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Pagliarulo: «La nostra campagna per riconoscere lo Stato di Palestina»

Pagliarulo: «La nostra campagna per riconoscere lo Stato di Palestina»Gianfranco Pagliarulo – Ansa

Due nuove iniziative dell'Anpi Raccolti anche più di 25 mila euro in una settimana per le attività di Emergency a Gaza

Pubblicato 17 minuti faEdizione del 11 ottobre 2024

«Non possiamo restare indifferenti davanti a una tragedia immane» scrive Giacomo, che ha appena donato 60 euro. Lucio invece ne ha donati 40 ed è certo che «il soccorso medico umanitario è sempre la cosa più giusta da fare, il suo spirito è universale». Entrambi hanno aderito a una delle nuove campagne nazionali lanciate dall’Anpi: una raccolta fondi per sostenere le attività di Emergency a Gaza e il riconoscimento dello Stato di Palestina in tutta Italia. Anche il presidente Gianfranco Pagliarulo ha fatto la sua donazione; con noi ha parlato dei motivi che hanno spinto l’associazione a prendere queste due iniziative.

Come nasce l’idea di queste due nuove campagne?
Ci siamo interrogati su come reagire al senso di impotenza che sentiamo davanti alla catastrofe in corso a Gaza, in Cisgiordania e ora in Libano. Ci è sembrato che il modo migliore fosse quello di assumere delle iniziative concrete e rispondere su vari terreni. Questo denaro servirà per contribuire a curare i palestinesi feriti o ammalati a Gaza dopo un anno di bombardamenti.

Entrambe le iniziative sono partite il 4 ottobre, in così poco tempo la raccolta ha già superato i 25 mila euro, esiste un obbiettivo? Come mai così tanto successo secondo lei?
20 mila euro era una cifra simbolica per iniziare, ma non c’è un obbiettivo finale. In questi primi giorni c’è stata grande partecipazione, le persone hanno versato cifre piccole, cifre grandi, ma a prescindere dal versamento, c’è stato tanto interesse. Penso che la ragione sia che finalmente si ha l’impressione di riuscire a fare qualcosa di concreto rispetto al senso di impotenza di cui parlavamo.

Perché crede che il riconoscimento dello Stato di Palestina sia un atto doveroso e tanto urgente?
Questo fa parte della concretezza delle iniziative. Abbiamo deciso di rivolgerci ai sindaci chiedendo loro di sottoscrivere come ordine del giorno il riconoscimento dello Stato di Palestina, per fare pressione sul governo. Non partiamo da zero perché a Firenze e in altri 15 comuni, attraverso il lavoro di una serie di associazioni, i sindaci hanno già sottoscritto questo ordine del giorno. Quest’estate il Comune di Milano ne ha approvato uno analogo. La stragrande maggioranza dei paesi del mondo tra l’altro ha già riconosciuto la Palestina. Rimane un’enclave che non lo ha ancora fatto e corrisponde a gran parte dei paesi dell’Unione europea, e ad altri paesi come gli Stati uniti. Il paradosso è che parlano di due popoli in due stati molti di questi paesi, compresa l’Italia: ricordo a proposito varie dichiarazioni di Meloni e Tajani. Ma diventa un mantra completamente vuoto se non si riempie di contenuti, e il primo contenuto dal punto di vista politico è il riconoscimento dello Stato di Palestina. Sarebbe un segno concreto, un cortocircuito nell’ingranaggio di Netanyahu, che sta cercando di fatto di realizzare il progetto della grande Israele annettendo sia la Cisgiordania che Gaza.

Quali altre iniziative concrete si possono mettere in campo per contrastare quel senso di impotenza difronte a questioni così grandi e che sembrano così lontane?
Il 26 ottobre Europe for Peace, Rete Italiana Pace e Disarmo, Coalizione Assisi Pace Giusta, Fondazione Perugia Assisi e Sbilanciamoci hanno proclamato una mobilitazione nazionale con questa parola d’ordine: fermiamo le guerre. Dobbiamo dar vita a questa grande mobilitazione popolare perché siamo arrivati a un passaggio cruciale che riguarda persino la natura della guerra: oramai è guerra ai popoli. Hamas ha ucciso 1.200 persone in quanto israeliani, Netanyahu ha ucciso 42 mila persone in quanto palestinesi e ora sta bombardando il Libano, uccidendo centinaia di libanesi. Non c’è più alcuna distinzione fra il militare e civile. Ciò significa che alla morte della politica come forma di relazione fra i popoli, si sostituisce la guerra, che è la politica della morte. E questo mi fa pensare rispetto alla complicità, impunità e inazione dell’Occidente, perché rivela un fondo molto preoccupante di nichilismo. Dobbiamo capovolgere questo tavolo perverso che può portare alla guerra totale. La risposta giusta è mettere al centro il valore della persona, della sua dignità. Questo è lo sfondo valoriale su cui noi ci muoviamo e cerchiamo di incardinare delle azioni concrete come la sottoscrizione, la richiesta ai sindaci e la manifestazione del 26.

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