i socialisti. Perché non una di sinistra?
Se l’ambizione è fare il mini cespuglio magari per ottenere una poltrona da sottosegretario auguri. La mia proposta nasce proprio per evitare questa fine.

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